Pentangle The Time Has Come

neppure il tempo di amareggiarsi più di tanto per un concerto che non ha fatto altro che confermare un vago sentore percepito, ed ecco giungere una cornucopia di meraviglia ad addolcire il fiele e a riallargare qualsivoglia prospettiva.
ma procediamo con ordine: avrei voluto parlare (eccome se avrei) in questo spazio del concerto di Ivano Fossati al Teatro delle Celebrazioni di Bologna. giovedì 6 novembre scorso. avrei voluto, ma non lo farò perché mi sono tacitamente ripromesso di non marcare questo spazio con critiche negative o inchiostri amari. l’impressione percepita dall’ultimo disco è purtroppo confermata. una direzione creativa e sonora che disapprovo, una leggerezza che purtroppo non assomiglia alla semplicità, o almeno così come io la penso. non mi dilungherò e risponderò solo se interrogato (eventualmente) e, come sempre, preferisco tenermi ciò che mi allieta e trascurare ciò che amareggia.

ed è anche per questo che prestamente giungo a parlare d’altro, e in particolare di questi 5 signori qui sopra, a cui tanta delizia debbo e liete ed indelebili memorie.
giungo a loro perché è uscito un cofanetto “antologico” (si dice così?) che ripercorre sei anni straordinari (1967-1973) della carriera di questo dream team (mi sia concesso!).
Bert Jansch, John Renbourn, Danny Thompson, Terry Cox e Jacqui McShee. Pentangle, appunto!
il folk britannico, il jazz-folk assieme al blues e la riscoperta di antiche radici che partite dalla terra d’Albione hanno svernato oltreoceano e alla casa natìa sono al fin tornate. una competenza ed un crogiuolo di abilità difficilmente riscontrabili altrove. un simposio di eccellenza. basterebbero quei due chitarristi a fare grande qualsivoglia ensemble. Bert Jansch e John Renbourn e la loro e la nostra reciproca fortuna che li ha fatti incontrare, che ci ha fatto incontrare. e poi Danny Thompson straordinario contrabbasso dalla magia acustica e Terry Cox con quella sua percussività aggraziata. la voce di Jacqui McShee a benedire questo connubio con quel timbro ancestrale e perfettamente britannico.

questi erano (e sono) i Pentangle. per troppo tempo distrattamente accantonati dai più ed ora, in tempi di fashion folk, ritrovati. e credo sia giusto restituire ai Pentangle ciò che ai Pentangle appartiene. ossia la primogenitura e l’eccellenza di un genere e la sua massima espressione. niente più suonerà così dopo di loro, a parer mio.
e questo quadruplo che raccoglie inediti, lives e alternate takes, e che racchiude il periodo splendido della band, ne è la più vivida testimonianza. impossibile per me blaterare oltre e tentare di carpire tanta bellezza che mi ammutolisce e mi fa taciturno. lascio ad altri ulteriori delucidazioni (in italiano o in english), e indico, come sempre, la via più rapid(share) per ascoltare questo splendore…qui, quo e qua!

ma per concludere mi voglio regalare una duplice versione di una delle canzoni che più amo. quella Light Flight così profondamente conficcata nella mia memoria e nelle mie emozioni, indelebile e instancabile nel continuare a rapirmi…

[youtube=http://it.youtube.com/watch?v=d9gCN9-Jnfg]

e poi sorridere nel considerare che le rughe, la calvizie e l’autunno canuto nulla possono contro la bellezza, che non sfiorisce…

[youtube=http://it.youtube.com/watch?v=F4WZhEkio5o&feature=related]

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0 risposte a Pentangle The Time Has Come

  1. hrudi v. bakshi scrive:

    già! bellissima light flight.
    bello possedere i vinili gracchianti!
    …però magari qui quo qua ce li portiamo in giro!

  2. borguez scrive:

    direi… perfetta sintesi!
    curioso constatare che la musica che si acoltava, e che ci pareva tremendamente bella, sia effettivamente ancora tale!

    lapalissiano? contorto? vabbè…ci siamo capiti!

  3. davide scrive:

    borguez.. mi tocchi il cuore qui, e non te lo permetto!!!! 🙂
    “per troppo tempo distrattamente accantonati dai più ed ora, in tempi di fashion folk, ritrovati. e credo sia giusto restituire ai Pentangle ciò che ai Pentangle appartiene. ossia la primogenitura e l’eccellenza di un genere e la sua massima espressione. niente più suonerà così dopo di loro, a parer mio.”

    e pure a parer mio. loro 5 sono l’eccellenza… amen.

    e mi permetto e mi autocito, persino… se serve a consegnar loro il giusto tributo!
    ..a proposito del loro capolavoro, l’omonimo d’esordio del 1968 in tempi poco sospetti questo scrivevo:
    Cinque ragazzi poco più che -allora- ventenni che esordiscono con questo lavoro che è la sintesi personale, unica e magistrale, e magistralmente eseguita, di blues, country-blues, folk di matrice celtica e specialmente jazz, il cui elemento contaminativo pervade la sezione ritmica (formata dal percussionista e batterista Terry Cox e dal contrabassista Danny Thompson, entrambi di chiara formazione jazz) con cambi di tempo improvvisi, iperbolici, sempre sostenuti dalla tecnica funanbolica e barocca di due chitarristi tra i migliori mai scesi sul pianeta Terra (John Renbourn e Bert Jansch, già “Bert & John” album che in qualche modo aveva gettato le fondamenta per i Pentangle a venire), e dalla voce magicamente fluente e nordica -come venisse da un paese o un pianeta lontano- di una giovanissima Jacqui McShee, per un risultato complessivo veramente spaventoso: per avere un’idea immaginarsi un rito druidico celebrato della verde brughiera irlandese ma messo in musica da Mingus!

  4. borguez scrive:

    eh già davide!!!
    chapeaux! direbbero i francesi!

    hai ragione da vendere! sono lieto di condividere questa passione con te!

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