Sotho Sounds
Junk Funk

avevo annusato un vago sospetto di sola (come dicono a Roma) ascoltando e scoprendo i Malawi Mouse Boys, ma non tanto nell’epifania musicale del loro ascolto, quanto piuttosto nella maniera furba e un poco paracula (sempre a Roma) utilizzata dalle case discografiche per annaspare quel poco di mercato musicale morente che rimane da raccimolare (di vile pecunia si sta parlando). Konono N.1 e Staff Benda Bilili hanno tracciato la strada: band urbane (o meno) annidate in qualche luogo sperduto dell’Africa che si adoperano e suonano come possono (meravigliosamente, sia ben detto) strumenti arrangiati, costruiti da sé a creare una vertigine d’esotismo nelle stanche orecchie di pantofolai occidentali assuefatti dalla plastica sonora di radio e tv.
per cui sospetto davvero che l’Africa sia piena di musicisti come quelli appena citati, in ogni angolo del continente ci sarà qualcuno che strimpella qualche stumento, che si unisce in qualche ritrovo collettivo per danzare e cantare un’amara gioia che segna da secoli la ritualità di quelle genti. e allora che fare? liberare il guinzaglio a etnomusicologi d’assalto per scovare il prossimo gruppo da far rimbalzare nell’occidente: con qualche spicciolo in tasca, con la promessa di una gloria fatta di concerti e viaggi ed il miraggio di una vita diversa da quella conosciuta. il colonialismo era poi tanto diverso?

comunque sia per spingersi fino al Leshoto è necessario innanzitutto sapere dov’è il Leshoto, e non è poco. una volta giunti lì magari si chiede se vi siano gruppi di musicisti abbarbicati da qualche parte sulle colline. se poi, puta caso, si viene indirizzati verso un gruppo di giovani pastori che nel tempo libero si dilettano con canti e strumenti e, una volta raggiunti, li si vede agghindati come nella foto sopra, sono convinto che all’etnomusicologo d’assalto gli brillino le carte di credito. da parte loro, questi giovani pastori credo siano anche più furbi di quanto credano essere i discografici ed in qualche modo anticipano i desideri dell’uomo bianco facendosi trovare abbastanza esotici da fargli credere di aver trovato l’America.

è così che nasce questo funky spazzatura per l’etichetta Riverboat: Sotho Sounds Junk Funk (2012) è il primo disco (certo) di questi ragazzi (che dice quattro, chi sette, chi un numero ad assetto variabile) che di giorno transumano le pecore per le alture del Leshoto e che a tempo perso si costruiscono strumenti di fattura occidentale (chitarre, bassi e batterie) e intonano i loro canti polifonici in beata allegria. c’è da dire che di funky nel disco non v’è traccia, per nulla. semmai le sembianze e le vesti dei nostri potrebbero ricordare gli anni ’70 afroamericani ma di groove neppure l’ombra. le registrazioni sono in perfetto stile lo-fi da etnomusicologi d’antan ed il disco è aperto e chiuso da due field recordings giustamente inseriti all’uopo di farci assaporare i suoni pastorali di queste alture. Be Ea Bojoa è infatti quantomeno straniante: latrati di cani, grida di bambini, un cordofono monocorde, volatili vari, fischi bovari e richiami rituali della pratica della pastorizia introducono ad un disco per certi versi delizioso malgrado i sospetti di cui sopra.

siamo in quella grande area musicale sudafricana di canti e risposte, coralità già scoperte dall’occidente, ma di diverso si aggiunge quello stridore verace prodotto dagli strumenti autocostruiti che spiazza le nostre orecchie abituate alla consuetudine. le loro performance dal vivo (perché sono già cominciate, sia chiaro) dicono essere travolgenti e variopinte. la foto qui sopra li ritrae di fronte ad un pubblico bianco sorridente e stupito ma di certo io li preferisco pacchiani e gigioni nel bel mezzo del loro habitat naturale, furbi e consapevoli di trovarsi di fronte ad una telecamera che li porterà direttamente dove non avrebbero mai immaginato di giungere.

a me non resta che suggerire perlomeno l’ascolto perché penso ne valga la pena. sia i Sotho Sounds che l’etichetta discografica sapevano a memoria dove volevano arrivare (op.cit.) e quindi è bene tributargli quel giusto merito di salgariano esotismo.
la mia curiosità, una volta colpita, cede volentieri a queste delizie tralasciando per pochi istanti l’etica e le ragioni di mercato. magari se ne può parlare, volendo, prima che spunti fuori la prossima scoperta dal continente più vivo dell’universo.
buon ascolto

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5 risposte a Sotho Sounds
Junk Funk

  1. Costantino Spineti scrive:

    …giustissimo carissimo borg.

    qui in Africa puoi incontrare musicisti eccellenti in “ogniddove”, che suonano strumenti di scarsa qualità o addirittura fatti in casa in una maniera incredibile.
    Probabilmente è partita come dici tu questa febbre di scoprire da parte di alcuni discografici artisti locali e sperduti, discografici a cui troppo spesso davanti a cotanto spontaneo slendore gli brillano le American Express…è tutto vero…garantisco!!

    Io, dal canto mio, sto aprendo un locale di musica live a Dakar, con fornitissimo bar, biliardi, ristorante afroromanesco e discoteca, perchè agli africani gli piace ancora divertirsi suonando e ballando e facendo tante altre cose che di più non posso dire.

    Per quanto riguarda l’abbigliamento è consuetudine qui achitarsi in maniera “kitsch”, i colori, gli strass…l’eccentricità qui è d’uopo…e dopo un pò inizi a farlo anche te!!!

    Sapessi come mi vesto io certe sere quando vado a suonare….

    Forse te l’ho già detto…le grandi città africane (come Dakar) somigliano ad una Roma della fine degli anni ’60…per farla corta stanno veramente a metà strada tra Sergio Citti, Pier Paolo Pasolini e Charles Bukowsky…per quanto mi riguarda…un paradiso.

    T’aspetto…ho un vestitino fatto giustappunto per te.

    Del locale, se vuoi, ne riparleremo.

    Saluti borg

  2. LYSERGICFUNK scrive:

    egggrazzzieeee !!!

  3. ReeBee scrive:

    leggo e ascolto. ma non riesco a fare a meno di mixare mentalmente il pezzo in video che hai messo con Sunday Bloody Sunday degli U2! Quindi distratto e con la mente altrove mi accomodo in questo salotto che troppo mi piace e mi delizia dove incontro amici e li saluto (Ciao Belva!) e dove l’ascolto si fa soave.
    che delizia appunto!
    un abbraccio
    sandèiblodisandèèèèèi

    • borguez scrive:

      ardito l’accostamento, funambolico il passaggio mentale.
      ti sapevo agile a saltare da una liana all’altra, ma così mi stupefaccio!
      un giorno o l’altro ci ritroviamo Costantino in uno di questi video, ne sono certo.
      e noi diremo: lo sapevamo!
      abbracci domenicali e salottieri,
      a presto

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