Ryan Francesconi
Parables

la stagione è propizia per questo disco di Ryan Francesconi che arriva senza clamore e di soppiatto. per chi è avvezzo a questi suoni, e ne fa rifugio per tutti i mesi dell’anno, poco importerà del fattore climatico che bussa fuori dai vetri. per tutti gli altri è invece propizio e assai idoneo accompagnare lane e bevande fumanti a queste otto composizioni preziose come incunaboli.

spero che il nome speso, quello di Francesconi,  non giunga completamente nuovo: il ragazzo statunitense (1974) ha legato i suoi ultimi impegni al sostenimento della Ys Street Band e più di recente alla realizzazione (e magniloquente produzione) di quel Have One On Me che impegnerà i nostri prossimi anni per poterlo abbracciare e, al fine, penetrare appieno.
Joanna Newsom è il nome che in effetti dovrebbe saltare in mente, ma più in particolare dovrebbe acuirsi l’interesse per l’artefice di quelle trame sottese al triplo album che monopolizzerà le classifiche di fine anno (e degli anni a venire, aggiungerei).

Parables esce per la stessa Drag City della quale la Newson e altri alfieri assai noti rappresentano le punte di diamante, e, per certi versi, potrebbe constare nel taccuino di appunti del quale si è servito il nostro per disegnare le architetture che sostengono quel triplo prisma che è l’ultimo lavoro della fascinosa donzella. acustica in essenza ed in purezza registrata in presa diretta, senza sovraincisioni e senza “inganni”. accordature aperte, diteggiature astruse ed una tavolozza che prescinde assai dalla tradizione folclorica puramente americana: abbandonate le contaminazioni post-rock e le frequentazioni ambientali minimalistiche dei primi dischi con l’acronimo RF, il nostro si abbandonato agli spifferi balcani e allo studio di barocche tablature per liuto, qualche tocco di folk jazz e tanta lungimiranza che verrà ponderata coscientemente negli ulteriori ascolti.
ne esce un lavoro difficilmente inquadrabile e che a tratti mi fa banalmente pensare ad un amato giovanotto di Tanworth-in-Arden, ma non è giusto ridurre il tutto a questo solamente. rubo così le parole della stessa Newsom che ha tentato di raccogliere note e pensieri in questa sua considerazione:

“Ryan Francesconi is one of the most awe-inspiring musicians I’ve known. On “Parables,” he distills his many realms of artistry […] into a beautifully minimalist, poetic, intricate, emotionally realized study of themes, variations, organic counterpoint, and such devastating forays into fractal-metric out-lands that it is nearly impossible to believe he’s picking those strings with just one hand. This is solo music that sounds like an ensemble, an ecstatic and measured reconciliation of West African / Balkan / Baroque / bluegrass influences, which ultimately resembles nothing I know.”

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=22YAt56w5eM&feature=related]

che lo si ami o meno l’autunno è qui: affrontarlo con questo disco potrà sembrare meno gramo o apprezzarlo davvero per ciò che è.

Questa voce è stata pubblicata in 2010. Contrassegna il permalink.

8 risposte a Ryan Francesconi
Parables

  1. birdantony scrive:

    dopo questa presentazione non potrei esimermi nemmeno se volessi..

  2. SigurRos82 scrive:

    Ho proprio pensato ad Alex, in effetti, leggendo il post del padrone di casa 🙂

    Raccomandato da borguez e da Joanna, qui scatta il click, per forza 😛

    • borguez scrive:

      nel bel mezzo di una montagna di dischi “chitarristici” si rischia di fare di tutte le erbe un fascio. sarebbe sbagliato.
      Francesconi porta il discorso altrove senza sapere esattamente dove. e già per questo merita quell’attenzione doverosa. disco complicato, ostico, malgrado la veste nuda.

  3. Anonimo scrive:

    Che sorpresa, Mr. Borguez.
    Mi sono imbattuto in Francesconi nel 2006, un bel disco.
    Ci avevo scritto anche una paginetta: http://www.debaser.it/recensionidb/ID_11981/Ryan_Francesconi_Views_Of_Distant_Towns.htm

    Non sapevo di questo nuovo, da quel che scrivi parrebbe piuttosto diverso da quello…

    Grazie mille

    odradek

    • borguez scrive:

      sì, il nostro ha decisamente spogliato il suo armamentario per approdare a quella nudità acustica che ben evidenzia l’acume melodico (e armonico) delle sue ispirazioni.
      diciamo che è maturato (si può dire?), o forse che ha preso il coraggio di suonare ciò che pare amare di più.
      concordo con le parole che scrivesti allora e, se tu ne avessi in proposito a quest’ultimo, sarei curioso di leggerne altre.
      a presto

  4. Pingback: Ryan Francesconi & Mirabai Peart Road To Palios | borguez

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