Ekundayo
Ekundayo

due anni (equivalenti a 24 mesi o a 104 settimane), in quest’era precipitata a scapicollo verso l’imminenza del futuribile prossimo, possono sembrare un tempo esorbitante, ma tanto è trascorso dall’uscita di un disco passato perlopiù inosservato (parlo dal punto di vista della mia garitta) e che ritrova oggi un rilancio necessario dopo l’affinamento delle capacità d’ascolto della platea globale; perché le ipotesi di questa diacronia potrebbero essere varie e riguardare sia l’effettiva maturità del pubblico che segue queste musiche avanguardiste, oppure la lontananza spaziale di São Paulo (Brasile) dal resto del globo, o la limitata tiratura del vinile (1000 copie) o chissà quale altro inghippo produttivo/promozionale. resta il fatto che nomi come Naná Vasconcelos, Mike Ladd o Rob Mazurek non dovrebbero essere propriamente sconosciuti al di fuori del continente sudamericano: e ritrovarli assieme non dovrebbe che moltiplicare il grado di attenzione nei loro confronti. ma procediamo con ordine: è il 2002 quando Rodrigo Brandão, Maurício Takara e Guilherme Granado (quest’ultimi due fanno rima con São Paulo Underground) entrano in contatto per diverse traiettorie con il produttore americano Scotty Hardy. i tre brasiliani vengono sobillati dal produttore ad incrociare la carriera del vulcanico Mike Ladd che ne intuisce le contiguità delle rispettive parabole artistiche. ma è soltanto nel 2008 che questa empatia inizia a dare frutti: Rob Mazurek ha preso domicilio in città (São Paulo) e iniziato frequentazioni con i due di cui sopra, Lurdez da Luz rappava da tempo nel Mamelo Sound System di Brandão e il 2009 li vede iniziare a proiettarsi nella dimensione live. in alcune di queste esibizioni vengono raggiunti sul palco da sua santità percussiva Naná Vasconcelos. la frittata è fatta. (in piedi da sinistra) Mauricio Takara, Rob Mazurek, Lurdez da Luz, Scotty Hardy (foto). (seduti da sinistra) Rodrigo Brandão, Mike Ladd (foto), Guilherme Granado e Naná Vasconcelos (foto). eccoli in posa calcistica, in formazione completa, carne ossa e cartonati. sono loro che entrarono nello studio di registrazione di São Paulo ribattezzandosi Ekundayo: anche il nome avrebbe far dovuto drizzare le orecchie, sia che fosse preso a prestito dalla tradizione yoruba che dal personaggio del celebre romanzo New Thing di Wu Ming 1. fatto sta che Ekundayo diventa ragione sociale e titolo di una buona manciata di musiche che prendono la via statunitense per essere pettinate nel mixer di studio di Scotty Hardy.

Ekundayo vede la luce il 29 novembre 2011 per l’etichetta Ropeadope. 1000 vinili a riverberare l’incontro (scontro) fra le diverse realtà che compongono l’anima poliedrica del gruppo: detriti suburbani, anime rappanti, stiliti dell’avant-jazz, depositari della tradizione afrobrasilica e nipotini del tropicalismo. un incrocio affollato nel groviglio stradale metropolitano dove giungono contemporaneamente a collidere diverse vetture provenienti da varie direzioni: un crash notturno ed indolore, con luci che continuano a riflettersi intermittenti sull’asfalto bagnato. una scena di una qualsiasi metropoli globalizzata, non importa se sia New York o São Paulo o qualsivoglia agglomerato modernizzante. c’è certamente molto hip-hop (brasilico o afroamericano che sia) mescolato alle voci amazzoniche del retaggio nazionale, i sogni siderali di Mazurek (inconfondibili) ridestati dall’urgenza politica e sociale di qualsiasi protesta che si alza dalle periferie dell’urbe: e poi elettronica e funk a scuotere l’amalgama!

e dopo due anni da quel sinistro le parti coinvolte ritornano a constatare amichevolmente che la dinamica si potrebbe ripetere e reiterare, riproporla dal vivo (proprio in questi giorni a São Paulo) e ritoccare con il pennello il tono greve della prima copertina. ecco dunque una nuova edizione del disco (la medesima sostanza musicale del 2011) in uscita per la Selo SESC che ha evidentemente compreso il potenziale inespresso e incompreso di quell’incontro.

e chissà che non ci scappi un seguito, un tour oltre i confini paulisti o chissà quale conseguenza: Mike Ladd e Rob Mazurek non ci tengono certo a corto di sorprese, e dal Brasile giunge oramai gran parte dell’afrofuturismo che piace immaginare.
diciamo, scherzando con questo tempo sfuggente, che ha due anni e non li dimostra.
e che merita l’attenzione di chi vuol restare attento. buon ascolto.

Questa voce è stata pubblicata in 2011, 2013. Contrassegna il permalink.

6 risposte a Ekundayo
Ekundayo

  1. SigurRos82 scrive:

    Progetto e album a me ignoti. Sommo gradimento e….grazie assai 😉

  2. Lorenzo T scrive:

    …ammazza che bello,Borguez…ed ewwiwa Nana’!Saluti…sempre piu’ “bianchi”!

  3. Alessandro scrive:

    Grazie infinite, grande disco! Seguo Mazurek da anni e mi arrivano anche mail di alert su di lui da Google News, ma questo disco era sfuggito anche a me.

    • borguez scrive:

      grazie dell’attenzione. sono lieto di farti questa (mi auguro piacevole) sorpresa.
      intanto mi metto in ascolto della tua musica.
      a presto

Rispondi a borguez Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.