Shanghai Lounge Divas 上海絕世紅伶

Non tutti i mali vengono per nuocere… recita un antico adagio popolare!
e in effetti, in questo caso, non si può che concordare. la vicenda è più o meno questa: qualcuno ricorda i tempi (per fortuna passati e trascorsi) in cui imperversava la Buddha Bar mania? il lounge stupido e l’altrettanto idiota chill out? per non parlare dell’ethno beat! Allah ce ne scampi! si era più o meno a cavallo del millennio in contemporanea con l’altrettanto orrenda new age (di quante nefandezze per fortuna ci si dimentica)! ora, sempre se Allah vuole, è tutto finito (salvo orribili strascichi)! quella visione globalizzante, appiattente e avvilente dei suoni del mondo è storia passata. niente di più dannoso e controproducente per una reale visione etnomusicologica e coerente delle innumerevoli realtà sonore del globo. l’idea di riportare ogni peculiare suono tradizionale del pianeta (e l’infinita cultura che esso trasporta) ad un beat addomesticato, buono per accompagnare cocktails pacchiani e far gigioneggiare corpi abbronzati e siliconati è qualcosa che, nella mia umile visione del mondo, trova spazio fra razzismo e fascismo!
in quel marasma di edizioni sonore provarono a far soldi un po’ tutti! la EMI ebbe un’idea abbastanza originale e tentò di cavalcare l’onda idiota! si inventò (mi sia concesso il beneficio del dubbio) la storia di un ritrovamento di vecchie incisioni sonore sopravvisute all’epuramento della Grande Rivoluzione Culturale Proletaria di Mao Zedong (sto parlando di Cina ovviamente). il ritrovamento avvenne a Mumbay, India (?!?). due enormi scatoloni zeppi di lacche originali dei 78 giri che fecero la gloria di Shanghai fra gli anni ’20 e i ’40. l’etichetta responsabile si chiamava Pathe Shanghai. si narra di un epoca in cui nella capitale culturale cinese esistevano più di 30 emittenti radiofoniche e una quantità imprecisata di nightclubs! in questi si esibivano le dive della canzone popolare che si ardimentavano fra tradizione, opera, jazz e ritmi latini che giungevano via etere dall’altra parte del globo!
shanghaiquale allora il colpo di genio della EMI? prendere alcune di queste tracce, affidarle a due produttori esperti di dance e appetibilità consumistiche varie (Morton Wilson e Ian Widgery) affinchè vi apponessero sopra opportuno remix e beat ruffiano e osservante del gusto necessario all’uopo (e alla vendita). Original 1930’s sessions remixed for today recita il sottotitolo. ma cosa diavolo significa? che artificio sciocco è mai questo? e poi, chissà perchè, a qualcuno viene in mente (forse proprio perchè non tutti i mali vengono per nuocere, come si diceva più sopra) di impreziosire l’oggetto allegando (in un bonus cd) le registrazioni originali dalle quali provengono gli obrobri del primo cd!
confidate in me: non mi permetterei mai di sottoporre neppure il peggior nemico all’ascolto del primo disco. ma il secondo lo dono volentieri con in cuore la gioia del cercatore di curiose e stravaganti musiche del mondo.

Shanghai Lounge Divas, Vol.2 – The Originals Recordings

Yao Leedove se ne è andata Li Xiang-lan? e dove Gong Chio-Xia? e Yao Lee? mio nonno avrebbe detto che sono oramai terra da pipe! ma cosa importa? resta questo incanto di chincaglieria musicale, questo esotismo da non viaggiatore. una fotografia sonora e sbiadita di un tempo che fu, che non ci vide e non ci vedrà. è il suono d’occidente in salsa agrodolce, la rumba di shanghai, jazz e clarinetti in umido d’oriente… e ci si può trovare più di una Billie Holiday con gli occhi a mandorla e il tubino stretto di seta.
che sia un buon viatico per un fine settimana che comincia, magari al crepuscolo, prima che tutto si faccia più scuro e cominci la vecchia notte di Shanghai!

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0 risposte a Shanghai Lounge Divas 上海絕世紅伶

  1. Anonimo scrive:

    …giusto e bendetto borguez…quelle schifezze di una decina di anni fa le ricordo anch’io…quella strana mania di far diventare “cool e trendy” la musica etnopopolare, miscelandoci groove posticci, appena scongelati e scottati su una piastra di McDonald prima di essere impiastricciati con zuccherose salse dai colori inquietanti…BLEAH…

    …condivido in pieno il tuo dissenso…

    A me, hai fatto venire in mente questo borguez…

    http://www.youtube.com/watch?v=xK287upUysw

    • borguez scrive:

      Costantino (perché non puoi essere altrimenti che lui) ti so (e ti sapevo) sodale in questa mia piccola battaglia contro mulini a vento che sono aramai diventati transatlantici. continueremo a lottare, non possiamo fare altrimenti.

      ma io qui volevo ringraziarti per questo video del quale non ero a conoscenza. c’è dentro tutto il Paolo Conte oratore e furbastro, quello provinciale e caciarone.
      grazie…

      …con due cinesi siam qui!

