Akira Sakata / Johan Berthling / Paal Nilssen-Love
Arashi

in un altro dei tanti mondi possibili Akira Sakata spero sia considerato per la grandezza che merita, come musicista intendo. per ora, nell’eventualità di questo mondo, si accontenta di fare il biologo marino ed il sassofonista da almeno 40 anni, alternandosi in questi due ruoli dei quali, solo lui, conosce l’esatto punto di contiguità.
il mistero sotteso al Giappone è alle suoi spiriti autoctoni (nell’ambito musicale) resta per me una materia ostica sebbene il caro Federico Savini si spenda parecchio per illuminare la scena e renderci un poco più edotti: ma malgrado i miei claudicanti approcci cognitivi sopperisco infondendo grosse dosi di curiosità, di ascolti e di attenzione a tante musiche provenienti da laggiù, e le musica di Akira Sakata potrebbe essere il mio cavallo di Troia (a dondolo) per addentrarmi vieppiù nel mistero!

akira sakata

sassofonista contralto, clarinettista e cantante (forse meglio vocalista), innamorato dell’improvvisazione radicale e profondo conoscitore della materia. ligio, disciplinato ed eppure così irrazionalmente folle, sfuggente e materico, verrebbe da dire acquatico e misterioso come le sue amate profondità marine. una carriera (quella musicale) assai lunga, che meriterebbe un approfondito seminario di studi (non che non ne siano stati fatti, in effetti), che lo ha portato, alla tenera età dei 70 anni, a distillare grazia, follia, imprevedibilità e raziocinio in un suono unico e assai riconoscibile.

OLYMPUS DIGITAL CAMERAanche per tutto questo è un piacere ritrovarlo oggi in un terzetto equilatero in compagnia di Johan Berthling e Paal Nilssen-Love, un motore ritmico scandinavo a condensazione fredda capace di trainare alcune delle locomotive più entusiasmanti degli ultimi anni (The Thing, Fire! fino a giungere al capostazione Mats Gustafsson). un trio inesorabile finito a registrare a Vienna per l’etichetta Trost (dopo un tour perlopiù nipponico) uno dei dischi più scapigliati ascoltati quest’anno.

arashiArashi (Trost Records, 2014) inizia da una copertina splendida disegnata da Sagaki Keita, ma è solo l’inizio. Arashi è parola giapponese che sta per tempesta, e pure questo è un buon indizio: quattro composizioni ad inquadrare un possibile spettro di quale sia oggi l’arte matura di Akira Sakata. si parte con il brano omonimo che è una furente ed implacabile cavalcata imbizzarrita, un susseguirsi di onde di ritmo e di note accostate fra loro dalla logica aleatoria di una tempesta: il suono del contralto è lucido e dritto sul ponte maestro, come se il tumulto ritmico che infuria intorno non lo toccasse. Ondo No Huna-Uta (Rower´s Song of Ondo) vede Sakata alla voce intonare un (inverosimile) canto di vogatori frustati dalla furia di Berthling e Nilssen-Love; ferocia, canto di gola, delirio e sangue agli occhi, un canto inaudito ed inudibile dalla terraferma. Dora è spumeggiante come mosto che ribolle, con il sax di Sakata concentrato e visionario su solitarie linee melodiche, sospinto dalle sferzate ritmiche scandinave che spingono verso l’accanimento. il disco si chiude con Fukushima No Ima (Fukushima Now) per raccontare un’altra sfaccettatura dell’anima di Sakata: l’ancia del clarinetto fra le labbra per intonare una preghiera per l’ultima città (in ordine di tempo) devastata da un disastro nucleare. un canto mesto e cameristico, struggente e meraviglioso.
un disco ostico e difficile ma così vivo, vitale ed aggiungerei vero: siamo sui territori dell’avanguardia jazz più visionaria, dell’improvvisazione e del radicalismo, ma non c’è davvero nulla da temere e niente di cui spaventarsi: può davvero quel paio di baffetti appiccicato sul volto di Sakata nascondere altro se non una bonarietà imperscrutabile?
buon ascolto

Questa voce è stata pubblicata in 2014. Contrassegna il permalink.

6 risposte a Akira Sakata / Johan Berthling / Paal Nilssen-Love
Arashi

  1. bardamù scrive:

    …roba da palati fini carissimo borguez.

    …lo straconsiglio (l’ausculto) sui sanpietrini di Via della Lungara, con dei buoni auricolari, appena sortiti dal Coeli, a medio-alto volume (quel tanto che basta da non farti sentire i rumori metropolitani)…lascia in bocca uno stranissimo sapore agrodolce che ti fa venire la voglia di riascoltarlo e di bere del vino bianco freddo fermo. molto fermo. saluti dal termine della notte.

    Ferdinand

  2. Federico Savini scrive:

    Akira giganteggia nel paese del Sol Levante, vai tranquillo, l’altra sera mi son beccato uno speciale della tv commerciale su Yosuke Yamashita in cui suanava pure lui. Un mito, questo disco qui in realtà non l’ho ascoltato nonostante mi piaccia molto anche Nilseen-Love perchè sul jazz-impro nipponico sono praticamente un razzista, ammetto intromissioni di altra gente proprio col misurino.

  3. Federico Savini scrive:

    Lo descrivi molto bene, tecnicamente mostruoso eppure folle, furibondo ma anche acquatico. Ti dirò che le mie preferenze vanno al Sakata più quieto o comunque meno debordante. Tipo questa roba qui:

    https://www.youtube.com/watch?v=r_CRoOf4SHo

    • borguez scrive:

      mi sa che il personaggio vada preso nella sua totalità, del resto pensarlo biologo marino dietro al microscopio e jazzista indiavolato sul contralto mica è facilmente spiegabile.
      ma gli si vuole un gran bene, eccome!

  4. borguez scrive:

    per inciso: il brano da te linkato è sublime!

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