Ortometropolis/11 di Costantino Spineti

35 anni senza Pasolini. anni grevi appesantiti da quell’odierno spaventevole che lui stesso aveva inutilmente additato. Costantino Spineti ha voluto sottolineare una parte per il tutto. una sineddoche di bellezza e di rabbia.
a modo suo; buona lettura. (borguez)

 

Sinestesie

Dal Vangelo Secondo Pier Paolo

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Passione, Passione… Tanta Passione

La pittura del passato ha lo scopo di mettere in evidenza il presente, e di renderlo più “vero”. (Anonimo)

Forse non tutti guardando i film di Pier Paolo Pasolini si sono accorti di certe citazioni pittoriche che il regista amava fare, opere di Rosso Fiorentino, Mantegna, Giotto, Masaccio sono solo alcune di quelle che il regista inseriva nei suoi film. Pasolini nei suoi film eseguiva in realtà dei veri e propri tableaux vivants, giocando (forse) con il Sacro e con il Profano, come del resto ha fatto con la sua stessa vita. Trovo estremamente interessante la cura e la scrupolosità che Pasolini metteva nella ricerca dei colori, della luce, e nella scelta e nelle inquadrature dei volti, guardate qui in questa splendida riproduzione della Deposizione del Pontormo del 1526, decorazione della Cappella Capponi, custodita nella Chiesa di Santa Felicita a Firenze, dopo aver ironizzato coi figuranti usando un incredibile Orson Welles, come non trova il coraggio di far sentire la voce incazzata della Madonna… Sarà stata una forma di rispetto per la squallida Chiesa Cattolica? O in realtà li prendeva solo per il culo?

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=wWYSxBCootI]

E’ il tema della sacralità comunque a farla da padrone in queste rappresentazioni cinematografiche che reputo veramente troppo riduttivo chiamare semplicemente citazioni. Mi riferisco a quella sacralità che è presente in tutte le opere dei grandi Uomini, dei grandi Artisti, e dei grandi Intellettuali, di quegli uomini che con la loro vita hanno contribuito a migliorare l’umanità, a sviluppare l’intelligenza, a tracciare sentieri luminosi verso il progresso della vita di tutti Noi, e non a quella sacralità che la chiesa e le religioni hanno costruito “ad arte” per rimpinguare i loro forzieri, per forgiare individui passivi, nocivi, dediti solo al consumismo del “turbocapitalismo”, autentici vermi che vivono e si nutrono della merda che è il loro stesso universo, e dove saranno costretti a morire biologicamente.
Ma ora accomodatevi pure da questa parte Siòre e Siòri, ammirate pure qui in basso questa deliziosa e incantevole riproduzione della Deposizione dalla Croce di Rosso Fiorentino del 1521, pittore tra l’altro tra i miei preferiti del ‘500, insieme con Caravaggio tra i pittori più anarchici della storia della Pittura (ne riparleremo), che potrete ammirare dal vivo nella Pinacoteca Civica di Volterra. Godetevi pure questa gemma cinematografica, accompagnata dall’immancabile Scarlatti e dai sublimi versi del Pianto della Madonna dell’immenso Iacopone da Todi, uno dei più grandi Poeti del Medioevo autore di numerosi Laudi e …fate attenzione all’espressività dei volti!

…Figli della Smarrita …Figli della Sparita …Figli Attussecati!!

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…e poi …nella notte tra l’ 1 e il 2 Novembre del 1975, su una spiaggia all’idroscalo di Ostia, me l’hanno brutalmente massacrato di botte, ucciso a colpi di bastone e travolto con la sua stessa auto, me lo hanno ammazzato con inaudita ferocia. E vorrebbero farmi credere che sia stato Pino Pelosi, ragazzo di vita diciassettenne della periferia di Roma! Qualche mese fa, poi, quel grande bugiardo di Kossiga, è andato a concimare la terra per i vermi portandosi via con sé “anche” questo segreto, ed ora è rimasta una sola persona che può raccontare la verità. Giulietto er gobbetto. Forza Giuliè… Prima di schiattare… Sputa ‘sto rospo! Sputa er rospo Giuliè! Che tu sia Maledetto! Maledetto da Diooo!!

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6 risposte a Ortometropolis/11 di Costantino Spineti

  1. MIKE COOPER scrive:

    Caro Costantino – io sono in inghilterra in questo momento – do lontano il governo da Burlesquoni giorno dopo giorno sembre piu di una scena da Salo da nostro Pasolini – eh? Scusami mio pessimo italiano…:-))

  2. costantino scrive:

    Il tuo italiano, dear Mike, non è poi così peggiore del mio inglese!

    Quando vado all’estero, a volte, ho l’impressione di parlare come uno dei monaci de Il none della rosa di Umberto Eco! La cosa strana è che i miei interlocutori riescono a capirmi…e anche in Africa!!

    Ti riferisci a Salò o le 120 giornate, in effetti il Bunga Bunga fa pensare al girone delle manie del film di PPP, hai ragione! …C’è un particolare però, se ricordi bene il film, ad un certo punto si arriva al girone della merda…e ci siamo quasi!!

