Rabih Abou-Khalil Songs For Sad Women

oggi qua fuori pare ci sia solo nebbia.
è un buon tempo per viaggiare restando dietro le finestre e immaginando il possibile paesaggio che la nebbia nasconde. Emilio Salgari era un viaggiatore da scrivania, da pantofole, da poltrona. ambientò i suoi romanzi e le sue avventure in luoghi che non visitò mai. allo stesso modo e per altre vie ricorro allo stesso stratagemma. da questa sponda del mediterraneo la parte mediorentiale appare lontana, distante. eppure un gioco di correnti e moli, attracchi e viaggiatori deve aver creato una fitta rete di attinenze e ritorni oramai inestricabile.

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Rabih Abou-Khalil è un virtuoso dell’oud, antico liuto arabo. libanese di nascita e cosmopolita per vocazione. le sue collaborazioni hanno spaziato dal jazz alle avanguardie, passando per classica e rigida vocazione tradizionalista del suo paese. e forse proprio da questo suo avvicinarsi alle culture musicali europee nasce una musica che alla sua terra fa ritorno, ma dopo un pellegrinaggio fra i territori dell’improvvisazione e della composizione armonica d’avanguardia.

Songs For Sad Women (una menzione particolare al titolo) esce per l’etichetta tedesca Enja. 7 composizioni originali (dai titoli anch’essi curiosi) scritte da Abou-Khalil e impreziosite dalla presenza di due strumenti quantomeno inusuali. il duduk (antico oboe tradizionale armeno) suonato dal maestro Gevorg Dabaghyan e dal serpent (strumento ad ancia del periodo medievale) di Michel Godard dal suono sinceramente ancestrale e misterioso. Jarrod Cagwin alle percussioni.

viaggi immaginati dunque. ipotesi di tepori e vapori, di lontananze da coprire nello spazio privato di un ascolto, di un’ambiente oscurato di luce. si diceva della possibilità di vedere oltre una nebbia che ottunde e che ridisegna la superficie del paesaggio. oggi è un giorno perfetto per allontanarsi fra la coltre di acqua e anice, in viaggio dentro la bottiglia d’orzata verso un suono e una suggestione densa.

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0 risposte a Rabih Abou-Khalil Songs For Sad Women

  1. hrudi v. bakshi scrive:

    qualche suo cd con copertine monocromatiche nere, blu, o vinaccia e strani “disegni” formati da scritte arabe, li comprai tempo fa.
    Questa musica magari mi folgora come capitò ad esempio con Zakir Hussain,
    ma per brevi periodi! non ho un ascolto costante come per altre cose.

  2. diego scrive:

    (out of topic mode: ON)

    Well, non leggo le riviste di moda e apprendo qui del nuovo Nick Cave & the Bad Seeds.
    E’ per me un’eccitante notizia!

  3. borguez scrive:

    …prima di eccitarti, caro Diego, ascoltalo!

  4. borguez scrive:

    folgorazioni per brevi periodi, caro Hrudi, molto bene…
    continuare così!

  5. borguez scrive:

    mi sembra di rispondere alla rubrica delle lettere dei settimanali femminili…
    molto bene, continuare così!

  6. diego scrive:

    ho un ritardo di 2 settimane, dovrei preoccuparmi?

  7. Hank scrive:

    “…prima di eccitarti, caro Diego, ascoltalo!”

    Intendi dire che è brutto? Spiacerebbe, già “Grinderman” non è che mi abbia proprio steso… O che l’eccitazione per la notizia è niente rispetto a quel che ci attende all’ascolto?

    (out of topic mode: OFF)

  8. borguez scrive:

    diciamo che ci vorrebbe un’edizione speciale del pulpito per affrontare doverosamente l’argomento. preferirei non occuparmene personalmente.
    il Cave pare stracco, scalpitando su stessi sandali, medesime piste.
    se debbo essere sincero… forse un poco meglio di Grinderman, questo sì!
    ma i prossimi giorni proporranno responsi ulteriori…

    da Cave ed Ellis oramai ci si attende l’eccellenza o un onorato silenzio.
    entrambi paiono assai ardui.
    fatemi sapere….

  9. diego scrive:

    Premesso che devo ancora ascoltare…
    “da Cave ed Ellis oramai ci si attende l’eccellenza o un onorato silenzio”
    lo trovo eccessivamente severo.
    Se la mettiamo così sai quanti onorati silenzi, dai Rolling Stones in giù, gioverebbero all’umanità!

    No, non mi attendo questo. Me lo augurerei in certi casi ma non in questo.
    Al quattordicesimo album non ho la presunzione che si torni all’eccellenza ma mi accontento di gustare nuovi percorsi. comunque mai battuti. comunque mai banali.

    E mai disdegnerei inoltre di rivedere Cave et. al. dal vivo, perchè è sempre un’esperienza che non esiterei a definire… esaltante!

  10. Hank scrive:

    Sono completamente d’accordo a metà (op. cit.) con Diego. Nel senso che sottoscrivo ogni singola sillaba, eppure non riesco a venirci a patti fino in fondo. Non posso evitare di intristirmi enormemente quando un album di Tom Waits, Neil Young o Nick Cave non mi entusiasma. Loro non possono semplicemente piaciucchiarmi. Lo interpreto come un sintomo di invecchiamento (mio, non loro), con il cinismo e la difficoltà ad entusiasmarsi che ne conseguono. E per ripicca divento acido, e auspico (a loro, ovviamente) immediato pensionamento e ricovero coatto in ospizio. Il bello di arabi, etiopi, maliani etc. (mode out of topic: OFF, at last; e grazie Borguez per le consuete, preziose dritte) è che non li si è ascoltati in gioventù.

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