m-blog

molto probabilmente arrivo tardi, e per ultimo, mentre il web è già rivolto altrove alla prossima next big thing, ma mi capacito solo ora della portata della cosa e soprattutto ne trovo conferma nella rubrica del valevole Valerio Mattioli di BlowUp, quella intitolata allcrackedmedias che si occupa di musica e web.
procedo per ordine e provo a spiegarmi. intanto la sigla m-blog è una contrazione della sigla mp3-blog. di cosa si tratta? sfruttando abilmente una tecnologia oramai di comune uso e infischiandosene bellamente delle leggi sul copyright stanno nascendo come funghi siti (blog) che mettono a disposizione del web tutto interi dischi in formato mp3 tramite un banale download e nella semplice forma dello sharing. e fino a qui mi pare semplice…
è bastante un sito di condivisione di files (Rapidshare o affini) e dotarsi di un’applicazione di decompressione (espansione) files che per non fare nomi chiameremo Stufflt, poichè la maggior parte di questi files avranno un formato (estensione) .zip oppure .rar. complicato? meno di quanto si pensi… magari un esempio aiuta!
tentando di unire utile e dilettevole. Loronix (Music from Brazil) è considerato uno dei più autorevoli m-blog in circolazione e si occupa quasi esclusivamente di musica brasiliana. pubblica quasi quotidianamente nuovi post (nuovi dischi) ed è collegato e linkato ad un’infinità di altri siti. ora, prendiamo il giorno 30 gennaio scorso. il disco in questione era quello raffigurato qui. splendido (non l’ho certo scelto a caso!). questo il link per giungervi. in quella stessa pagina, poco sotto i titoli del disco, c’è il link per giungere alla pagina di Rapidshare che contiene quel file (questa), e successivamente (dopo aver deciso che lo si preferirà free… almeno finchè è concesso) a questa. si attendono pochi secondi e si digita il codice alfanumerico richiesto. scaricato il file in questione lo si decomprimerà automaticamente con Stufflt e il gioco è pressochè fatto! molto più semplice a farsi che tentare goffamente (come ho fatto!) di spiegarlo! ma continuo a ritenermi un imbecille informatico e tento un’espiazione provando ad aiutare il prossimo…
ora, molti di questi siti dichiarano intenti filantropici e giustificano questo tipo di comportamento con il diritto (negato) che questi stessi dischi hanno di non scomparire, oppure di venire al più presto ristampati o, spesso, di venire per la prima volta editi su compact disc. e spesso è pure vero! tanti continuano a suggerire di comprare il disco una volta “assaggiata” la sua bontà, altri si premurano preventivamente di (auto)cassare immediatamente link e files nel qual caso venissero rivendicati diritti sacrosanti. tutto molto bello, tutto molto vogliamoci bene. la coda di paglia resta!
là fuori (o là dentro) resta una giungla. ho verificato con polpastrello che esistono centinaia di questi siti e l’intricarsi della vicenda non prevede ritorno. non solo, per quanto si sbrodolino proclami di correttezza o musically correct, io credo che oramai la frittata sia fatta, e rimettere albume e uovo dentro al culo della gallina alquanto arduo…
io sospendo il giudizio, non mi sento un colpevole e non è certo mia la colpa. a dire il vero non ho grosse opinioni al riguardo. quello che so è che basta fornirsi di un aggregatore (un Google Reader qualsivoglia) e di aggiungere una bella serie di indirizzi relativi ad altrettanti m-blog e ci vedremo recapitare quotidinamente dozzine e dozzine di uova fresche sui nostri desktop.

Reggae? You & Me in a Jamboree!
Bossa? BossaBrasileira (formidabile, mi si consenta!)
Post-Punk e dintorni? 7″from the Underground
World? Etno e dintorni? WeLoveMusic
Avant? CageDream
Musica perduta nel tempo? Lost in Time
Black e dintorni? Milk Crate Breaks
Psychedelic Sound? Garden of Delights
Acid Folk? Prog? Peppermint Store
Swing? Singin’ & Swingin’
Free Jazz? pharaosdance

…aggiungo anche il più sacrosanto dei de gustibus e l’altrettanto e doveroso chi più ne ha più ne metta.
quello che so è che qualcuno ha perduto una guerra ed io non ho sparato! quello che so è che ci sarà una Norimberga e io non ho puntato indici su alcuno! io sono antimilitarista, pacifista e disertore!
ho solamente un insaziabile bisogno di musiche e non posso viverne senza.
e se questa è una colpa che io sia giustiziato…

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0 risposte a m-blog

  1. mr.crown scrive:

    questa non è una guerra.
    è guardie e ladri. e voi siete semplicemente i ladri. tutto qui.