    See you soon my friend, and remember…quest’inverno dobbiamo andare a suonare in Romagna da borguez…so many people is waiting for you!

    Un saluto a te e a Maria, my dear.

    http://www.youtube.com/watch?v=oEL36h2k3uM&feature=fvst

  3. Jazz from Italy scrive:

    Che tenero che sei, Costantì, che in questo misero “orizzonte de monnezza” tenti di portare, con “disperata vitalità”, un pò di sacra bellezza ai nostri occhi…

    PPP, è uno dei miei grandi amori, lo sai, per cui me inviti a nozze.

    Pasolini, che si sarebbe dovuto laureare con Longhi a Bologna sulla pittura italiana moderna e che invece, per via della guerra, perse la tesi e si laureò successivamente sul Pascoli, esprime chiaramente le “radici del suo immaginario” con un gusto squisitamente figurativo e pittorico, anzichè esclusivamente cinematografico.

    Questo aspetto si ripercuote in tutta l’opera pasoliniana, dalle Poesie iconiche alla narrativa del reale, passando attraverso la contaminazione tra immagine visiva e scrittura, che è fumetto, che ha il suo massimo in “cosa sono le nuvole” ed il suo cinema corsaro “cosciente dell’aprirsi del reale sul dominio prossimo e sconfinato dell’immaginario”, fino ai bellissimi disegni a pastello di Pier Paolo, una sorta di “inevitabile pastiche” derivati più dall’incontro/scontro tra il suo mondo d’origine borghese (ritratti ed autoritratti) ed il mondo del sottoproletariato (rifiuto della forma accademica), da lui osservato, vissuto ed amato.

    “La Ricotta”, quarto episodio del film RoGoPaG, è altamente significativo di tutta “la storia sbagliata” che questo paese ha costruito intorno alla figura e all’opera di Pasolini.
    Il 1° marzo 1963, la proiezione al cinema Corso di Roma viene interrotta da un decreto firmato dal sostituto procuratore della Repubblica, Giuseppe Di Gennaro. L’incriminazione a carico di PPP parla di vilipendio alla religione di stato e chiama in causa le musiche sacre e le scene della Passione.
    Addirittura, per la prima volta, viene portata in un aula di tribunale una moviola voluta e manovrata dallo stesso magistrato che contesta: “al posto del dileggiato Dio degli altari e della tradizione cattolica, viene elevato il proletariato su cui solo suona la musica sacra del momento religioso del pasto, la musica del Dies Irae che annuncia, incompresa dal volgo ignorante, che il sottoproletariato è già il nuovo Cristo e che è prossimo il giorno del giudizio”.
    E ancora “perchè mai le due scene della Deposizione sono in colore ed il resto in bianco e nero? perchè mai il Cristo della Deposizione ha la fulva barba nazarena che gli incornicia il volto e il cristo della sequenza in bianco e nero non ha la barba? Ed ecco che d’improvviso, come un colpo allo stomaco, il volto di Cristo si scompone e sbotta in una risata sguaiata. Ebbene anche su questo irrompe musica profana d’un ballabile…”

    In sintesi, il 7 marzo 1963 la sentenza è: quattro mesi di reclusione con la condizionale.

    Nello specifico del tema da te trattato, caro fratello di stracci, ovvero la passione per la pittura, o la pittura della passione o…, è vero che lui stesso ha più volte affermato che “quello che io ho in testa come visione, come campo visivo, sono gli affreschi di Masaccio, di Giotto, che sono i pittori che amo di più, assieme a certi manieristi (per esempio il Pontormo), e non riesco a concepire immagini, paesaggi, composizioni di figure, al di fuori di questa mia iniziale passione pittorica, trecentesca, che ha l’uomo come centro di ogni prospettiva”, ma è evidente che la fascinazione di Pier Paolo Pasolini era per tutte le narrazioni segniche della realtà, sempre in bilico sulla dualità antico/moderno, sacro/profano, mascolino/femminino, come è evidente nella scena di “Accattone”, in cui Stella viene ripresa in mezzo a un mucchio di bottiglie, e che è un omaggio privato a Morandi, o ne “Il vangelo secondo Matteo”, dove nel volto del cristo si riflette la pittura di Georges Rouault.

    Sulla storia del Mantegna poi, tirata fuori dai critici sulla figura di Ettore vista di scorcio nel film “Mamma Roma”, Pasolini ha risposto pubblicamente su «Vie Nuove» nell’ottobre del 1962 :
    “Ma il Mantegna non centra affatto, affatto! Ah, Longhi, intervenga lei, spieghi lei, come non basta mettere una figura di scorcio e guardarla con le piante dei piedi in primo piano per parlare di influenza mantegnesca! Ma non hanno occhi questi critici? Non vedono che bianco e nero, così essenziali e fortemente chiaroscurati della cella grigia dove Ettore (canottiera bianca e faccia scura) è disteso sul letto di contenzione, richiama pittori vissuti ed operanti molti decenni prima del Mantegna? O che, se mai, si potrebbe parlare di un’assurda e squisita mistione tra Masaccio e Caravaggio?”

