Bohumil Hrabal (prima parte)

ripenso spesso con approvazione ad un concetto ateo a proposito della memoria dei defunti e all’idea di esistenza. recita più o meno così: “esisteremo, oltre la morte, finchè non scomparirà l’ultima persona che ci ha conosciuti.” per questo, adesso che anche Egon Bondy è morto, le vicende narrate nel libro Un Tenero Barbaro smetteranno di essere ricordi e memorie per divenire definitivamente letteratura. Bondy aveva sempre smentito le affermazioni e le goffe figure che il suo amico Bohumil Hrabal aveva costruito attorno al suo personaggio, i capricci e le sfuriate, le inverosimili prese di posizioni e le litigate protratte fino all’alba. le aveva smentite tutte, tranne quella che recitava così… I vagabondi del Dharma sono a Praga! E io non ne so nulla… ma proprio ora tutto questo non ha più senso di essere, ora che quella sua boutade diventerà il prezioso incipit messo ad esergo ad uno dei libri che mi è più caro.

Bohumil Hrabal scrisse quel libro solamente nel 1973 (poi pubblicato come samizdat nel 1975), ma le vicende riguardano gli inizi degli anni ’50 in quella stagione mitica in cui l’inasprimento delle condizioni imposte dal regime imposero ai nostri “eroi” la ricerca disperata di un’alternativa nella vita e nell’arte. tutto ruota intorno ad una casa nella periferia di Praga, nel quartiere di Libeň. l’indirizzo, in qualche modo celebre, Na hràzi 24 portava ad una casa abbarbicata alla fine di una scalinata e stretta fra le altre case del quartiere. in quella casa sull’argine dell’eternità, Hrabal viveva insieme a Vladimir Boudnìk. si erano conosciuti qualche anno prima alle acciaierie Kladno dove entrambi erano operai specializzati. nacque una delle più esplosive ed intense amicizie che la letteratura ricordi.

“Dunque, a quel tempo io e Vladimir strillavamo l’uno contro l’altro, ognuno in piedi sulla soglia della propria stanza, ci versavamo addosso il secchio della risciacquatura, ci sbattevamo in faccia il fegato e gli intestini che l’un l’altro ci eravamo strappati, continuavamo a sbraitare non solo da dietro le porte sbattute, attraverso i muri, ma anche al di la’ di interi isolati, da Zickov a Liben e ritorno, senza sapere che stavamo andando l’uno a destra e l’altro a sinistra. A quel tempo era meglio che Vladimir nascondesse la mia accetta e che io mettessi sotto chiave il suo coltello da cucina. Ma sbaglierebbe chi pensasse che non ci volevamo bene! Ventiquattrore dopo un pogrom psichico ricominciavamo a riempirci di birra e Vladimirek affascinava i bevitori e, con le sue delizie fatte di gesti e di parole, avvinceva anche quelli che stavano davanti al banco in pantofole, quelli che erano venuti a portarsi una brocca da portar via. E poi camminavamo per la periferia serale e notturna, tornavamo lentamente ai problemi artistici che dentro di noi rimanevano sempre aperti, contemplavamo Praga da Prazacka o dallo Slosberk, nei nostri occhi brillava il riflesso della Praga notturna, affinche` dopo, nella stanza di Vladimir, potessimo saziare quegli sguardi giganteschi, inafferrabili, rivolti alla metropoli agghindata di luce elettrica… lo facevamo guardando nel microscopio di Vladimir, che ci entusiasmava con il movimento regolare della materia miliardoedrica. E la mia accetta si trovava di nuovo nell’ingresso e il coltello da cucina di Vladimir era posato amichevolmente sul suo tavolo. A quel tempo, quando Vladimir durante la notte scriveva il suo diario, che somigliava ad un registro operatorio, al libro in cui si prende nota della posizione degli intestini, cosi’ come viveva con me Sull’argine dell’Eternita’, al numero 24, proprio cosi’, allo stesso modo, spingeva il suo ritmo d’amore e di rabbia non solo contro i suoi colleghi della scuola d’arte, ma anche contro sua madre e contro gli operai con cui si lavorava e contro i suoi superiori. Il movimento dei suoi rapporti con la gente si poteva rappresentare come una sinusoide, alta marea e bassa marea, nero e bianco. Pazzamente amava e terrorizzava chiunque incontrasse, perche’ preferiva apparire un po’ matto piuttosto che piccoloborghese. Il poeta Egon Bondy, che veniva spesso a trovarci, ogni volta che Vladimir gli leggeva qualcosa dal suo diario, pestava il pavimento con le suole delle sue piccole scarpe e gridava: Porca puttana! Prima di trovare un’immagine cosi’, io mi devo scavare tutta la piazza con le unghie! E questo qui ne tira fuori a centinaia dal cappello! Vladimir, per la miseria! Scriva poesie, porca puttana! E Vladimir rideva candidamente, i boccoli gli cadevano sulla fronte, rideva ed era raggiante di felicita’, perche’ c’erano momenti in cui Vladimir era accessibile alla commozione e alla lode, sembrava un bambino che abbia appena visto l’albero di Natale illuminato. E dato che Bondy aveva sempre paura che la sera chiudessero tutte le birrerie, per cautelarci cominciavamo ad andare a prendere secchi e catinelle di birra fin dal pomeriggio.”

