Lula Pena
Archivo Pittoresco

tre dischi in un ventennio hanno il tempo largo e denso di chi al tempo ha deciso di dare la giusta misura. Lula Pena, in questo tempo, è divenuta donna, ha imbiancato fieramente la sua chioma e ha continuato a viaggiare sovrapponendo il suo tempo a quello alchemico delle lettere e dei suoni che continuano a sobillarci dal passato prossimo e remoto. Lisbona è la sua città, ma Lula Pena non ha impiegato troppo a comprendere che l’eredità del fado, nel suo sentire, si è mescolato all’orizzonte atlantico e alla ponderosa tradizione europea che da sempre preme sulla terra lusitana, per poi sciacquarlo ancora nell’incessante sciabordare delle sponde mediterranee ed immergerlo nei benefici (forzati ed involontari) del colonialismo portoghese.

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tre dischi in un ventennio, solamente con una chitarra ed una voce che in questo tempo si è fatta ruvida, sciamanica, torva e mesmerica: se ne intuisce fisicamente la grana, la timbrica ampia e le tinte scure che odorano di legno, inchiostro e onde. una voce che scivola imprendibile fra l’idioma francese, lo spagnolo, l’inglese, il sardo antico e tutti gli accenti che la lingua portoghese prende rimbalzando nelle sponde atlantiche della sua diaspora. una voce che raccoglie poemi moderni, antichi trattati, canti resistenti, breviari intimi per comporre una wunderkammer tascabile del sentire umano e che Lula Pena ha voluto ribattezzare Archivo Pittoresco.

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Phados (Carbon 7 Records, 1998), Troubadour (Mbari Musica, 2010) e oggi questo Archivo Pittoresco (2017) che approda degnamente alla Crammed Discs impegnata da tempo a testimoniare le musiche oblique del nostro tempo. il titolo del nuovo disco, come spiega lei stessa, lo si deve a quella tendenza nata fra alcuni pittori del diciannovesimo secolo di abbandonare i loro ateliers per uscire all’aperto a scoprire paesaggi in disuso, organici, dissonanti ed asimmetrici. anche Lula Pena a vagheggiato nel suo tempo e nello spazio intimo della memoria percorrendo uno territorio impreciso che va da Violeta Parra ad un traditional sardo, dalla poesia surrealista a quella brasiliana contemporanea, dai trovatori alla colonna sonora di un serie tv, dal Messico alla Grecia oltraggiata. 13 brani pensati come un recital, un continuum in cui il susseguirsi si compenetra e si completa come le pagine di un diario o lo scorrere di un viaggio.

una chitarra tambureggiante, ricca di armonici che dondola fra un sentimento bluesy ed il tocco degli antichi trovatori. un’essenza distillata nell’arte di una grande performer che purtroppo ha frequentato assai poco la nostra penisola: il suo tour si muove in Europa (il Cafè OTO per esempio) ma guarda ad uno spazio ampio e trasversale che attraversa le nostre attualità e che va dalla poesia troppo spesso deturpata ai territori violentati, fino a congiungersi con le memorie antiche troppo spesso inascoltate. Lula Pena è un patrimonio di questa nostra contemporaneità, è il tocco muliebre che raccoglie e impreziosisce laddove troppi seminano abbruttimento, quel fragile balsamo poetico che lenisce le ferite del nostro tempo. buon ascolto

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