Gil Scott-Heron I’m New Here

debbo confessare che molte sorprese mi sarei aspettato da questo nuovo anno musicale, ma che per quanti nomi avessi divinato non mi sarebbe mai venuto in mente quello di Gil Scott-Heron; anzi, le ultime cronache a me giunte lo davano amaramente prossimo a tristi sponde, affondato per suo stesso pugno in vortici di vizio e sconfitta, definitivamente perduto. la rivoluzione non è giunta, la televisione infatti non ne ha dato notizia: The Bottle e la Angel Dust dalle quali Scott-Heron metteva in guardia le giovani generazioni afroamericane dei ghetti hanno finito per inghiottire lo stesso predicatore fino ad affondarlo nell’oblio del mondo e di se stesso. nascosto così a lungo dallo stesso immaginario che aveva contribuito a creare che persino le nuove generazioni di musicisti a lui debitrici ne avevano perso spirito e coordinate.
ma non si può mai dire che è finita finchè non è finita, e Gil Scott-Heron è tornato!

I’m New Here (XL, 2010) è l’atto di nudità e redenzione di chi ha conosciuto sconfitta e peccato, sin dalla foto copertina. annichilite le forze, tarpate le ali di una voce che ha fatto sognare una comunità, perduti denti e chilogrammi. disco duro, per un pubblico adulto: non nego che ho immediatamente pensato alle dolorose contorsioni di Billie Holiday in quel Lady in Satin il cui ascolto risulta quanto meno doloroso per chi la ha amata.
arrangiamenti scarni, beat dolenti e blandi a costruire un tappeto sul quale la voce di Heron può ancora splendere di dolore e umana bellezza. c’è spazio per confessioni in brandelli rubati in studio che danno l’incipit a digressioni ritmiche che si raccolgono a sostenere preghiere laiche.
contrizioni di chi ha camminato su piste di zolfo (Me And The Devil) diasattendendo promesse calde di mattino (I’ll Take Care Of You), incubi notturni ebbri e angoscianti (Where Did The Night Go) in una Grande Mela che diventa il pulpito da cui intonare un gospel mefistofelico e asfittico (New York Is Killing Me). scappare angosciati dai propri incubi (Running) a bordo di stampelle claudicanti (The Crunch) fino a raggiungere l’unico specchio che riflette il proprio volto sfatto e vinto. On Coming From A Broken Home (in due parti) apre e chiude il disco in un rituale salmodiante di ammissione di colpa.

ho fin qui taciuto del sussulto al cuore avuto all’ascolto della title track: I’m New Here è la cover che giunge dritta dritta dalla penna di Bill Callahan e da quel capolavoro affettivo che è A River Ain’t Too Much to Love che ho appena collocato fra i dischi del decennio scorso (e in realtà della mia vita tutta). interpretazione folkster, come il Cash degli American Recordings, chitarra e voce sbilenca a cucirsi addosso una canzone di contrizione e rinascita. credo di aver bisogno di qualche giorno per rendermi conto e realizzare quanto appena scritto, e magari proverò a esplicitare meglio e con la dovuta calma.

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=gbZVdj_d62M]

un suono ventrale, una voce immensa nella sua decadenza a ricordarci le origini dell’anima afroamericana. un disco crudo (credo di averlo già detto) e con le budella di fuori. credo se ne riparlerà qui e soprattutto altrove. l’anno (il decennio) non poteva sorprendermi oltremodo.

Presto, portate qui la veste più bella, e rivestitelo, mettetegli un anello al dito e dei calzari ai piedi; portate fuori il vitello ingrassato, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa,  perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita; era perduto, ed è stato ritrovato.
(Luca 15,31-32)

Gil Scott-Heron I’m New Here

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23 risposte a Gil Scott-Heron I’m New Here

  1. SigurRos82 scrive:

    Quando l’ho visto su bolachas mi è venuto un tuffo al cuore…O_O

    Ancora devo ascoltarlo. Comunque recensione bellissima 🙂

  2. diego scrive:

    tempestivo! bravo.
    anch’io debbo ancora iniziare la festa, cruda, dell’ascolto e già la curiosità mi divora!