    gli artisti che vogliono diffondere gratuitamente la propria musica già lo fanno.
    tutti gli altri sono furti. illegali e non autorizzati.

    anche riciclare denaro sporco è una pratica diffusa, in molti ci si sono arrichiti, altri sono divenuti persino presidenti. non per questo è giusto e nemmeno è divenuto legale.

    e non venitemi a dire che sono due cose diverse.

    e altrettanto banalmente quando vai al supermercato a fare la spesa non è che esci senza pagare.

    se ti piace la musica dalle il valore che merita e contribuisci a mantenerla viva, vegeta e soprattutto libera.

    passo e chiudo

  2. borguez scrive:

    parlare di guerra era metaforico. una forzatura. anche se qualcuno che sventola diritti, leggi, sanzioni, multe e ipotesi di carcerazione è assai più belligerante di quanto si creda.
    a quella guerra ho partecipato, distrattamente. come un goffo soldato Švejk!
    fino alla mia diserzione. fino a quando ho compreso che non avrei vinto e più probabilmente avrei perso. niente tregua, neppure pace annunciata. diserzione!

    ma nulla di tutto questo è stata una mia decisione!
    nessun centesimo è giunto nelle mie tasche e le donazioni (assai) volontarie che la causa mi chiedeva non ha prodotto altro che nuove richieste di danaro per il sole splendente dell’avvenire. e anche stavolta non io a decidere.

    e poi forse il tutto è diventato guardie e ladri. ma anche partigiani contro fascisti, indiani contro cow-boy, talebani contro mujaidhin. forse, dico io… e nessuno ha chiesto il mio parere!

    non mi sentirei di difendere nessuna delle due fazioni, da tempo ho smesso di schierarmi. mi limito ad osservare, un po’ stupito dalla piega che hanno preso le cose e stupefatto dall’operosità “illegale” che l’umanità è in grado di produrre.

    al supermercato pago. scelgo il benzinaio che mi offre il prezzo migliore e il mio denaro sporco è qualche volta finito distrattamente in lavatrice. sempre questioni di pecunia comunque… a quelle ci hanno insegnato ad obbedire!

    poi un giorno scopri che la musica di cui non puoi fare a meno è libera. ma non libera in senso ideologico, metaforico o poetico. libera in un senso che sfugge quasi alla comprensione. libera come ci hanno vietato di pensarla…inafferrabile!
    e io non avrei neppure osato immaginare e non l’avevo neppure deciso!

    …e poi ho peccato! fortemente peccato! oh sì!
    la mia carne si è fatta debole, il mio desiderio incontrollabile!
    la colpa è evidente!
    adesso si tratta solo di convincersi dell’autorità della corte, crederci almeno un poco…
    ma sarà difficile!

    C’hanno insegnato la meraviglia
    verso la gente che ruba il pane
    ora sappiamo che è un delitto
    il non rubare quando si ha fame
    ora sappiamo che è un delitto
    il non rubare quando si ha fame!

  3. kekko scrive:

    mah, esistono l’una e l’altra e non possono essere scisse. ci sono modi per ascoltar dischi prima di comprarli… usiamoli. oppure no. dipende da chi sei, da cosa vuoi fare col disco. comunque una persona che se ne sta a scaricar musica con la connessione in tiro da mattina a sera elimina il ragionamento alla base dell’ascoltatore di musica così come ho imparato ad essere e come ho imparato fossero: un disco costa soldi, la musica che c’è dentro vale altri soldi. la musica dei test icicles vale di più di un disco scaricato dei test icicles -figurarsi Arto Lindsay. ecco, quel genere di persone non ha mai provato il sentimento d’odio feroce per aver buttato soldi su un disco pacco. sono destinati, secondo i miei parametri, a non capire mai un cazzo di musica. ma è un problema più mio che loro, insomma.

    a me intriga abbastanza il metodo In Rainbows, ovviamente non buttato fuori à la In Rainbows. metti il disco in share ad offerta libera.

    ci scrissi un pezzo che mi fu cassato, qualche mese fa. lo metto qui, tanto chi se ne fotte 😀

    La notizia viene diffusa originariamente come se fosse la cosa più naturale del mondo, sul sito ufficiale della band, senza troppi clamori. Nel giro di qualche minuto fa il giro del globo e diventa il casus belli della stagione musicale 2007/2008: il gruppo pop inglese più rispettato degli ultimi dieci anni e passa metterà a disposizione il proprio nuovo disco dal sito ufficiale. Ad offerta libera, e volendo anche gratis.

