DM Stith
Pigeonheart

non ci speravo quasi più! non pensavo che quell’incontro fascinoso e fulminante che fu Heavy Ghost potesse davvero avere un seguito! incontrare una seconda volta certi amori conosciuti in qualche notte lasciva non è affatto scontato; non lo è quando sono passati sei anni di questi tempi urgenti in cui il prossimo istante è già un poco in ritardo. ma di DM Stith mi innamorai per davvero, di quell’anima annuvolata ed oscura capace di abbozzare la propria inquietudine in forma di canzone. amore univoco il mio, che a distanza scrutava i passi sparsi a fianco di Sufjan Stevens, nel progetto The Revival Hour, ad aprire i concerti di Julia Holter e di Yann Tiersen o a prestare la propria voce a William Ryan Fritch, attendendo che la sua arte si manifestasse nuovamente nuda e sola, singolare e cruda.

dm-stith-header

racconta DM Stith di un blocco creativo seguito all’inattesa attenzione che ebbe il suo primo disco, un’impasse curata con collaborazioni, traslochi atlantici e con progetti grafici, ma soprattutto con disegni, fogli bianchi da scarabocchiare ed annotare per ripercorrere a ritroso la vena che dal segno portasse alla parola, alla voce e al suono.
la sua anima acustica si è invaghita di alcuni aggeggi elettronici, sintetizzatori con cui elaborare bozzetti sonori e costruire tappeti per la sua voce eterea sempre in bilico fra il falsetto ed il sussurro. una manciata abbondante di acquerelli elettrici portati al cospetto di Ben Hillier per realizzare il famigerato secondo disco.

00-dm_stith-pigeonheart-web-2016

Pigeonheart (Octaves/Outset, 2016) vede così la luce per l’etichetta personale di DM Stith sotto forma di dodici brani (dieci canzoni e due bozzetti) screziati di elettronica e da pulsioni elettriche che innervano l’anima acustica dell’autore americano. sei anni sono lunghi, in sei anni si cambia e si muta ma non fino a non riconoscere quella voce (pressoché costantemente) doppiata a creare un madrigale intimo per raccontare l’incertezza claudicante del vivere. ci sono tentazioni dance (Sawtooth), un sabba elettrico/tribali evocati da turbolenze private (Rooster), canzoni travestite con echi sintetici (Human Torch, My Impatience, War Machine) e ballate benedette da una bellezza attonita (Summer MadnessUp to the Letters, Cormorant): e poi quel rincorrersi inquieto di voci (delle stesse voci) in una tentazione contemporanea (Ligeti? Pärt?) che racconta assai delle anime molteplici racchiuse dietro lo sguardo sperso di David Michael Stith (PigeonheartAmylette).

e allora eccolo l’incontro inatteso a cui segretamente pensavo. rivedo DM Stith, lo ricordo malgrado la maschera elettronica ed il vestito cangiante, ne riconosco la voce che si rincorre inquieta a perdifiato e ritrovo quella cifra inconfondibile che è di pochi (cant)autori contemporanei. inconfondibile come il cuore di un piccione che gruga.
non ci speravo quasi più! buon ascolto

Questa voce è stata pubblicata in 2016. Contrassegna il permalink.

Una risposta a DM Stith
Pigeonheart

Rispondi a borguez Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.