Ortometropolis/8 di Costantino Spineti

guai a chi si fosse dimenticato di Costantino Spineti! altre, ed esotiche faccende, lo hanno affaccendato e tenuto lontano dal blog, ma (altri) guai a pensarlo azzittito. tutt’altro. il suo procedere ed insinuarsi si è fatto vieppiù tortuoso e sotterraneo. le materie e le questioni di questo blog divengono per lui spunti e pindariche riflessioni in cui frulla e smonta (per restituirle sottosopra) le idee e i suoni di cui vado parlando. è l’inviato speciale nella capitale (urbi et orbi, in realtà) in grado di raggiungere appuntamenti e incroci per altri difficilmente raggiungibili. e da lì raccontarli da par suo. così lo spunto relativo al caro Mike Cooper diviene per lui una riflessione ben più profonda che dal pacifico porta assai più lontano, fino a raggiungere il Pigneto e il suo più illustre narratore. (borguez)

Mike Cooper/Bellatalla/Spera live@Fanfulla

Slamm! Fa la porta del bar, mentre frettolosamente esce col suo impermeabile beige, i suoi occhialoni da vista e quei capelli che sembrano pettinati con uno schiaffone.
Roma, Pigneto, Via Fanfulla da Lodi, Bar Necci, sedia centrale del secondo tavolo. Qualche volta triplappì l’ha chiamato Bar de la cortellata, da non confondersi con quello che sta a Pietralata, quello fa parte di un’altra storia.
Provo un certo imbarazzo a star seduto proprio qui, sulla stessa sedia dove Lui scrisse il suo primo film da regista: Accattone. Esattamente cinquantanni fa.
Oggi il Pigneto è cambiato, non è più “la corona di spine che cinge la città di Dio”, oggi al Pigneto un monolocale costa 900 euro al mese in affitto o 5000 euro il metroquadrato. Anche gli Accattoni sono cambiati, oggi girano a bordo di piccole automobili che tutti si ostinano a chiamare Smart, indossano piumini neri lucidi che mi fanno ricordare i sacchi dell’immondizia, hanno sopracciglia modellate come mongoli della dinastia dei Ming, e portano occhiali da sole giganteschi, anche di sera, quasi sempre con la montatura bianca.

– Portami un Fernet doppio con due cubetti di ghiaccio a parte, mezzo limone e due pacchetti di sigarette per favore Maddalè. Ma che hai visto Pier Paolo?
Chi??
Come chi?
A Costantì, ma a te te và sempre de scherzà… Beato a te!!

La saluto con un ghigno pregustando il Fernet.
Ma ecco che arriva l’uomo che aspettavo, il grande e prezioso cameraman Valerio Baffidifildiferro, un uomo carico di provvidenza, un uomo che stimo, e a cui voglio bene.
Bene, siamo pronti. Andiamo al Fanfulla, andiamo a filmare il concerto di quell’eccentrico, esploratore visionario chitarrista che risponde al nome di Mike Cooper con Roberto Bellatalla al contrabbasso e Fabrizio Spera alla batteria. Peccato per Leila Adu… Non c’è!! Voci alquanto indiscrete mi hanno riferito che tra lei e Fabrizio Spera è finita… e non solo artisticamente!