    I blog e le chat e i forum di tutta la terra vanno in tilt. Naturalmente esiste da anni un giro sconfinato di netlabels, specie per quanto riguarda la musica avant, che mettono in download migliaia di dischi senza far pagare un centesimo, ma la dimensione del fenomeno è del tutto inedita. Un disco che può contare sulla vendita potenziale di milioni di copie di un supporto fisico -anzi, uno dei gruppi che più di tutti gli altri possono contare su uno zoccolo duro di fan disposti a comprare il loro disco, fosse l’unico disco comprato negli ultimi tre anni- scavalca la distribuzione fisica e applica a quel mercato della musica una forma mentis inedita.

    Al di là delle verbose questioni su se/quanto/come sia necessario abbattere lo strapotere delle majors nel mondo musicale odierno, e partendo dal presupposto che i Radiohead non sono un’associazione culturale non-profit volta al recupero dello spirito originario del punk o chissà che altro, il ragionamento della band è molto semplice ed estremamente lucido: si tratta di comprendere quale possa essere il valore reale di un disco licenziato nel 2007, tenuto conto delle posizioni di cautela di una serie sterminata di ascoltatori che ascoltano il triplo della musica che ascoltavano i loro padri E pagano un terzo di quello che i loro padri pagavano in dischi. In altre parole, posto che alle condizioni attuali di reperibilità (online) un disco non vale più i 15/20 euro complessivi del prezzo di mercato di un jewel case né i 99 centesimi di dollaro di ogni singola traccia su sistemi di download a pagamento precotto tipo iTunes, viene posta un’ipotesi alternativa. Quanto può essere il valore reale di un disco inciso oggi? Poniamo ad esempio di mettere un disco online ad offerta libera ed un campione di qualche milione di individui: ipotizziamo la media di una sterlina o due, moltiplicata nel caso contingente per una cifra di download che ti permetta di coprire alla grande le spese di registrazione, guadagnarci un pacco di soldi e mandare in culo quei rompipalle della casa discografica. E soprattutto una distribuzione estremamente capillare in giro per il mondo con una serie di statistiche chiare ed inequivocabili su chi, come e dove ha scaricato il tuo disco. Possibilità infinite per i live, una grancassa senza pari che suona dietro l’arrivo. E dall’altra parte, beh… tanto di guadagnato. Gli ascoltatori rinunciano all’esborso del contante risparmiando una dozzina di euro per un disco in mp3, accettando di avere un pezzo di plastica senza booklet, impalpabile ma non illegale. Magari con dieci euro che hai risparmiato compri un volumetto Taschen a caso e ci infili il CDR di In Rainbows dentro: vuoi mettere l’artwork?

    Il prossimo passo sarà, supponiamo, quello di mettere assieme i dati e portare TUTTE le bands a mettere online gli mp3 del loro nuovo disco per un costo che oscilla dai due ai tre euro per tutto il disco: attivando un sistema di donazioni PayPal, in un mercato discografico sconvolto, potresti comunque prendere qualche soldo in cambio di qualche centinaio di download, figuriamoci per i gruppi che vendono ventimila copie. Poniamo come limite all’immaginazione un mondo in cui, buttando sul tavolo un’inferenza statistica un po’ à la Trilussa, tra due anni ogni band faccia pagare due euro l’intero disco in mp3 -o in formati audio più decorosi: il mercato tradizionale del CD finirebbe ridotto ad una nicchia per irriducibili feticisti con ancor meno pietà di quella che fu riservata all’epoca al vinile, o magari si estinguerebbe del tutto spazzato via da una crudele legge dei numeri. Non a caso gli stessi Radiohead -forse consci della portata paradigmatica della loro mossa- rilanciavano sulla loro stessa audacia raccontando di avere in programma una sola edizione “fisica” di In Rainbows del valore di circa 40 sterline online: in altre parole, un’edizione collectors’ only che andasse a supplire il jewel case tradizionale.