  2. tpafrica scrive:

    Tratto da
    http://www.music-on-tnt.com/recensioni/articolo.php?id_articolo=179

    Vorrei parlare di qualcosa che non era destinato a noi. Shina Peters è uno dei più noti musicisti nigeriani di etnia Youruba, che nel 1989 vinse in un sol colpo gli Award come Best Juju Artist, Best Artist, Best Song e Best Album, grazie al suo disco Ace, che vendette inaspettatamente molti milioni di copie nel suo paese, un fenomeno a cui fu dato il nome di “Shinamania”. Nonostante ciò egli è praticamente sconosciuto al di fuori dalla comunità nigeriana, e se provate a cercare un suo disco nei siti internet specializzati non lo troverete. In qualche modo sembra che la musica di Shina Peters sfugga il mondo.

    Questa curiosa situazione pone più di un interrogativo sul fenomeno della World Music e sulla sua effettiva natura, quanto cioè la World Music che arriva a noi sia effettivamente la musica ascoltata nel mondo, e non, come in certi casi, un sottoprodotto della globalizzazione culturale reso digeribile o, come in altri, in cui i suoni esotici vengono usati fuori contesto (e senza rispetto) per “condire” il solito minestrone elettronico dance. Forse è il caso di divenire consapevoli delle manipolazioni interessate operate dalle case discografiche, soprattutto quando condiscono le loro produzioni e i loro “mix” con prefissi e suffissi come “ethno”, “tribal”, “global” e così via.

    Sembra che Talvin Singh (citato da M. Boccitto su Il Manifesto). una volta abbia definito questa musica, così come la sua, “potato music”, traendo spunto dalle patate fritte dei fast food, delle quali nessuno è interessato a chiedersi da dove vengano, anche se mangiate a Tokyo o a Caracas. Analogamente non ha alcun senso chiedersi da dove provengano i suoni esotici della nuova musica globale.

    Ecco, quella di Shina Peters non è potato music. Quindi non si trova. Quindi è indigesta, non si preoccupa del noastro gusto, non tiene conto del nostro senso estetico e della nostra sensibilità, e riusa quello che noi buttiamo, nella discarica globale, rendendolo funzionale a un altro gusto, a un’altra sensibilità. La musica di Shina Peters, amata da milioni di giovani africani, richiede – e ci chiede – uno sforzo volontario per avvicinare qualcosa di diverso, e dunque una curiosità attiva.

    • borguez scrive:

      io non posso che essere fiero del tenore di questo commento. oltre che essere profondamente d’accordo con esso.
      una curiosità attiva e mai sazia (aggiungo io) è lo strumento che possiamo usare!
      tp africa insegna questo… e molto altro!
      grazie

      p.s. Shina Peters, da ora, è in cima alla lista dei ricercati!

  3. costantino spineti scrive:

    …di potato music e di potatoes business, ne avevo già letto anch’io, e non solo per motivi squisitamente ortofrutticoli…ma devo dire che la dissertazione e la recensione del preziosissimo Giulio Mario Rampelli hanno (come al solito) generato in me famelica curiosità su Shina Peters…ne riparleremo…TP Africa…

    …Per quanto riguarda “desinenze e prefissi” che le case discografiche usano per lanciare i loro “prodotti” nell’arco celeste del marketing per i loro clienti “frontalmente lobotomizati”…quando lo squallore mi assale…non mi vengono più parole, ma solo parolacce…indi per cui…taccio…e ‘TACCI LORO…

    …Ma di sua maestà la Patata però…la Grande Patata…
    (per i più cinici: mi riferisco al nobile tubero!)
    sento che ne riparleremo…sì, con amore e voluttà…ne riparleremo!

    …e stavolta mi firmo…

  4. Vecchio mio, sei sempre una consolazione. Come in un paese di montagna dimenticato, su qualche appennino celeste, ci troviamo al bar e ne parliamo.

    Un saluto molto, molto amichevole.

    Diogene

    • borguez scrive:

      Sono da sempre sensibile alle lusinghe e ai complimenti, come questi, come i tuoi. vorrei ricambiare i saluti, anch’essi amichevoli, come i tuoi. amo scrivere per me stesso e per occhi curiosi, come i tuoi.

      mi fa piacere ritrovarti su queste ed altre sponde.

      a presto,
      borguez

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