Congotronics Night

avevo cerchiato la data odierna sul calendario. e a fianco avevo scritto Congotronics.
perché oggi sarebbe dovuto essere il giorno in cui il Ravenna Festival ospitava nella stessa serata Konono N°1 e Kasai All Stars, splendore e meraviglioso “disordine” della musica congolese e africana tutta. l’avevo segnalato tempo addietro fra le date che avrebbero impreziosito questo luglio di cui da un po’ di tempo vado parlando.
ma il concerto non ci sarà!
un amico mi aveva accennato del probabile annullamento senza saperne spiegare il perché. successivamente un laconico comunicato stampa del festival confermava la notizia accennando a motivi relativi alla mancata concessione dei visti. punto!
ma poi ieri aprendo il manifesto scopro qualcosa di più. Marco Boccitto (caporedattore del giornale e soprattutto grande conoscitore della musica africana) pubblica il suo articolo Buonanotte ai suonatori relativo alla vicenda.
in questo clima di crescente xenofobia, di paure illogiche e terrore diffuso, fra la follia di provvedimenti di schedatura di triste memoria e l’introduzione del reato di clandestinità a fronte di assai peggiori provvedimenti d’impunità, mancava solo questa notizia a confermare inesorabilmente che al peggio pare non esserci davvero fine.
amaramente non mi resta che copiare ed incollare…
A dispetto della loro anzianità di servizio e delle risonanze ancestrali che la loro musica emana, i due gruppi congolesi Konono N°1 e Kasai All Stars – associati nel cosiddetto movimento Congotronics – sono considerati nel mondo l’ultimo grido in tema di scoperte inerenti alla musica africana. Il motivo è insito nelle sonorità che li rendono affini a certe sperimentazioni elettroniche occidentali – e dunque palatabili anche per un pubblico «straniero» – ma non certo riducibili a queste. Protagonista assoluto nel loro impianto sonico è il likembe, un lamellofono tradizionale che qui viene amplificato mediante magneti prelevati da motori di auto rottamate e risputato fuori da vecchi speaker a forma di cono, genere comizio anni ’60. Non sono maghi dell’elettronica ma tutt’al più geni della trance con la manualità di un elettrauto. L’effetto è dirompente, con armonici in tempesta, glitch naturali e un gusto per la distorsione che ridicolizza la seriosità teorica e la freddezza formale di un Glenn Branca qualsiasi.
Per il seguito che hanno, l’aura di rispetto e curiosità che li avvolge, per la quantità di festival che si disputano i loro spettacoli e la fama delle star internazionali che li vorrebbero come complici, da Björk ai Tortoise, dovrebbero in teoria godere di qualche privilegio in più rispetto ai normali migranti, se non altro nella trafila per ottenere i visti. Ma le misure che in modo vieppiù rovinoso vorrebbero arginare i flussi provenienti dal sud del mondo e le complicanze burocratiche che ne derivano presso le varie rappresentanze diplomatiche in Africa, oltre ad alimentare il dramma della tratta tra le due sponde e la clandestinità possono fare vittime eccellenti. Se persino Liza Minnelli ha avuto recentemente qualche problemino con l’ufficio immigrazione dell’aeroporto londinese di Heathrow, possiamo immaginare quali difficoltà incontrano i suoi colleghi africani. La musica circola già in maniera tribolata, se non in termini di merce. Ma è niente rispetto agli ostacoli che deve superare chi la suona. Nei fatti viene qui smentita anche la storia dell’«entra solo chi ha un lavoro». Soprattutto se il «lavoratore» in questione arriva dall’Africa.
Il fenomeno è tutt’altro che nuovo. In questo caso specifico all’ottusità consolare delle potenze europee va aggiunto lo sconquasso amministrativo in cui versa un paese come la repubblica democratica del Congo, eternamente sull’orlo della guerra civile. Risultato, un disastro. I 24 concerti previsti quest’anno in alcune delle rassegne più prestigiose d’Europa, dal celebre Sonar di Barcellona al Ravenna Festival, dal Womad al Coleur Cafè, sono stati spazzati via senza pietà. Con ripercussioni non tanto sul pubblico, privato dell’opportunità di ascoltarli dal vivo, quanto sulle decine di famiglie di Kinshasa (i due gruppi vantano organici numerosi) che per vivere contano sul lavoro di questi musicisti.
La storia comincia a gennaio. I passaporti vanno rinnovati perché sono infestati di visti, a riprova del fatto che negli ultimi anni le tournée internazionali non sono mancate. Gli stock di documenti vergini però tardano ad arrivare e quando arrivano vengono rispediti indietro perché contengono degli errori. Dopo innumerevoli pressioni, il ministero degli affari esteri congolese elargisce dei passaporti diplomatici. Ma il beau geste non basta per intenerire le autorità consolari di Francia e Svezia – i primi due paesi dell’area Schengen interessati dal tour – che non concedono il visto nei tempi previsti. Stessa storia per il Regno unito, che non avendo un’ambasciata in Congo rende obbligatoria una gita a Nairobi, in Kenya. Prima almeno bastava mandare una persona con i documenti di tutti, ma ora la necessità di acquisire i dati biometrici costringe ogni richiedente a recarsi di persona sul posto. E i costi lievitano già così. Nel frattempo le prenotazioni aeree scadono e le spese di viaggio raddoppiano. Inoltre saltano gli incastri e le coincidenze, quindi si moltiplicano anche i days off, i giorni forzosamente liberi nei quali è il promoter a dover sostenere i costi. Divano Productions, l’organizzazione belga a cui fanno capo le tournée congotroniche, a forza di incappare in infortuni come questo è praticamente finita sul lastrico. La passione per la musica africana può avere effetti devastanti, per chi cerca di tradurla in impegno professionale.
«Dopo mesi di lotta siamo costretti a cancellare il tour», comunica un desolato Michel Winter. «E a questo punto dubitiamo fortemente di poter andare avanti», aggiunge. Winter è un veterano della world music e conosce bene gli intralci del settore, ma stavolta non si capacita: «Le ambasciate europee in Africa si rimandano continuamente la palla e ognuno chiede documenti diversi. Figurarsi che i belgi pretendono un certificato di esistenza in vita dal comune di nascita, ma questo in un paese grande e disastrato come il Congo è praticamente impossibile. A nulla sono serviti l’interesse dei media e le pressioni politiche sulle varie sedi diplomatiche. La cosa paradossale – dice ancora Winter – è che i musicisti di Congotronics al termine delle precedenti tournée sono sempre tornati tutti alla base, senza approfittare del visto per restare in Europa, come vorrebbero insinuare i sospetti preventivi delle autorità. Non hanno nessuna intenzione di vivere in un posto che non sia il Congo».
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0 risposte a Congotronics Night