    Naturalmente qualche “pacco” era già pronto. Tipo Radiohead che si rimangia la parola nel giro di una settimana e mezzo e sigla un accordo con XL per l’uscita imminente di una normalissima edizione da supermercato: una faccenda che non arriveremmo a definire disdicevole ma un pochino sporca sì, andando essa a colpire la nutrita schiera di ascoltatori che avrebbero comprato un’edizione “normale” ma non quella per collezionisti -e che probabilmente hanno scelto di sborsare qualche sterlina per il download (un guadagno, in potenza, di centinaia di migliaia di sterline). Oppure il fatto che anche per il download gratuito fosse necessario inserire online i dati della propria carta di credito -quindi possedere una carta di credito, e diramare i propri dati a qualcuno per farsi regalare qualcosa. Saul Williams ha compiuto la stessa operazione di Radiohead, pochi giorni dopo, annunciando il lancio di The Inevitabile Rise And Liberation Of Niggy Tardust, ma con una doppia scelta: donazione con carta, disco in omaggio senza carta. La semantica è ancora piuttosto forte, nel sito niggytardust.com, qualcosa sul genere voglio sostenere l’operazione di Saul con una donazione a mezzo carta VS “non ne voglio sapere niente, voglio solo la musica gratis”: una scelta dicotomica che sembra scegliere apposta le parole al fine di farti sentire una merdina se vai sulla la seconda, ma che non lascia dubbi sul risultato di fondo -poter scaricare liberamente il disco previa registrazione, senza lasciare il numero di una carta di credito.

    A leggere in giro per i forum e i blog del giro, del resto, la clausola “previo invio dati carta di credito” è il prezzo più caro che gli stessi Radiohead hanno pagato: pare che circa dieci minuti dopo l’apertura dei download legali fosse possibile trovare il disco senza colpo ferire attraverso i canali tradizionali di download illegale tipo Emule e compagnia bella. E sarebbe piuttosto paradossale leggere qualche dichiarazione à la Metallica da parte dei Radiohead, tipo Jonny Greenwood a muso duro contro chi ha scaricato, senza pagare, un disco gratuito.

    È certo, tuttavia, che quando butti un macigno del genere nello stagno per un po’ di tempo rimangono le onde. Così arrivano in rapida sequenza le adesioni del grande pubblico e delle altre bands. Il tutto mentre EMI minaccia un giro di vite contro gli artisti improduttivi. Se è vero che è tutto legato…

  4. alice scrive:

    ogni giorno sbatto la testa sulla parola “legale”.
    mi sorprendo sempre di come la si giri e rigiri tra le labbra a gongolarsi, a rassicurarsi, come i Ti amo di tutte le coppie già esauste.
    come fosse una parola che fa nodo nel fazzoletto, a ricordare cosa? come si dovrebbe essere?
    come si dovrebbe ascoltare musica?
    noi e le leggi con noi – e non il contrario, no – dovremmo essere capaci della versatilità che sappiamo produrre, pronti a nuove lance e nuove spade se inventiamo nuove battaglie.
    e se la musica diventa finalmente “democratica”, mentre la tecnologia che il mondo butta sul tavolo toglie le sedie per il pranzo degli artisti, allora lasciamo che scaturiscano nuovi meccanismi per cui strumenti e concerti e facce e teatri acquisteranno l’antica bellezza e rimetteranno in circolo il piacere “dal vivo”.
    e tutta la splendida musica che si sarebbe dimenticata, tutte le splendide vibrazioni e voci che si sarebbero perdute tra generazioni che non sempre possono lasciare in eredità le note, potranno girovagare ancora tra cartelle, file, programmi dai nomignoli irripetibili, impianti evoluti, schermi ultrapiatti, pur sempre con attorno orecchie e magari rimembranze a godere di loro.
    che la musica faccia parte di ciò che chiamiamo libertà! senza paure.
    ma con accortezze e attenzioni. e passione.

  5. Hank scrive:

    Questione spinosa. Una curiosità, se lecito: chi ti ha “cassato”, Kekko, un così bell’articolo?

    Un paio di superflui spunti di riflessione: decine di band proclamano non solo di vedere di buon occhio (per ragioni politico/ideologiche) il file sharing, ma di averne addirittura, per vie traverse (circuitazione, visibilità, etc.), beneficiato. Non Christina Aguilera o quei cialtroni dei Metallica, ovvio; ma chi se li incula? Inoltre, ad esso si contrappone la miopia (per meglio dire, lo squallido sciacallaggio) dell’industria discografica, di cui è superfluo parlare. E che comincio a sospettare torni comoda anche ai nostri cari, adamantini artisti, che di soluzioni alternative e più “ecologiche” negli anni ne hanno proposte pochine. Ben vengano dunque operazioni alla Radiohead (un po’ meno furbette, magari). Posto che è bello, giusto e sacrosanto che Michael Gira e la Young Gods Records (per dirne una) vengano pagati, se non ho o non voglio usare la carta di credito (ovvero, non intendo acquistare dal suo sito a 15 dollari; e si tenga in considerazione, vivaddìo, il cambio favorevole), l’obolo ammonta a 20 euro o più: un po’ tantini, considerati gli irrisori costi di produzione. Non è che occorra molta fantasia, né, on the other hand, pugno di ferro: è una questione aritmetica. Vuoi, avido discografico del cazzo, che io continui a supportare la musica e gli artisti come ritengo sia doveroso fare, senza lucrare sulla mia passione? Vendi i cd a 8/10 euro (o 12 con custodia e artwork, per i feticisti come me).

