Salah el-Ouergli
Stambeli: The Legacy of the Black Tunisians

continua imperterrito ed inarrestabile il mio percorso di allontanamento da tutti quei suoni (presunti) moderni che affollano riviste, blog e radio (le poche rimaste) di questa decadente civiltà occidentale. ne vado parlando da tempo con quei pochi amici che condividono con me questa idiosincrasia non facendo altro che rafforzare (e riaffermare) questo sentimento di stanchezza e fuga.
sorge a questo punto il problema di quale sia la direzione da prendere per affrancarsi vieppiù da questi suoni stantìi ed identici a se stessi, e l’imbarazzo della scelta gratifica la decisione presa: c’è il tempo che consente scorribande nel passato che assomiglia ad un futuro intrapreso a rovescio oppure ci sono lo spazio ed i luoghi di questo globo terracqueo (per fortuna) non ancora completamente infestato dall’occidente sonoro.
è così che raggiungere la Tunisia (musicalmente parlando) è il mio minimo tributo ad una nazione che ha dato pochi mesi or sono una lezione di libertà e civiltà all’occidente tutto; poterlo fare con un disco che riafferma l’eredità nera all’interno della cultura tunisina è un privilegio ed una delizia maggiore.

Stambeli: L’héritage des Noirs de Tunisie (o The Legacy of the Black Tunisians) è l’operazione colta, profonda e necessaria intrapresa dell’etnomusicologo Richard C. Jankowsky all’interno della dell’eredità nera che, attraverso migrazioni di genti (e schiavi), ha spinto una parte della cultura sub-sahariana a fondersi e a creare una commistione con la tradizione sonora e culturale tunisina. per Stambeli si intende quel complesso di suoni e tradizioni che accompagnano le cerimonie ed i rituali di trance e di possessione. non siamo lontani dal Diwan algerino o dalla tradizione Gnawa marocchina, ma non mi permetto di semplificare ciò che per sua natura è assai più complesso delle mie scorciatoie.
Salah el-Ouergli ed il suo ensemble sono di questa tradizione i più emeriti rappresentanti: il canto accompagnato dal guembri e dalle nacchere metalliche (qaraqab o shaqshaqa) fanno da tappeto sonoro ipnotico alla danza ed alle cerimonie producendo un impasto sonoro febbrile e contagioso.

l’operazione editoriale a cura della parigina Par Les Chemin prevede un lussureggiante libretto di 48 pagine che la mia copia (ahimè acquistata digitalmente) non mi consente di annusare compiutamente. io rimanderei a quell’edizione coloro che si sono incuriositi a sufficienza o al libro curato dall’etnomusicologo responsabile del progetto.
il mio, al solito, è un suggerimento d’ascolto che ha come primo destinatario lo stesso curioso (insoddisfatto) che sta scrivendo queste righe. ma se la suggestione trova compagni d’ascolto e di allontanamento il gradimento è lieto e condiviso.
buon viaggio.

Questa voce è stata pubblicata in 2011. Contrassegna il permalink.

8 risposte a Salah el-Ouergli
Stambeli: The Legacy of the Black Tunisians

  1. SigurRos82 scrive:

    Curiosi e insoddisfatti: presente! 😛

    Grazie come al solito borguez 🙂

  2. mela... scrive:

    Spero di aver capito (con il prezioso aiuto del traduttore di google e comuni radici latine della lingua italiana e spagnola).

    Sono totalmente d’accordo con voi sul “ordinarietà” (anti-aggiornamento) di musica di successo nel secolo XXI (e parte del XX). Non so se l’obiettivo in questa battaglia per la bellezza e autenticità sono le nostre (e dimenticate) radici, ma l’Africa ci dà lezioni ogni giorno di come preservare tradizione e modernità in un confortevole attraente anche per le nostre orecchie occidentali.

    L’album più ho amato molto. E ‘fantastico.

    Grazie Borguez!
    Continueremo cercando la bellezza!

    (Se qualcosa non è capito, la colpa del traduttore di google)

  3. SigurRos82 scrive:

    Grande Mela! 🙂

    Questo disco è da pura, immediata trance. Estatico, fantastico!

  4. borguez scrive:

    beh, grazie a Mela e a SigurRos82 sodali compagni di questa “crociata” a rovescio in cui i mori vanno a conquistare lo stanco mondo occidentale.

    Continueremo cercando la bellezza! non so se sia frutto del traduttore di google o direttamente dalla penna di Mela, in ogni caso faccio mio questo motto di speranza e curiosità.

    p.s. la trance è assicurata e gli inserti di registrazioni sul campo rendono il disco uno splendido taccuino di viaggio.

  5. Luca Defi scrive:

    Grazie borguez, ancora una perla, ancora una strada da esplorare. Mi permetto di contribuire segnalandoti “staring into the sun” un viaggio tra possessioni e cerimonie di 13 tribù del corno d’africa. Si tratta di un documentario di olivia wiyatt accompagnato da un cd di field recordings uscito su sublime frequencies.
    Grazie ancora
    Luc

    • borguez scrive:

      grazie Luca,
      questo è esattamente ciò che amo ricevere, parafrasando e rovesciando il motto di un celebre socialista morto un paio di millenni or sono: “fare agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te”.
      mi metto immediatamente alla ricerca di questa leccornia che in sole 4 righe mi ha già procurato salivazione e immensa curiosità.
      grazie davvero della tua attenzione e della tua segnalazione,
      a presto

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