Lo’Jo
310 Lunes: Photographie d’un Objet Sonore

Lo’Jo è una storia di vita, d’amicizia, di viaggi e di sogni; ma più di ogni altra cosa è una storia di musica che tutti questi ingredienti ingloba e fa splendere. Lo’Jo è una storia francese nata ad Angers nel 1982 quando due amici (Denis Péan e Richard Bourreau) iniziarono a condividere l’errare della strada, i desideri della gioventù e l’urgenza di voler suonare la musica che incendiava i loro entusiasmi. Lo’Jo è anche una storia un po’ troppo misconosciuta da questa parte delle Alpi e il loro ultimo disco e queste parole proveranno a presentarla: spero possano allargare la cerchia degli amici.

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Denis Péan e Richard Bourreau sono ancora ai loro posti, e neppure si sono allontanati troppo dalla loro Angers dove hanno piantato le radici del loro quartier generale malgrado i tanti viaggi e gli occhi (e le valigie) voltati verso l’uscio di casa. sono cambiati nel corso degli anni alcuni musicisti ma da qualche tempo la formazione si è stabilizzata al numero di sei elementi: Denis alla voce e alle tastiere, Richard al violino e alla kora e con loro Nicholas ‘Kham’ Meslien al basso, Franck Vaillant alla batteria e le due sorelle berbere Yamina Nid El Mourid (sax e voce) e Nadia Nid El Mourid al canto.
la data di fondazione di questo sodalizio è da ricercarsi nel lontano 1982 quando le urgenze post-punk di quel periodo si fusero ben presto con la curiosità per le musiche del mondo: questo continuo andirivieni fra l’ardore culturale in cui nacque il gruppo ed il mondo come bandiera iniziarono a forgiare la cifra del collettivo che nel corso degli anni è andata definendosi, sublimandosi fino a creare una capacità di suonare una musica che non sta più né qua né la. una decina di dischi e tanti viaggi con un furgone-carrozzone di fortuna verso i balcani, l’occitania, il mediterraneo (tutto) e l’Africa (la responsabilità creativa del Festival au Désert è anche un poco loro). e poi teatro, collaborazioni e tempo speso a vivere la propria passione.

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che musica suonano i Lo’Jo? questa la domanda difficile! una musica che guarda al mondo sapendo di avere radici europee, un suono che si fonde e si confonde con le culture incrociate nel cammino senza quelle contaminazioni (che brutta parola!) improvvisate ed estemporanee tipiche di molti prodotti odierni. le loro lunghe peregrinazioni nei territori esplorati hanno sempre lasciato sapienza nelle loro composizioni, come una tradizione senza luogo che andava formandosi nel loro sapere e nel loro fare musica. residui, strascichi, come sabbia nelle scarpe o conchiglie in valigia.

310 Lunes, Photographie d'un objet sonore - Lo'Jo

i Lo’Jo hanno contato 310 lune dalla loro fondazione (che meraviglioso modo di misurare il tempo) e così hanno voluto intitolare questo disco (vagamente) antologico. 310 Lunes: Photographie d’un Objet Sonore (World Village, 2014) consta di due dischi diversamente significativi l’uno dall’altro. nel primo un vero e proprio ensemble cameristico di fiati riprende alcuni brani dei Lo’Jo attraverso gli arrangiamenti di Renaud-Gabriel Pion. clarinetti, sassofoni, tuba, tromba, flauto, oboe e trombone suonati da Stéphane Coutable, Élisabeth Hérault, Michel Massot, Alan Regardin e lo stesso Renaud-Gabriel Pion; ospiti speciali di queste riletture sono stati Magic Malik, Roswell Rudd, Erik Truffaz e Hasan Yarimdünia.

una musica da camera certo, ma una camera con quattro finestre spalancate sui punti cardinali. oppure il mondo in una stanza (parafrasando una formula non certo scontata per questa musica); dinamiche che rubano dai ritmi di un immaginifico altrove, sembrerà a volte di cogliere questo o quel sapore che giureremmo essere di un luogo ben preciso, ma un attimo dopo il tutto è già fuggito in un altro mondo e dietro un nuovo orizzonte. ailleurs, altrove appunto!

il secondo disco invece rende giustizia ad una loro pubblicazione del 1989 (si noti bene la data) uscita praticamente in tiratura ridotta e a stretto beneficio di amici e astanti dei loro live: The International Courabou (questo il titolo) viene oggi rieditato e diffuso ad aprire una piccola finestra nel tempo che rende giustizia della vocazione (già allora) integra di esplorare i mondi sonori circostanti. il jazz come tavolozza per carpire questi suoni, ma anche sapori africani e ritmi dinamici buoni all’uopo danzereccio: negli stessi anni ed in quella stessa Francia qualcuno ricorderà Mano Negra e Les Négresses Vertes; ecco forse, senza timore di errare, i Lo’Jo rappresentavano la terza faccia di questa triade, con meno appeal ritmico ma compensato da una ricerca assai più approfondita nella medesima direzione di quei due grandi fenomeni.
i Lo’Jo sono ancora vitali ed errabondi, magari sarebbe bello incrociarli e sentirli fraterni.
buon ascolto

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