Szilárd Mezei Vibes & String Quartet
49 Glances Toward Field

questo incessante procedere rabdomantico nella giungla rigogliosa delle uscite discografiche “spontanee” produce assuefazione, stordimento, accumulazione, bulimia ed un vago senso di rincoglionimento. non starò qui a ribadire i pro ed i contro di questa situazione (non so neppure più se mi interessi) ma piuttosto auguro a ciascun esploratore di questa giungla di procurarsi al più presto una buona metodologia di avanzamento (un manuale di cammino) per non rimanere succube di un miele trasformato in veleno asfissiante. io da parte mia ho buoni informatori (una volta li chiamavo pusher), luoghi segreti da consultare come oracoli, scritture private e, mi sia concesso, un vago fiuto che mi convince di riconoscere ciò che mi pare avrei dovuto riconoscere: circonlocuzione capziosa, ne convengo!
è così che capita di imbattersi in un disco di cui non si sa proprio nulla: titolari sconosciuti, etichetta sconosciuta, recensioni nulle, suggestioni zero. ma qualcosa stuzzica la curiosità (forse la copertina? forse quel titolo?) e quindi si procede all’ascolto con la trepidante attesa di raggiungere quell’oasi inesplorata che ogni rabdomante cerca.
ed in questo disco vi è abbondante acqua per la mia sete, acqua inattesa e quindi assai grata, acqua proveniente da un luogo (che visitai fisicamente) dal quale tutto mi sarei aspettato tranne questo. Novi Sad vede scorrere il grande Danubio ma non è di quell’acqua che vado parlando: è in questo luogo che nel settembre 2006 sono entrati in studio Szilárd Mezei (viola), Albert Márkos (violoncello), Ervin Malina (contrabbasso) e Lazar Čolović (vibrafono) per registrare questo disco uscito solo a gennaio di quest’anno per la net label Echomusic.

Szilárd Mezei Vibes & String Quartet 49 Glances Toward Field (Echomusic, 2013) è il titolo e tutto ciò che sapevo prima di ascoltare il disco. quattro emeriti sconosciuti (a me, sia ben detto) per i quali è stato necessario ricorrere alla rete per scoprire notizie ulteriori (e a quelle rimando inutile copiare ed incollare).
ciò che posso fare però è suggerire l’ascolto di un quartetto da camera sobrio e discreto capace di creare una lunga sequenza di brani (49 appunto, di durata variabile) che come una tela irretisce l’ascoltatore dentro morbide vibes (dal titolo). sapori jazz, blues e cinematici, poche concessioni gratuite all’improvvisazione e una misura ed un equilibrio che sono forse il pregio più evidente di questo lavoro. alcuni temi ritornano arrangiati diversamente e intrigano ulteriormente l’ascolto a creare lieti déjà vu (déjà écouté, meglio): talentuosi e modesti i quattro musicisti che nella prima e nelle ultime 9 tracce sono raggiunti dalle voci femminili salmodianti di Hajnalka TarapcsikAndrea Kalmár: perché? la sensazione è leggermente straniante e fuorviante ma bisognerebbe conoscere il serbo per comprendere il senso della questione, ma da Novi Sad ci sono solo passato e non comprendo.
è tutto, è solo acqua, ma è fresca e disseta.
alla salute e buon ascolto.

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49 Glances Toward Field

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