    In un’altra intervista, non ricordo più dove pubblicata, ma stralci sono riportati sul volume “Le regole di un’illusione” – Quaderni Ass. Pier Paolo Pasolini, 1991 – sempre in merito a “La ricotta”, il Poeta dice che le ricostruzioni dei tableaux vivants di Rosso Fiorentino e del Pontormo, volute da Orson Welles che impersona il regista, sono quello che lui non avrebbe mai fatto nel suo film sul vangelo. In altre parole, Welles, che non rappresenta Pasolini, o al limite solo una sua caricatura, pensa al suo film in chiave estetizzante e formalistica, attraverso la ricostruzione di quegli splendidi quadri, rappresentazione poco sincera invece per la poetica di Pasolini, che preferisce innalzare la realtà del santo Stracci come contraltare al cinema di maniera.
    “La faccia di antico camuso che Giotto vide contro tufi e ruderi castrensi, i fianchi rotondi che Masaccio chiaroscurò come un panettiere una sacra pagnotta”

    Insomma, se per PPP il cinema era “la lingua scritta della realtà”, la realtà era “un cinema in natura” e la pittura non poteva che vivere delle stesse forme, come lui stesso spiega nel capitolo 6 della sceneggiatura de “La Ricotta”, ripubblicato nel volume “Alì dagli occhi azzurri” Garzanti 1965

    “Pànfete, un’altra volta – a stacco netto – la deposizione del Pontormo a colori, coi colori che sfolgorano in pieno petto. Colori? Chiamali colori…
    Non so… Se prendete dei papaveri, lasciati nella luce del sole d’un pomeriggio melanconico, quando tutto tace (perchè mai nessuna donna cantò alle tre del pomeriggio), se li prendete e li pestate, ecco, ne viene fuori un succo che si secca subito; ebbene, annacquatelo un pò, su una tela bianca di bucato, e dite ad un bambino di passare un dito umido su quel liquido: al centro della ditata verrà fuori un rosso pallido pallido, quasi rosa, ma splendido per il candore di bucato che cià sotto; e agli orli delle ditate si raccoglierà un filo di rosso violento e prezioso, appena appena sbiadito; si asciugherà subito, diventerà opaco, come sopra una mano di calce… Ma proprio in quello sbiadirsi cartaceo conserverà, morto, il suo vivo rossore. Questo per il rosso.
    Il verde…
    Il verde è l’azzurro delle foglie dei vasconi…
    Di sera, quando le campane suonano e le donne cantano sulle soglie. E, nella pace gentilizia del giardino, scende la notte come l’ombra di un temporale: le foglie stanno immobili sotto il pelo dell’acqua e si fanno sempre più azzurre, finchè diventano verdi. Ma è verde o azzurro? Così si sono vestiti certi soldati crudeli, nei secoli. Lanzichenecchi o SS: e se ne sono andati a riempire gli ossari del mondo col ricordo del colore di quel loro panno – perduto nei crepuscoli di temporale. Ma accanto all’azzurro che si fa verde nelle vene e nel velluto delle foglie d’acqua, resta il verde vero: quello rozzo dell’erba medica, macchiato solo dal bruno della terra leggermente fangosa. C’è anche questo verde.
    E il bruno: quello marroncino del fango, tramortito. E quello che, per interno furore, per gelo, si fa viola, nell’arco della volta del fondo.
    E un secondo rosso: mosto tenue tenue, o fragole morte: sempre spremuti, mosto o fragole, su candida carta di pergamena, o lino di bucato, poi schiacciati col dito, sì che il liquido si spande tutto sugli orli, intenso e nel centro resta un pallore, un vuoto, un nulla carico di qualcosa che fu rosso, ed è: ma come spettro fragrante….”

    e continua il Poeta, “girando per la Tuscolana come un pazzo, per l’Appia come un cane senza padrone” nella sua visione di realtà fatta di immagini, nel suo mondo immaginario, fatto di gente vera…
    In pochi l’hanno capito, povero Pasolini, e quante volte lo hanno ammazzato.

  4. Jazz from Italy scrive:

    [youtube=http://www.youtube.com/watch?v=WsSX-e4ldXc&fs=1&hl=it_IT&rel=0&color1=0x2b405b&color2=0x6b8ab6]

  5. Jazz from Italy scrive:

    oi borgz, “l’orizzonte de monnezza” è ‘stò panorama fatto de nani omofobi & pedofili, lacchè che fanno a incularella col golfino di cachemire rosa sulle spalle, superenalotti bilionari, politici col vizietto, giornalisti sudditi, calciatori miliardari, parlamentari di latta ed un immenso gregge di automi senza palle, né dignità.

    a volte ho l’insano desiderio di leggere di un attentato, di un pacco bomba o di un Poeta ammazzato, piuttosto che de ‘stò squallido piattume.

    niente a che vedere con “chez toi”, ovvio!

    “che io possa esser dannato
    se non ti amo
    E se così non fosse
    non capirei più niente…”

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