Dave Cloud & The Gospel of Power Fever

non sono mai riuscito a fare davvero pace con l’idea del decesso del R’n’R: non si tratta propriamente di elaborazione del lutto quanto piuttosto di una specie di rabbia soffocata nella mancanza. incapace di rifugiarmi nel decennio d’oro del genere (leggi ’60) e piuttosto infastidito da scimmiottamenti contemporanei, vivo l’assenza trastullandomi fra altre musiche aliene e melodie del mondo tutto. ma l’imprinting ha le sue regole e le cicatrici adolescenziali fanno prurito.
per questo sobbalzo sulla sedia quando mi imbatto in una sacca di resistenza rimasta pura e incontaminata. una cellula dormiente nascosta al mondo dei più e perfettamente conservata per 20 anni nella semioscurità del luonge club Springwater di Nashville, Tennessee. più o meno dal 1979 al 1999 il piccolo palco del club ha avuto come artista residente un outsider di razza.

Dave Cloud è uno di quei personaggi con cui si rischia di non venire giammai in contatto, e sarebbe un peccato. un partigiano dello spitito immortale del R’n’R nato e cresciuto in quella Nashville foriera di artisti e musiche immortali: lì è sempre rimasto a difendere il proprio afflato delirante alle radici dell’attitudine rocker americana, in bilico fra il crooning malsano e la ballata malata, non disdegnando affatto la chitarra in feedback e gli amplificatori sovraccarichi.

è il 1999 quando qualcuno lo convince finalmente ad incidere su disco le canzoni che da anni suona e canta nel club. Dave Cloud Presents …Songs I Will Always Sing esce per la Bloodsucker in quell’anno e se non fosse che il ragazzo non è proprio più un ragazzo e che la materia incisa è caustica, sghemba e sconveniente (nonchè fuori tempo massimo) sarebbe dovuto essere un successo planetario, ma la leggenda del R’n’R non prevede questo genere di favole.
cimentarsi nella descrizione di questo looser potrebbe richiedere una lista impropria di nomi e ascendenze. non sarà difficile riconoscere tanti parenti stretti e cugini affini e il suono lo collocherà esattamente laddove la cultura propria dell’ascoltatore lo dovrà collocare. a me quella voce alcolica e fumosa ha sempre fatto pensare più ad uno scrittore che a un musicista: un Charles Bukowski prestato al r’n’r. cinico, irriverente, scazzato e autoironico nel narrare storie da bancone, canzoni da club all’ora di chiusura.

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la discografia è rimasta perlopiù scarsa e l’attività allo Springwater non si è fermata (il video sopra è del 2006). la Fire Records lo ha accolto in scuderia e l’ultima nuova discografica è un Ep di sei brani che fotografano perfettamente lo stato attuale del songwriting ebbro del nostro Dave Cloud.

Fever (Fire Records, 2009) incorpora una cover degli Stones (The Citadel) tanto per far comprendere a quale sponda (malsana) del R’n’R si vuole approdare. si tornerà di certo a parlare del ragazzo anche perché conosco i segnali che mi manda solitamente la mia modalità infatuazione. per ora siano bastanti il debutto e l’ultima uscita in ordine di tempo a tracciare le coordinate della parabola di una scheggia impazzita della storia della musica che rischiava di trascinare la sua scia luminosa lontano dai nostri occhi.
il R’n’R è morto, viva il R’n’R!

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8 risposte a Dave Cloud & The Gospel of Power Fever

  1. Cherotto scrive:

    Rock and roll can never die…

  2. Cherotto scrive:

    non conoscevo, ho scaricato e…uau!!! grazie mille…

  3. sensi05 scrive:

    già estasiato da …Songs I Will Always Sing, nel nuovo c’è anche cittadel degli stones che ho sempre adorato, a questo punto mi sa che te lo riuppo. posso?

  4. sensi05 scrive:

    fatto (grazie) e segato nel giro di poche ore, che palle! però ieri sera su slsk ho trovato Pleasure Before Business, bitraggio 128. Se non lo hai, te lo uppo.

  5. Pingback: Dave Cloud & The Gospel Of Power Practice In The Milky Way | borguez

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