Mike Cooper
Rayon Hula

se passeggiando per le vie della città eterna ci si dovesse imbattere in un canuto e bizzarro signore che ha superato da poco la mezz’età, con occhiali da presbite, aria trasognata e l’inseparabile camicia hawaiana, lo si potrebbe facilmente confondere con un turista smarrito. ma se, puta caso, lo stesso signore avesse con sé una custodia per chitarra e dentro di essa riposasse il materiale  antico di una National Steel Reso-Phonic degli anni ’30, state pur certi di trovarvi di fronte al nostro uomo.
come un personaggio laterale di un romanzo di Burroughs, quell’uomo (e solamente lui) è in grado di consegnarvi il lasciapassare transgalattico per transumanare nell’universo sonoro parallelo di un pacifico lontano: pochi rintocchi di un gamelan immaginifico, l’impostazione reiterante di un pattern circolare sapientemente dosato assieme a field recordings oceanici, qualche disco rallentato e fatto marciare al contrario e dosati slide della chitarra di cui sopra. ghiaccio, ombrellino decorativo, seltz e l’exotica cocktail polinesiano è servito.
al secolo quell’uomo porta il nome di Mike Cooper, ma chiedere in giro non aiuterà assai. conviene forse raggiungere il suo sito su piattaforma mac (come non amarlo?) e ficcanasare nei meandri di una carriera lunga e trasversale per sua stessa natura. chitarrista, giornalista, sperimentatore, esploratore dei confini del suono moderno e collaboratore dei più diversi intelletti creativi del panorama delle altre musiche che affollano questo tempo. un’esaustiva e consapevole intervista in proposito, a cura di Daniele Cascella, è disponibile qui.

per molto tempo Mike Cooper ha usufruito dell’etichetta personale Hipshot per diffondere e pubblicare i suoi cd-r autoprodotti e assemblati di suo pugno, e il rischio che in molti abbiamo corso è che il passaparola carbonaro non giungesse a tutti i clandestini desiderosi di quei lasciapassare da argonauti. nel 2004 usciva in quel formato Rayon Hula: omaggio sentito e doveroso alla memoria e alla musica di Arthur Lyman, vibrafonista jazz hawaiano in forza alla grande orchestra di Martin Denny insieme al quale fondarono il suono lounge e il concetto di exotica.
ma il tributo Mike Cooper l’ha fatto da par suo, riprendendo i tanti dischi di Lyman e riproducendoli rallentati, stralciando loop e quelle sonorità in bilico fra il subacqueo e l’etereo. ad essi ha aggiunto field recordings ambientali e ornitologici carpiti nei suoi viaggi nel Pacifico (così come faceva Lyman nei dischi di Denny) e rielaborazioni chitarristiche della propria esperienza avanguardista. il rischio di pastiche pasticciato era dietro l’angolo, ma la misura e la concretezza di Cooper hanno prodotto un gioiello dondolante e cangiante come la copertina con la quale la ::Room40 ha voluto rivestire questa doverosa ristampa.

l’estratto video immobile e ipnotico restituisce l’onirico della suggestione e del suono suadente e sonnolento. un capolavoro misconosciuto che riemerge dalle acque turchesi dell’atollo, mescolando l’idea rinnovata di exotica, l’ecologia acustica e concreta di una sonorità ambientale e l’ipotesi del viaggio dentro una dilatazione. avrebbe gradito Burroughs, gradiranno i nostalgici del più celebre ammutinamento della marina inglese, e coloro che avrebbero voluto viaggiare verso le Marchesi assieme a Jacques Brel. Haloa!

Mike Cooper Rayon Hula

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12 risposte a Mike Cooper
Rayon Hula

  1. SigurRos82 scrive:

    Sei una miniera di piccole (e grandi) cose belle. Grazie 🙂

  2. arto scrive:

    imbattutomi per questi paraggi di recente, come in una gasolinera faccio il pieno di colonna sonora per questi mesi. Come non ringraziare.

  3. Lionel Essrog scrive:

    Grazie per la segnalazione:)
    Disco piacevolissimo.
    Ti segnalo anche l’ottimo “Truth in the Abstract Blues” uscito lo scorso anno per la nostra RaiTrade e registrato con Fabrizio Spera e la grande e misconosciuta Leila Adu…

    • borguez scrive:

      il disco è assai piacevolissimo (mi prendo la licenza ortografica) e possiede l’ampiezza immaginifica delle cose semplici.
      ho ascoltato più volte il disco che mi hai segnalato, nelle notti di Battiti e in streaming, e debbo confermare il tuo giudizio (ottimo).
      a questo punto non mi restano che due domande: quando dici “nostra” RaiTrade lo fai per un sentimento nazionale (suppongo)?
      e in più: il tuo pseudonimo è l’omaggio al detective? (di cui non sapevo nulla a dire il vero, ma google è lì apposta)

  4. Lionel Essrog scrive:

    Nostra in quanto italiana(anche se di “sentimento nazionale” in questo periodo ne ho ben poco.Anzi mi vergogno un bel pò)…
    Lionel Essrog è il protagonista di uno dei miei libri preferiti di Jonathan Lethem: “Brooklyn senza madre”(o “Testadipazzo” nella precedente edizione Tropea).
    A questo punto non trascurare Leila Adu…

  5. costantino spineti scrive:

    …Carenze di sentimentalismi nazionalpopolari, galoppanti sindromi di Tourette all’orizzonte apparire, la torbida Brooklin, giovani vedove e Uomini di Minna a fianco di Frank…Testadipazzo, gran bel libro!!

    Mike cooper e Leila Adu…

    Questo posto, carissimo borguez…è un posto meraviglioso!!

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