  6. punck scrive:

    Per quale motivo qualcuno dovrebbe continuare ad avere passione?
    Per quale motivo qualcuno animato da passione dovrebbe continuare ad investire energie tempo e denaro per creare musica?
    Per quale motivo qualcuno dovrebbe spendere soldi di tasca propria per mandare avanti un’etichetta discografica e per fare uscire dischi?
    Per quale motivo un’artista dovrebbe passare notti insonni per lavorare su una frequenza quando questa sara’ tagliata da un encoding del cazzo sapendo che il disco verra’ ascoltato distrattemente da 2 merdosi altoparlatini creative da 20 euro?
    Per quale motivo si dovrebbe fare beneficenza?
    Per quale motivo si devono sottrarre soldi e tempo alla propria vita?
    Per quale motivo l’accrescimento culturale e la fame del pubblico deve essere finanziata da qualcun’altro?
    Per quale motivo qualcuno dovrebbe essere coraggioso e dovrebbe investire?
    Per quale motivo si dovrebbe avere il diritto di poter possedere tutta la musica del mondo senza riconoscere nulla a chi la crea?
    Per quale motivo qualche annoiato ragazzetto del cazzo deve aver il diritto di vanificare il lavoro e la passione di altri aprendo un blog di merda dove mette on line dischi che sono costati tempo, fatica e soldi e che sono il frutto dell’intelletto altrui?

    Per quale motivo non la si smette di nascondersi dietro un dito e non si ammette di essere solamente scrocconi ai quali non frega un cazzo della musica e del suo futuro?

    godetevi l’oggi che il domani e’ gia’ arrivato.

  7. Hank scrive:

    Già. Non frega nulla della musica e del suo futuro a un cazzo di nessuno: chi la scarica pensa al tornaconto economico derivante dal non pagarla, e chi la distribuisce al tornaconto economico derivante dal venderla. Il problema è che il coltello dalla parte del manico ce l’ha chi la scarica, dunque conviene che chi la vende cominci a considerarla “frutto dell’intelletto”, e ne rispetti i fruitori (non ristampando lo stesso cazzo di disco trenta volte con relativo stillicidio di bonus track, migliorando la qualità audio, e vivaddìo contenendo i prezzi). E mi si consenta: se gente dal potere contrattuale di 99 Posse o Assalti Frontali distribuisce i cd a prezzo politico, evidentemente un piccolo sforzo lo si può fare su più fronti. Se i Fugazi facevano e fanno lo stesso con i biglietti dei concerti, ci si può aspettare un beau geste, chessò, da Bon Jovi. Lo si lasci dire a uno che i dischi li compra: andassero tutti a prenderlo in culo.

  8. mr.crown scrive:

    punck come spesso accade ti quoto al 100%

  9. déserteur scrive:

    l’utopia dell’arte a disposizione di tutti….. non ho i soldi per comperare un’opera, ma posso almeno prenderne visione, anche se in un ridicolo monitor di pc, non posso permettermi di acquistare tutti i dischi in commercio, ma posso almeno ascoltarli da 2 merdosi altoparlatini creative da 20 euro; se questo frustra l’artista, allora forse non è più di “arte” che stiamo a parlare, ma di un aspetto diverso del vivere che si chiama mercato, e questo è un altro discorso.
    l’oggi significa potersi permettere di ascoltare in spiaggia a marina di ra, musicisti dello spessore di gelb tanto per fare un esempio, e sinceramente se mi fosse stato predetto questo 10 anni fa, mi ci sarei fatto su una grassa risata. andando avanti di questo passo (il dopodomani) si potrebbe ipotizzare di tutto, il sabbione come palcoscenico di tom waits, “l’artista” che magari riscopre il piacere di mescolarsi alla gente scendendo da quel piedistallo dal quale per 50 anni ha predicato, mangiato, bevuto, e troppo spesso anche pisciato e cagato su coloro che sostavano lì sotto (08 settembre 1990, modena, festa de l’unità, concerto di bowie, i miei pochi-tanti soldi, e i sacrifici, investiti in una grande bufala tanto per citare un esempio); in fondo se di soldi si parla, il lavorare necessita di capacità di adattamento, e se “l’artista” in quanto tale, sia da considerarsi esentato da codeste fatiche, allora ben vengano le invettive contro qualche annoiato ragazzetto del cazzo. se a botte da 20 euro io dovessi immaginare di crescere spiritualmente e culturalmente, di conseguenza perderei troppo peso corporeo. del resto anche chi di “arte” campa, dovrebbe poter mantenere il peso corporeo necessario per poter continuare a fare quello che ama, accontentandosi “purtroppo” di mettersi in tasca un normale “povero” mensile; o magari no?