  3. borguez scrive:

    tuffo al cuore per i più giovani ed extrasistole per i venrandi della mia età, davvero.
    quando poi è partito il terzo brano (I’m New Here) ho trasecolato: ci ho messo un poco a realizzare che stava succedendo davvero!
    l’impulsività di scrivere (tempestività) è stata più che altro terapeutica, necessaria.
    la realtà supera l’immaginazione una volta di più.

    mi farebbe piacere sapere le vostre opinioni dopo accurati ascolti (vostri e miei).
    a presto

  4. birdantony scrive:

    .. disco sorprendente, straordinario, meraviglioso !!! I’m new here non è il mio pezzo preferito di ‘a river..’ (che comiunque sta anche nei miei 10 Dischi con la ‘D’ degli anni zero) ma in questa versione mette i brividi davvero!!!

    • borguez scrive:

      I’m New Year, in quel disco degli Smog, era un dettaglio splendente sul fondale di un capolavoro; sinceramente il mio favore andava altrove (in quel disco c’è Say Valley Maker), ma se quella canzone ha aperto questa opportunità di resurrezione mi inchino e ringrazio.

  5. SigurRos82 scrive:

    Siamo telepatici a quanto vedo! Lo sto ascoltando anch’io in questo preciso istante, perchè non resistevo…che dire, come tradurre l’ineffabile in parole comprensibili? 🙂

    Ad ogni modo, un artista unico, la cui influenza è stata davvero pazzesca. Ovviamente ho dovuto seguire tutto in differita, ma piano piano sto recuperando tasselli della sua discografia. A cominciare da quel “Small Talk…” del ’70…che roba incredibile…

  6. SigurRos82 scrive:

    Anche I’ll Take Care Of You è una cover! L’originale è di Brook Benton, ma forse la versione più famosa è quella di Lanegan (tratta dall’omonimo disco di cover del ’99). Vocalmente l’intepretazione è sulla stessa lunghezza d’onda, wow.

  7. Giank scrive:

    stessa emozione e stesso sussulto quando ho visto il disco su bolachas…anch’io pensavo si fosse ormai perso…l’ho ascoltato ieri in ufficio, non riuscivo ad aspettare…semplicemente grandioso

    • borguez scrive:

      stavo immaginando la scena di entrare in un ufficio (pubblico? privato?) e sentir provenire dai bassifondi della scrivania la voce di Gil Scott-Heron: semplicemente grandioso lo dico io.
      la suggestione non è affatto male, grazie della visita, a presto

  8. Hank scrive:

    Dio, grazie.

  9. Lucien scrive:

    “New York Is Killing Me” la trovo geniale nella sua apparente semplicità: uno dei brani più intensi sentiti ultimamente!

    • borguez scrive:

      un gospel durissimo, apparentemente scuro e drammatico. sono d’accordo con te. e il brano continua ad ingigantire ad ogni ascolto. probabilmente la parte autobiografica prende il sopravvento sul resto.

  10. hrundi v. bakshi scrive:

    Investigate wich cults of radio age, mentre cerco di concentrarmi sul lavoro al pc è un po’ destabilizzante!
    …a parte il fatto che qualche collega di nascosto stà estraendo la saracca romagnola.

    • borguez scrive:

      1)spiegazione dettagliata del concetto di saracca romagnola;
      2)quel disco me ne ricorda assai bene uno di più vecchia data, o no?
      3)ci certo non aiuta nessun tipo di lavoro: a meno che tu non faccia il pusher!
      4)varie ed eventuali.

  11. Giank/Cherotto scrive:

    l’ufficio è privato e fortunatamente per me sto in un piccolo locale leggermente isolato dal resto dove posso ascoltare ciò che voglio…faccio un lavoro creativo e ti assicuro che la concentrazione viene aiutata dalla voce roca di Gil… in questi giorni ho rispolverato pure i lavori passati e a breve li metterò sul osirisicaosirosica per una celebrazione come si deve del suo ritorno

    • borguez scrive:

      fortunatamente per te allora. di certo agevola concentrazione e tenore di vita.
      ben venga la celebrazione allora, io l’attendo.

      p.s. ora ti riconosco, Giank da solo mi risultava ignoto.

  12. hrundi v. bakshi scrive:

    dicesi saracca romagnola, lungo coltello a serramanico con lama che arriva fino a 40cm. (quelli da duello)

    ….probabilmente Giank nel campo lavorativo è molto più fortunato di me.

  13. cannibal kid scrive:

    del tutto inaspettato
    io pensavo fosse già passato dall’altra parte..

  14. Pingback: 2010 | borguez

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