John Coltrane The Complete 1961 Village Vanguard Recordings

il tempo e gli ascolti hanno consolidatato in me un’idea che molti anni addietro si palesava tiepida e incerta ed eppur così vivida e tenace: la musica è un luogo! l’affermazione è imprecisa e credo debba esser presa col giusto beneficio, ma dietro di essa sussiste (in me) la percezione di una realtà. la musica è uno spazio, immaginato o reale, dentro al quale addensiamo passioni e ansie, ludibrio e sentimento: molto spesso si è materializzato in un luogo fisico, come una stanza, una città o un viaggio. tornarvi, ove possibile, rinvigorirà la memoria in un gioco reciproco di rimbalzi, il luogo suonerà quella musica e quel suono renderà vivifico quello spazio.
altre volte la musica è in grado di creare spazi indefiniti e privati, intangibili per lo stessa natura eppure riconoscibili e odorosi, amniotici. il diciannovesimo gradino della scala di Calle Garay, a Buenos Aires, era l’unico punto possibile per raggiungere quell’Aleph che Borges seppe immaginare: con alcune musiche succede lo stesso, ed in modo univoco. da quel suono a quel luogo, e non il contrario.
John Coltrane The Complete 1961 Village Vanguard Recordings rappresenta per me uno di quei luoghi.

mi fu donato da mio padre verso la fine del 1997. uscì allora quel cofanetto lussurioso con  la registrazione integrale e completa di 4 serate del novembre 1961 al Village Vanguard di New York. etichetta Impulse, naturalmente. oggetto di desiderio e di brama in grado di restituire a chi lo maneggia (ancor prima dell’ascolto) poteri benifici di illusoria immortalità.
il quartetto di John Coltrane era quello “storico” composto da McCoy Tyner al piano, Reggie Workman al contrabasso ed Elvin Jones alla batteria. in quelle serate (mercoledì 1, giovedì 2, venerdì 3 e sabato 5 novembre 1961) risposero alla chiamata del leader e si aggiunsero anche Eric Dolphy al clarinetto e clarinetto basso, Ahmed Abdul-Malik all’oud, Jimmy Garrison al contrabasso e Roy Haynes alla batteria.

sovente mi chiedo se quello sparuto manipolo di occhialuti intellettualoidi che spuntano dalle rarissime foto della serata si rendessero conto in quale punto preciso della storia spazio temporale dell’umanità si trovassero. appesi alle loro sigarette poterono assistere ad un’epifania più unica che rara. chi ha già potuto ascoltare parte di quel concerto nelle edizioni precedenti sa a cosa io mi stia riferendo. forse da quella data, e da quel concerto, è bene ricominciare a considerare un prima e un dopo, un canone estetico o la cifra di un’estasi.

il work in progress di quella fucina in bollore che era l’immaginifico di Coltrane e dei suoi sodali stava, in quel tempo, producendo tentativi di volo e bellezza. i brani eseguiti erano quelli che, da quel momento in poi, sarebbero stati considerati standard: Impressions, India, Chasin’ The Trane, Naima, Spiritual, Miles’ Mode. le differenti interpretazioni nelle diverse serate testimoniano lo sviluppo e la progressione di concetti e stilemi ai confini di quella che, allora (e forse giammai più), poteva essere considerata l’avanguardia di una ricerca di splendore.

la produzione di Bob Thiele e la perizia tecnica di Rudy Van Gelder fecero il resto. la restituzione digitalmente rimasterizzata ci consegna un suono carnale e fulgido nella sua definizione: pare a volte di essere seduti in quella platea e di poter avvertire il calore di quel flusso denso e spirituale. Coltrane e Dolphy, nei loro assoli, paiono sciamani capaci di condurre ovunque le coscienze dell’ascoltatore rapito, lo smarrimento è prossimo e la bellezza cristallina e scintillante.

questa testimonianza sonora è per me un luogo. irraggiungibile imperfetto ed incerto eppur vero e in grado di rapirmi. uno spazio altro nel flusso del mio tempo: una tana, un rifugio, a shelter from the storm o la coordinata di un segreto. posso recarmici ogniqualvolta necessito di estasi, bellezza ed astrazione, a leccarmi ferite o ricostituire senso o traiettoria. per ricordarmi chi ero, chi sono o cosa potrà mai essere di me: non Coltrane o Dolphy e neppure più mio padre possono più dirmi dove o come; ma loro hanno già detto ed io da quel pulpito posso ascoltarli.

il consiglio è ritrovare quel cofanetto, farlo proprio, possederlo e condividerlo: vi è contenuto il senso di un’idea che avrebbe dovuto cambiare il corso delle cose e il fatto che ancora non sia accaduto è semplicemente secondario. il fatto stesso che quel suono (quel luogo) risplende fulgido è bastante ad illuminare l’oscurità che ci circonda. nell’attesa di quel ritrovamento lo rendo disponibile nella sua dimensione massiva ed ingombrante, alla migliore risoluzione sonora possibile. mastodontico e vasto è questo luogo: uno spazio di apparente silenzio. mio. siate i benvenuti.

John Coltrane The Complete 1961 Village Vanguard Recordings
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0 risposte a John Coltrane The Complete 1961 Village Vanguard Recordings

  1. SigurRos82 scrive:

    A volte (spesso) capita di sentirsi piccoli piccoli di fronte a certe inspiegabili meraviglie…

    🙂

    • borguez scrive:

      quelle meraviglie stanno lì apposta per affrancarsi dal nostro essere piccoli piccoli. e credo fermamente che ci sarà pure un tempo nel quale non saranno più inspiegabili!

  2. hrundi v. bakshi scrive:

    questo bisognerebbe possederlo!
    ..comunque grazie

  3. borguez scrive:

    bisognerebbe, sì!
    alcuni credono sia giusto tenere una bibbia sul comodino. altri una pistola dentro il cassetto di quel comodino. altri ancora un telecomando, a fianco della pistola.
    io sgombrerei il comodino e ci appoggerei questo.

  4. zazie scrive:

    Ascoltare Coltrane mi fa tornare alla mente (un pò come le madeleine per Proust) l’atelier di pittura del mio primo amore, i colori ad olio a formare macchie sul pavimento, l’odore di trementina e le tele ammucchiate negli angoli di quella piccola stanza immersa nei suoni di quel saxofono che continuo ad amare ogni volta che mi capita di riascoltarlo.
    Lo associo alla pittura, in qualche modo.

    Una pittura feroce, pastosa, di colori cangianti e volti giganti, un pò come le copertine di questi album. Mi piacerebbe tanto sapere l’artista che le ha realizzate, potresti aiutarmi?

    • borguez scrive:

      volentieri
      l’artista si chiama R. Gregory Christie e quello che potrei sapere io e ciò che potresti trovare nel suo sito. qui.
      lì ti rimando.
      per tutto il resto (memorie, odori, colori) ti lascio alla tua madeleine.

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