Al Fanfulla non si paga il biglietto, è un’Associazone Culturale, si fa la tessera Arci che vale un anno… eppoi ci si consuma!!
Entro carico di aspettative, voglio annusare l’odore del blues rurale del grano appena trebbiato del Texas, ma voglio anche perdermi nelle sfumature azzurro-verdi dell’acquamarina all’estremo Sud dell’Oceano Pacifico, a uno come Mike Cooper, si può chiedere anche questo!!
E infatti gliel’ho chiesto. L’ho incontrato al bancone del bar al quale sornione mi ero recato per fare rifornimento, e lui se ne stava seduto dentro una delle sue camice hawaiane con un berretto con la visiera a sorseggiare una birra parlottando con Spera. Alla mia affermazione mi ha guardato fisso diventando improvvisamente serio, poi mi ha sorriso… quel sorriso la sapeva veramente lunga!!L’espressione e la luce che erano nei suoi occhi mi hanno improvvisamente fatto ritornare alla mente un altro bizzarro signore, l’indimenticabile clarinettista Anthony Joseph Sciacca, al quale invece chiedevo, una quindicina di anni orsono, di farmi annusare l’odore dei divanetti del Minton’s mischiato col mercato della Vucciria di Palermo.
Eppoi improvvisamente, tra un sorso e un altro di Salice Salentino, è iniziato il concerto. Bellatalla ha iniziato a pizzicare il suo contrabbasso con fare furtivo, Spera a rullare la grancassa e a “giocare” con i suoi accessori dandomi una gradevole sensazione di luce sonora, Mike ha appoggiato la sua slide su un tavolinetto iniziandola a solleticare, profondendola elettricamente per tutta l’aere, senza mai smettere di far partire dei loop che avevano un fortissimo retrogusto di field recordings.
Truth in the Abstract Blues
, è un lavoro molto ambizioso, innestare l’Astrattismo all’interno delle ferree regole delle dodici battute non è cosa da poco, specialmente se si decide di pescare nel repertorio di Signori del calibro di Skip James, Robert Johnson, J.B.Lenoir o Blind Boy Fueller.
Nel 1961, Oliver Nelson incise Blues and the Abstract Truth facendo suonare insieme Bill Evans, Freddie Hubbard ed Eric Dolphy, il risultato è rappresentato da gemme preziose come Stolen Moments, che ritmando in 16 misure riesce a trasmettere dei veri miracoli di semplificazione armonica.
Il lavoro di Cooper è però qualcosa di diverso, a mio avviso è molto più astratto, fauve e cubista insieme, i suoi intensi colori e le diverse angolazioni, mi fanno venire in mente dei versi del mio Avvocato preferito… Il mio viso s’intontiva, davanti al tuo parlare difficile… C’era da indossare subito, una camicia hawaiana… E sventolare contento… davanti a un cielo primitivo (Blue Hawai, Paolo Conte). Alla fine del concerto, il mio amico Gianluca Diana, conduttore di Mojo Station mi ha promesso a breve un’intervista a Mike Cooper, ho già allertato il mio cameraman Valerio Baffidifildiferro, ora non mi resta che indossare subito…una camicia hawaiana anche a me!!

Poi, una volta uscito fuori, dopo aver abbracciato e ringraziato il preziosissimo Baffidifildiferro, ricordandogli di salutarmi la Sora Bice, lungo Via Fanfulla da Lodi di nuovo Lui: stavolta correva trafelato reggendosi l’impermeabile beige coi suoi occhialoni e i capelli svolazzanti. Non ho resistito, ho avvicinato le mani alla bocca a cucchiarella, e ho gridato: “Pierpaolooo… Ma ‘ndo vaii?” “Viaaa… Vado viaaaa!” Ha urlato da lontano Lui, correndo verso la Casilina, oltre la ferrovia, verso il Mandrione.
L’aria si fa più dolce qui a Roma, anche di notte, la primavera bussa alle porte. A meno di due isolati da qui abita una meravigliosa profumatissima pansè dal nome Sara che ho conosciuto dieci giorni fa e per la quale sto sconsideratamente svendendo innumerevoli tonnellate di banane. Deve aver chiuso le finestre della sua camera da letto proprio in questo istante. Se allargo le braccia e chiudo gli occhi… Aulisco i suoi feromoni… Domani la chiamo! Le devo assolutamente parlare!

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0 risposte a Ortometropolis/8 di Costantino Spineti

  1. Pakal scrive:

    Ammazzate Costanti’ ..quanta poesia “secerni”!
    aspetto con trepidazione di conoscere l’ esotiche vicissitudini che t’hanno ammutolito due trimestri… quasi!
    bella la foto del bar ..veramente irriconoscibile oggi!
    forse per questo P.P.P. t’ ha detto: “Vado via!”
    P.S. “Vacce piano con i feromoni!!”

  2. Pakal scrive:

    P.S. Pakal from Cinecitta’!
    Saludos.. nos veemos pronto!

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