Sons Of Kemet
Burn

il nome di Shabaka Hutchings era annotato da tempo sul mio personalissimo cartellino (Rino Tommasi docet) che redigo in maniera distratta e virtuale; troppe volte avevo visto spuntare il suo nome ed il suo volto dagli spigoli più avanzanti di questa musica moderna e contemporanea.

volto gioviale e giovanile (trent’anni ancora da compiere), nonché elegante ed educato al quale si aggiunge il fatto che assai spesso si manifesta con un sax o un clarinetto appoggiato alle labbra, e questo, almeno da queste parti, è peculiarità bastante a rendermelo piacevole. nato a Londra e cresciuto alle Barbados per fare poi ritorno a Birmingham nel 1999; in questa andata e ritorno ha fatto in tempo a conseguire un diploma di clarinetto classico ed una benefica immersione nella diaspora musicale afro-americana con particolare approfondimento della cultura caraibica e giamaicana. inoltre studi etnomusicologici e la profonda consapevolezza  che quella musica e quella strada erano quelle da percorrere. al suo ritorno in Inghilterra ha trovato ad accoglierlo a braccia aperte personaggi come Jerry Dammers e The Heliocentrics: tanto per capire dove si andrà a parare, e poi collaborazioni che spaziano da Mulatu Astatke alla scena avant impro del british jazz.
ma è nella primavera del 2011 che potremmo far incominciare questa storia: Shabaka Hutchings si presenta dal vivo al Charlie Wright’s nella East London con una formazione quantomeno anomala. lui al sax ed al clarinetto, Oren Marshall alla tuba e due set di batterie percosse da Tom Skinner e da Seb Rochford.

il quartetto funziona perfettamente, stando alle orecchie di Shabaka, e prende piede l’idea di spingere questa formazione ad esplorare le possibilità nascoste di quest’amalgama timbrica. molti altri live susseguenti perfezionano le dinamiche del gruppo mentre Hutchings inizia a comporre i brani che comporranno il disco atteso oltremodo dalla stampa (più) illuminata britannica.

Burn (Naim Label, 2013) è il frutto della naturale maturazione artistica sotto la ragione sociale di Sons Of Kemet, questo il nome datosi da questo gruppo facente riferimento ad uno degli antichi nomi della civiltà egizia (per inciso l’ultimo Re della civiltà Nubiana si chiamava Shabaka). nove brani originali più una rilettura del classico jamaicano Rivers Of Babylon: non è semplice ora provare a raccontarli, partiamo dalla certezza per la quale Hutchings ci tiene a sottolineare come ci sia un afflato caraibico sottostante la sua musica, a questo si aggiunga la potenza dinamica del doppio set ritmico e la radicalità improvvisativa dei due fiati che fanno da front men. la sorpresa però giunge quando si incontrano meravigliose delicatezze come The Book Of Disquiet (dedicata al celebre libro di Fernando Pessoa), Songs For Galeano (pensando allo scrittore uruguagio) e Adonia’s Lullaby (pensata per chissà quale fortunata presenza muliebre) che fanno da contraltare al fuoco dei cannoni ritmici di brani come All Will Surely Burn e Inner Babylon. se poi consideriamo che The Godfather è espressamente dedicata a Mulatu Astatke e che la cover finale di Rivers Of Babylon è una delizia rara potremmo iniziare ad avere un quadro più chiaro dell’epifania di questo disco. a chiarimento di quanto detto propongo il video di un live del maggio scorso dove il quartetto esegue Beware.

dunque la diaspora afro-americana, la cultura caraibica, l’antico Egitto, la grande letteratura, l’ethio-jazz, la radicalità dell’improvvisazione, la mescola inusuale di pelli ottoni ed ance, la sensibilità di un clarinettista maturo e l’illuminazione di una musica inattesa eppur così familiare. c’è ne abbastanza affinché io mi possa arrendere senza dover combattere.
esiste pure un video ufficiale di Inner Babylon ma io preferisco proporre un ulteriore filmato (sempre dal set precedente) del brano The Itis.

Burn è uno di quei dischi che si attende segretamente facendo finta di sorprendersi quando lo si incontra e lo si riconosce. una vera epifania oltre che una delle cose più belle ascoltate quest’anno. buon ascolto

Questa voce è stata pubblicata in 2013. Contrassegna il permalink.

7 risposte a Sons Of Kemet
Burn

  1. hrundi v. bakshi scrive:

    Curioso, sono!

  2. SigurRos82 scrive:

    Ce l’ho in playlist, ora credo che farò fare loro un balzo in avanti 😉
    Ti saprò dire, ma visti i riferimenti e il tuo giudizio….mi sa che si va sul sicuro 🙂

  3. umberto scrive:

    tanta tanta roba!

  4. SigurRos82 scrive:

    SU-PER-BO. Null’altro da aggiungere. Ah quelle pennellate di clarinetto su cotanto sfondo ritmico….ce n’è abbastanza da farmi meravigliosamente impazzire. Grazie amico! 😛

  5. Flavio Massarutto scrive:

    Sons of Kemet suoneranno a San Vito al Tagliamento (PN) il 01 Marzo per San Vito Jazz!

    • borguez scrive:

      un ringraziamento a Flavio per la preziosa informazione e per la buona novella.
      annoto la data.
      grazie
      a presto

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