F.S.Blumm & Nils Frahm Music For Lovers, Music Versus Time

ragionavo di recente sulla definizione di home listening: etichetta che ho letto sovente per definire alcuni dischi dai confini poco chiari e di sfuggente categorizzazione. pensavo che la maggior parte degli ascolti sarebbe auspicabile avvenisse proprio in casa, o per lo meno in un ambiente protetto da disturbi esterni e indesiderati. ed è proprio per questo che mi sovveniva di rimando l’altra definizione che porta il nome di ambient. forse sono sinonimi? e nel bel mentre di questo dubbio mi torna alla mente una più vecchia etichetta che portava invece il nome di easy listening, oramai caduta in disuso fra il denigratorio e il disdicevole.
non utilizzerei propriamente nessuna di queste tre per cercare di raccontare questo disco che da quache giorno suona fra le mura domestiche, ma ciascuna di quelle definizioni ha con sé un poco di questo disco. lungi da me qualsiasi tentantivo di ridurre questa musica a capriccio d’arredamento, ma potrei azzardare a dire che assomiglia assai un oggetto semplice dentro l’ambiente di una casa.

F.S.Blumm e Nils Frahm l’hanno denominata Music For Lovers e/o Music Versus Time e consegnata all’etichetta Sonic Pieces. non mi permetto di contraddirli ma rivendico il diritto di attribuire a questa musica la funzionalità che più mi aggrada.
sarei tentato di dire musica da camera, e nel far questo allontanerei subito l’idea di corti settecentesche e clavicembali ben temperati e propenderei piuttosto per la cubatura volumetrica delle nostre stanze in piena luce, polverose e confuse quanto basta. una camera abitata e vissuta, l’ambiente quotidiano dove gli oggetti muovono passi indotti dai nostri gesti.
questa musica concreta da camera si appoggia su di uno scrittoio e fa bella mostra di sé come la copertina rugosa di un libro che attende di essere letto, un carillon a cui mancano due note, un cavatappi a cui siamo definitivamente affezionati.
9 composizioni sparse sul tavolo; acustiche e screziate di poca polvere ed elettronica. non abbastanza armoniche da obbedire a toniche o dominanti e non così inconsciamente azzardate da assomigliare a jazz, piuttosto canzoni disossate della verbosità e lasciate nell’impurezza di scricchiolìi, frusci e refoli.
un saggio geometra ligure asseriva con certezza di sapere ciò che non siamo e ciò che non vogliamo; mutuando le sue parole potrei dire altrettanto di questa musica, ma azzardo la definizione di domestica, buona per viaggiare immobili e restarsene nel guscio, uscendo di casa e fermandosi sull’uscio.

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