negli stessi anni in cui si svolgeva questa vicenda, sull’altra sponda dell’atlantico, esplodeva un fenomeno che avrebbe cambiato la letteratuta del ‘900, ma altro non era che una generazione di poeti e bevitori, viaggiatori e sognatori folgorati dall’ansia della vita e insaziabili nell’aggredire l’esistenza alla stessa maniera dei loro coetanei praghesi. Jack Kerouac, certo, ma io preferisco Hrabal! e se la meravigliosa follia di Neal Cassady lascia ancora stupiti e giusto sapere che qualcun altro non era da meno…

“Quando creava, di regola Vladimir lavorava nudo. Da un lato amava la nudità, ma soprattutto si accostava alla satinatrice o alla lastra di rame proprio come all’atto dell’amore. Gradualmente, mentre passava all’eccitazione erotica, e dunque anche creativa, Vladimir distribuiva sempre il tempo in modo che tra l’incisione e il ferimento della lastra matrice passasse quel bellissimo arco teso tra l’erezione e l’eiaculazione, Quando lavorava con la satinatrice, cospargeva le grafiche del suo seme. La viscosità di un tenero tegumento sessuale lubrifica tutte le sue opere grafiche…”

foto: Egon Bondy, Bohumil Hrabal, Vladimir Boudnìk e una sua opera.

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0 risposte a Bohumil Hrabal (prima parte)

  1. chris scrive:

    borguez hai rotto le palle con sti post fiume!

  2. borguez scrive:

    secondo me in tre minuti lo leggi… scommetti?

  3. Maud scrive:

    Però Kerouac e Cassidy avevano dalla loro parte il fatto di essere dei bei ragazzi… a giudicare dalle foto da te pubblicate non mi sento di poter dire lo stesso dei nostri amici praghesi… vuoi mettere??!!!

  4. punck scrive:

    “Quando creava, di regola Vladimir lavorava nudo”.

    verrebbe quasi voglia di fare un tentativo!!!
    🙂

    forse un po’ piu’ di 3 minuti, ma interessante da leggere.

  5. borguez scrive:

    In effetti Maud dall’altra sponda erano decisamente più attraenti, ma se avessimo dovuto leggere solo i “belli”, c’è ne saremmo persi un bel po’… da Leopardi fino a giungere a Houellebecq

  6. borguez scrive:

    Punck, visto che ti diletti meravigliosamente anche con la fotografia, e considerando i luoghi che spesso ritrai, non oserei consigliarti di intraprendere il gesto creativo in costume adamitico…

    ps: sto ascoltando i tuoi dischi, presto conferirò con te… dammi il tempo di addentrarmi ulteriormente!

  7. punck scrive:

    cavolo, in effetti io pensavo di mettermi nudo nella privacy del mio studio.
    Effettivamente andarmene in giro come mamma mi ha fatto e con la macchina fotografica in mano non e’ mica un’idea da scartare, anzi SI….e’ da scartare.

  8. anselm eibenschutz scrive:

    di hrabal ricordo “una solitudine troppo rumorora”.
    prendo il post come consiglio per la lettura di “un tenero barbaro”

  9. Maud scrive:

    vogliamo parlare di Proust?! 🙂

  10. borguez scrive:

    cara Maud, ti ripeto, i “brutti” affollano il mondo… (e per fortuna, aggiungo io pensando al babbo di Gregor Samsa)

    caro anselm, la solitudine era troppo “rumorosa”, e in ogni caso quel libro resta il suo capolavoro, ma ti garantisco che vi è molto alto… ci tornerò su, è una promessa!

  11. borguez scrive:

    …vi è molto altro intendo!

  12. anselm eibenschutz scrive:

    sicuramente! la mia conoscenza purtroppo si limita a tale titolo!
    …Proust? incommensurabile ignoranza……vedetevela tra di voi!

  13. borguez scrive:

    di certo anche Proust non è passato alla storia per i finissimi lineamenti e l’innata avvenenza!

  14. elena scrive:

    Carissimo Borguez, puoi aggiungermi dove vuoi. Son contenta se ti faccio ridere, è in effetti l’effetto che faccio, anche quando non voglio 🙂
    A sto punto io ti metto nei feed, e ti lascio li a pensare di che straminchiola sto parlando. (o forse lo sai.. chissà).

  15. borguez scrive:

    Don’t feed the pigeons!

    …e di questo che stai parlando?
    in realtà il nostro Hikari mi ha parlato di codesto “feed” e credo di aver pure appreso qualcosa… ed è proprio questo il punto: sto imparando cose da Hikari, è il caso di preoccuparsi?

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