  1. hrudi v. bakshi scrive:

    maah!!!

  2. borguez scrive:

    …aggiungo uno scuotere del capo e uno sbuffare onomatopeico!

  3. kekko scrive:

    un peccato, sarebbe stata serata di reunion tra vecchi amanti di congotroniche punk e vini rossi. l’annullamento, già rimborsatomi, mi spingerà verso i vini. nella speranza di una reunion di qualsiasi tipo.

    🙂

  4. jazzfromitaly scrive:

    è quasi ovvio, purtroppo.

    questo mondo si spende parlando di globalizzazione,
    ed infatti è facile trovare del passion fruits a €16 al kg anche al supermercato sotto casa. Per la merce gli spostamenti, costosi e dannosissimi, sono fattibili anzi, sembrano necessari (come farei io senza gli asparagi a gennaio??)

    solo per gli esseri umani i confini diventano sempre più invalicabili, a meno che non vengano inseriti anch’essi nelle varie categorie merceologiche…

    società mostruosa quella che vende la libertà un tanto al kilo.

    p.s.
    caro borguez,
    quanto costano, li da te, i sogni??

  5. borguez scrive:

    il prezzo dei sogni continua a non essere quotato in borsa, a sfuggire a qualsivolgia logica di mercato!
    ma è il valore d’acquisto che precipita, che si svaluta e si avvilisce!
    continuare a produrne, sapendosi in perdita e in minoranza è lucida follia inevitabile. affannarsi nel continuare ad immaginare un meglio possibile è davvero la fatica di Sisifo del nostro tempo, la nostra fatica!

    contiamoci… (anche in senso numerico)

  6. Hank scrive:

    Tristezza…

  7. diego scrive:

    rifletto su passion fruit vs umani e, mamma mia, quanto è vero.

  8. alice scrive:

    mi piace pensare
    e sapere
    che c’è anche chi smuove le acque ormai paludose
    nel piccolo.

  9. Hank scrive:

    Proprio bello “College Tour”, per inciso. Thanks!

  10. borguez scrive:

    Onorato del suo gradimento!

  11. Hello borgy
    Avevo delle teorie sul contributo colossale che dal centro Africa sarebbe arrivato a noialtri derelitti dell’energia umana. Non mi ricordo mai di tenere in considerazione che molti desiderano che tale energia locale vada mantenuta integra, cioè bassissima. Via, diamo tempo al tempo, facciamo passare la voce e ci divertiremo lo stesso.

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