  10. punck scrive:

    non fate finta di non capire
    qui si parla di underground, quella vera,quella con la U maiuscola.
    Quella di quelle microetichette che si sbattono per trovare 1000-1500 euro per stampare un cd in 500 copie di uno sconosciuto e meritevole artista e che non riusciranno mai nemmeno a coprire le spese precludendosi l’oppurtinita’ di produrne un successivo.
    Morte prima ancora di nascere.

    Di Bowie me ne fotto e pure di Waits..e me ne fotto pure delle finte etichette indipendenti….io parlo d’altro…veramente d’altro…me ne fotto del mercato e anche di quelle che tu chiami le velleita’ economiche dell’artista.

    Io parlo di passione…quella che state uccidendo..anzi avete probabilmente gia’ ucciso.

    C’e’ poi il fatto oggettivo, io dischi a 20 euro non ne vedo piu’ nemmeno all’ipercoop.
    Forse sono fuso io, o forse ascolto roba talmente assurda che i prezzi che trovo sono talmente al ribasso da renderli non significativi, ma io direttamente dai siti delle etichette e dei musicisti non li vedo mai superare i 10-12 dollari (dollari!).
    Spesso,molto spesso sotto i 10…ma forse sono io che ascolto roba assurda…eppure se giro su ebay o amazon i prezi della roba (anche molto commerciale) non la vedo mai a piu’ di 10-12 dollari.
    Ma la relata’ e’ che se anche costasse 5, sarebbe sempre 5 volte tanto rispetto a zero.

    Se poi ti sei gustato Gelb sulla sabbia dell’hana bi nel 2007, magari e’ anche un po’ grazie a quelli che gia’ 20 anni fa gli compravano i dischi non credi?
    Prova a immaginare alla carriera di un novello Gelb che cerca di esordire oggi nel 2008…pensa ad una piccola etichetta che ne scova uno…investe soldi per farlo esordire…..poi chiude i battenti vista la mancata copertura delle spese………altro che Bowie…festa dell’unita’ e botte da 20 euro……altro che mercato e seghe simili…….passione, parlo di passione.

  11. mr.crown scrive:

    non fate finta di non capire
    qui si parla di underground, quella vera,quella con la U maiuscola.
    Quella di quelle microetichette che si sbattono per trovare 1000-1500 euro per stampare un cd in 500 copie di uno sconosciuto e meritevole artista e che non riusciranno mai nemmeno a coprire le spese precludendosi l’oppurtinita’ di produrne un successivo.
    Morte prima ancora di nascere.

    Di Bowie me ne fotto e pure di Waits..e me ne fotto pure delle finte etichette indipendenti….io parlo d’altro…veramente d’altro…me ne fotto del mercato e anche di quelle che tu chiami le velleita’ economiche dell’artista.

    Io parlo di passione…quella che state uccidendo..anzi avete probabilmente gia’ ucciso.

    C’e’ poi il fatto oggettivo, io dischi a 20 euro non ne vedo piu’ nemmeno all’ipercoop.
    Forse sono fuso io, o forse ascolto roba talmente assurda che i prezzi che trovo sono talmente al ribasso da renderli non significativi, ma io direttamente dai siti delle etichette e dei musicisti non li vedo mai superare i 10-12 dollari (dollari!).
    Spesso,molto spesso sotto i 10…ma forse sono io che ascolto roba assurda…eppure se giro su ebay o amazon i prezi della roba (anche molto commerciale) non la vedo mai a piu’ di 10-12 dollari.
    Ma la relata’ e’ che se anche costasse 5, sarebbe sempre 5 volte tanto rispetto a zero.

    Se poi ti sei gustato Gelb sulla sabbia dell’hana bi nel 2007, magari e’ anche un po’ grazie a quelli che gia’ 20 anni fa gli compravano i dischi non credi?
    E DI QUELLI CHE DECIDONO DI PERDERE SOLDI PUR DI FARLO.
    PASSIONE PARLO DI PASSIONE.
    Prova a immaginare alla carriera di un novello Gelb che cerca di esordire oggi nel 2008…pensa ad una piccola etichetta che ne scova uno…investe soldi per farlo esordire…..poi chiude i battenti vista la mancata copertura delle spese………altro che Bowie…festa dell’unita’ e botte da 20 euro……altro che mercato e seghe simili…….passione, parlo di passione.

