Denseland Chunk

su Denseland e sul loro lavoro Chunk (Mozs, 2010) giungo con innegabile ritardo; tutte le riviste edotte, le radio e la scintillante blogosfera non hanno potuto che inchinarsi ed accogliere prostrati la magnificenza di questo disco. l’unica giustificazione sensata che posso addurre per questa mia mancata ottemperanza è che non l’avevo ancora ascoltato nella sua interezza, non così a fondo e voluttuosamente appieno. in ogni caso, e pure malgrado me, sono certo che se ne riparlerà (eccome) nelle consuete classifiche di fine anno.

la copertina (farmaceutica) riporta la posologia dei principi attivi principali: tre parti uguali e equipollenti dal nome David Moss, Hannes Strobl e Hanno Leichtmann. quasi un power trio a base di enzimi, fermenti ed eccipienti.
ricomincia l’ennesimo ascolto (mentre scrivo) e non posso fare a meno di ragionare sull’imprendibilità di questa musica. caratteristica necessaria, condizione sine qua non di ogni musica che sia degna di tale nome. perché se è vero, come ama ripetere il mio amico Hank, che è la catarsi che andiamo cercando al cospetto dei suoni è anche vero che, pochi istanti prima dell’estasi, è la sensazione sfuggente a lasciarci basiti.
la Grande Musica (maiuscolo) è imprendibile! sfugge, scivola e si divincola ai tentativi vani del nostro orecchio prensile: è la caratteristica segreta che le chiediamo, quella di destabilizzare i nostri presunti canoni, di renderli incerti e provvisori, di sfamarci ed affamarci e al contempo lasciarci il gusto ineffabile.

certe musiche scappano indietro nel tempo a sospendersi in epoche incerte e perdute, da laggiù le intendiamo e in quel luogo bramiamo giungere segretamente. altri suoni fuggono lo spazio e lo confondono, dilatano la percezione di una realtà che non è più univoca e frastornano la nostra anima deperibile.
ci sono canzoni che si sono insinuate fra il cuore e il diaframma, nel bel mezzo delle budella che singultano ogniqualvolta ci sorprendiamo a riascoltarle, commuovendoci. altre musiche schivano i confini terreni di questo piccolo globo e cantano altre terre, altri volti e altre lingue.

Chunk è uno di quei dischi che schiva la presa e sgattaiola nel futuro prossimo venturo ad allargare la percezione ed i confini di ciò che sarà. ipotesi ventura inaudita conficcata nel decennio a venire. musica coraggiosa, idealista ed onirica come chiunque abbia voluto vedere oltre quello che si considerava il confine ultimo invalicabile.
un suono siliceo e algebrico che essica le intenzioni, brandelli di ritmo, vagheggiamenti amniotici e memorie dell’epoca industrializzata. la lallazione di David Moss conduce la ferraglia sonora per fonemi e mugugni, il magma algido si conglomera per giungere in quella terra densa evocata. è calore notturno, odore di ghiaccio.
ci sono funky liofilizzati (Scrap It (Up)), meditazioni di un Sant’Agostino marziano (Monk), il suono che faranno le macchine quando il genere umano avrà (finalmente) lasciato la terra (Rev Elation), registrazioni ambientali di un disco club d’epoca luterana (Obsidian), il meteo olfattivo di Tokio del Gennaio 2073 (Alluvial News), una ninna nanna pastorale per transistors (Chant Bleu).
non sapendo che aspettò avrà la forma canzone nel tempo a venire accettiamo volentieri l’ipotesi Denseland: se si rivelerà caduca sarà valsa la pena di averci provato, se dovesse assomigliare al possibile potremo dire di aver annusato saggiamente il nostro tempo.
concepimenti musicali come questo sono rare epifanie, così come quei dischi che si attendono completamente ignari di farlo.

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6 risposte a Denseland Chunk

  1. birdantony scrive:

    davvero???????????? allora io sono colpevolmente ancor più in ritardo di te!!!!!!!!!!!! fammi recuperare subito…

  2. Lionel Essrog scrive:

    Ne parleremo eccome di questo disco, forse anche oltre le classifiche di fine anno. Come i grandi vini rossi strutturati anche i dischi di qualità vanno fatti “decantare” prima di essere apprezzati appieno.Vedremo ma per il momento balza ai primi posti delle mie preferenze dell’anno.
    Comunque hai ragione a definirlo stilisticamente inafferrabile…Ho letto di diversi paragoni( tra Pop Group, Radian, Golden Palominos..) o la defnizione di “cold wave” su BU ma nessuna mi convince. Cmq occhio alla Mosz e scambiamoci le “dritte” e i dischi(ti ho già segnalato Rdeča Raketa e ho in lista di attesa il tuo Kapital Band).
    A presto

    • borguez scrive:

      allora saltiamo a piedi pari le etichette e godiamocelo senza dover per forza definire di che uvaggio si tratta. la maturazione e il grado di complessità che raggiungerà nel futuro necessita del tempo per esplicitarsi.
      ma già oggi è un sottile piacere poterne godere.
      a presto

  3. Pingback: 2010 | borguez

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