  12. Hank scrive:

    So che non è elegante autocitarsi, ma ecco quel che ho scritto poco sopra: “Decine di band proclamano non solo di vedere di buon occhio (per ragioni politico/ideologiche) il file sharing, ma di averne addirittura, per vie traverse (circuitazione, visibilità, etc.), beneficiato.” L’ho letto un’infinità di volte, erano dichiarazioni virgolettate di artisti Underground quelli con la U maiuscola sudore passione etc. A dimostrazione che il fenomeno è più complesso di quanto non facciano trapelare i ragionamenti fatti con l’accetta. Compro dischi quanto te (anzi, più di te e più di chiunque altro, se si ragiona, porchiddìo, in termini di budget a disposizione). Quando avrete voglia di smettere di fare a chi ce l’ha più grosso o di grondare retorica, chiamatemi.

  13. Hank scrive:

    Ah. Se non si ha carta di credito e non si intende pagare in dollari, i dischi nuovi costano 20 euro. C’è chi li vende a 20 euro (vedi Current 93) anche ai concerti. Ho detto che i dischi li compro, non prendetemi per il culo.

  14. déserteur scrive:

    il primo LP l’ho comprato a otto anni, quando forse altri giocavano ancora con i soldatini, e da allora non ho ancora smesso, e non smetterò certamente ne’ oggi ne’ domani ne’ dopodomani……….. riesco a convivere con lebbra e PASSIONE, e non sto contagiando nessuno, monatti permettendo

  15. punck scrive:

    Hank, non prenderlo come un attacco personale o tanto meno come un atteggiamento snob. Non si puo certo generalizzare, politiche/atteggiamenti piu’ che discutibili delle etichette discografiche e dei musicisti sono all’ordine del giorno e non sono certo una novita’.
    Pero’ se io ritengo che una tal etichetta si comporta in modo scorretto , applica prezzi irragionevoli o pubbliche furberia..semplicemente la evito, non gli compro i dischi…rubargli la musica e addirittura metterla su un blog non e’ la risposta giusta e resta quello che e’…un furto.
    Ci sono artisti che ne beneficiano e addirittura condividono il file sharing?
    Sicuramente e’ vero, pero’ questa e’ una libera e rispettabile scelta che deve essere rispettata tanto quella di chi ne e’ contrario e non vuole vedere i propri lavori girare abusivamente in formati diversi da quelli per cui li ha pensati.
    Personalmente la trovo comunque una scelta discutibile comunque…mi si spieghi perche’ allora non si sceglie ufficialmente di proporre l’alternativa della libera diffusione via mp3 invece di caldeggiare il file sharing della propria musica?
    Perche, farlo pubblicare da un’etichetta se poi, sotto sotto ci fa’ piacere che giri gratuitamente?
    Magari ci si fa’ pagare (da altri) lo studio di registrazione, il produttore, il grafico..etc etc.. poi dopo si afferma che l’importante e’ che la musica giri e arrivi a piu’ persone possibile….Basterebbe un po’ di coerenza in piu’, oppure sborsare di tasca propria i soldi.
    C’e’ chi fa scelte precise, disco stampato in vendita e contemporaneamente free download, lasciando che sia l’utente a decidere…in quel caso massimo rispetto….tutto alla luce del sole..molto coraggioso e coerente…..il resto e’ solo truffa.

    Non si puo’ nemmeno generalizzare a riguardo gli ascoltatori, alcuni “scaricano con coscienza”…diciamo come preascolto precedente all’acquisto, ma dovrai ammettere che sono una minoranza talmente esigua da risultare insignificante.
    Quella del….se mi piace lo compro, e’ quasi sempre una bufala…quasi un volersi pulire la coscienza….Scarichi 10.000 ti piace mille e……va’ grassa se compri 1….questa e’ la realta’..almeno nel 90% dei downloaders che poi sono quelli che dichiarano di adorare la musica e che sbandierano ai 4 venti di averne a cuore il futuro.

    E’ probabilmente anacronistico confrontarsi con il passato,
    pero’ anche a me sarebbe piaciuto da morire, 20 anni fa, entrare nel mio negozietto preferito (marco sai benissimo qual’e’!!) e uscire con tutta la musica del mondo sotto braccio…..e invece…. si facevano delle scelte….si valutava a secondo dei pochi soldi che si aveva a disposizione…..ci si sedeva li’…si ascoltava tutto quello che si voleva e si sceglieva cosa comprare….comprare!
    Sembrera’ strano, ma mediamente avevamo molti meno soldi in tasca dei 20enni di oggi, solo che probabilmente avevamo priorita’ diverse.
    Eppure siamo cresciuti ascoltando musica fantastica, abbiamo gli scaffali pieni di dischi meravigliosi (e anche qualche schifezza certo..!) anche senza poter accedere a tutta la musica del mondo.

    Insomma volenti o nolenti e’ un dato di fatto,
    con l’inizio del file sharing la situazione e’ peggiorata clamorosamente.
    Non mi riferisco solo a questioni legate alle vendite, ma all’aspetto qualitativo dell’approccio verso la musica.

    Non c’e’ piu’ attesa e sorpresa verso una qualunque uscita discografica.
    Si incamerano dati, si fa’ a gara a chi conosce di piu, ma non si ascolta.
    Scaricando centinaia di dischi al mese, sfido chiunque a dimostrarmi che si possano ascoltare correttamente, si mettono su cosi’ di sfuggita…intanto si fa’ altro , si fa’ di tutto tranne che sedersi ad ascoltare….finito uno pseudo ascolto…ci sono gia’ altri 200 giga di roba in attesa…avanti un altro….forza incameriamo informazioni!!!!!
    Si ascolta a qualita’ molto inferiore.
    L’mp3 e’ di per se’ un compromesso (a volte accettabile ma pur sempre inferiore)
    I pc hanno soppiantato gli impianti stereo (anche qui nettamente inferiori qualitativamente)
    Non piu’ copertine,booklet fotografie…cartelle su hard disk..files senza cuore e anima.

    so’ gia’ che la maggior parte dei giovani critichera’ aspramente le mie riflessioni, le bollera’ come tipiche dei salti generazionali…dira’ che a loro va’ benissimo cosi’ e che siamo noi vecchi a essere superati dal tempo…..ma tant’e’!!!

    va bene tutto, ma non venitemi a dire che chi scarica illegalmente ha a cuore il destino della musica….questo no, non lo accetto.

    abbiamo gia’ superato il punto di non ritorno, e’ gia’ troppo tardi

    che dio ci (vi) perdoni!!!
    😉

    ps
    hank…la cosa della carta di credito non regge…suvvia…qui sei tu che sei all’antica!!

  16. Hank scrive:

    Ti ringrazio, Punck, del gentilissimo ed esauriente intervento. E quanto alla carta di credito, sì: ho un approccio totalmente anacronostico alle cose, soprattutto per quel che concerne l’approccio (obsoleto e pateticamente romantico) alla musica. Tant’è che mi rispecchio perfettamente nell’ultima parte del tuo intervento.

    Quel che mi instilla dubbi è: la pratica del filesharing è, almeno ad ora, inarrestabile. E’ un fiume in piena, e, come tu rilevavi, ha rivoluzionato (in peggio, lo credo anch’io) le modalità di fruizione e, a monte, la “mentalità” delle ultime generazioni di ascoltatori.

    Nel mio specifico caso (rappresentativo di nulla che non sia io stesso) costituisce un “incentivo”, e nell’accezione strettamente economica del termine: negli anni ho allargato il mio spettro di interessi e diversificato i miei gusti. Oggi spendo, se possibile, più soldi in dischi di prima, proprio perché la pratica di poter “assaggiare” un disco senza necessariamente acquistarlo mi ha affinato il palato. Prima, non ero interessato, chessò, al krautrock piuttosto che al reggae o alla musica etiope: i soldi bastavano appena alle uscite “irrinunciabili”. Oggi, in conclusione, vado a concerti cui il me stesso diciassettenne non sarebbe andato, e compro i cd ai banchetti del merchandising. E i dischi che mi fanno gola (e che non scarico, in attesa di potermene permettere l’acquisto) sono dieci volte tanti.

    Per concludere, credo che la fiumana del downloading avrebbe richiesto una battaglia culturale, da intraprendersi con spirito di autocritica e lungimiranza. L’industria discografica, al contrario, ha criminalizzato il fenomeno (intendando cause milionarie a sedicenni in fregola che scaricavano Britney Spears da Napster) e pensato esclusivamente a raschiare il fondo del barile, senza mettersi minimamente in discussione. Con il risultato paradossale che svariati artisti (interessatamente o meno, ipocritamente o meno) si rallegrano del furto del proprio lavoro. Il sospetto che emerge è che il fenomeno non solo sia molto sfaccettato, ma che in fin dei conti celasse addirittura alcune potenzialità che avrebbero potuto essere sfruttate e incanalate, con un minimo di onestà e di lungimiranza in più.

  17. Hank scrive:

    Ehm, “intenTando cause milionarie…”

  18. Pingback: Panoptikum « borguez

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