mi sento in dovere di riservare un poco di spazio di questo blog al nuovo disco di Marcel Kanche; debbo perché già parlai di lui tempo addietro e ancor più perché certi personaggi giungono improvvisi nelle nostre educazioni sentimentali e si piazzano lì inopportuni e irriverenti come sbagli necessari. non volendo essere frainteso ci tengo a precisare che ho amato i suoi dischi e che ho lasciato che si appiccicassero ai miei giorni con fare indifeso e complice: alla fine si sono cacciati in profondità come rimembranze olfattive che riaffiorano improvvise a risvegliare memorie, e tanto basta per amarli.
Marcel Kanche è uno di quei personaggi restìi alle ribalte francesi e alla massificazione in genere, figuriamoci dunque come potrebbe essere conosciuto da questa sponda del Monte Bianco. fatto sta che mi imbattei in lui in qualche modo che più non ricordo e fu sufficiente annusarsi per non perdersi.
quel Vertiges des Lenteurs (2006) che ci fece incontrare è in realtà il suo quinto disco e debbo ammettere di non conoscere particolarmente bene la sua discografia precedente, ma ho fiducia in buona parte della critica francese che stabilisce in questo lavoro la definitiva maturazione dell’artista. di cosa si tratta? canzoni ossute, dilatate, scure e sofferenti, canzoni declamate con una voce sofferta e catramosa: in controluce echi di chanson classica (oramai storica) e strumentazioni acustiche a tracciare le piste di questo lupo mannaro che oltralpe considerano già entità mitica (créature mythique). lui continua a schivare qualsivoglia barlume di celebrità e le cronache lo vedono fuggire in isolamenti volontari di campagna a coltivare orti o divagazioni botaniche, ad incidere legno o pietra. ma il manipolo di fidati collaboratori musicisti lo sostengono e lo spronano e verso la metà del 2008 esce un nuovo disco.
Dog Songe (2008) può mostrare un mannaro spelacchiato ma non privo del vizio della canzone. siamo ancora sui sentieri di un cantautorato dolente sputato a pece e carbone su ballate oscure e notturne. la penna oscilla fra amori lancinanti e miniature d’esistenza dipinte d’inchiostro; mi parve meno scuro del precedente o forse mi feci cogliere da quella stupida assuefazione che non fa mai assomigliare la seconda volta alla prima. Marcel Kanche non era in realtà cambiato semmai lo era il mio stupore mutato in consuetudine; il disco conserva quell’austera serietà con cui i francesi sono capaci di rapportarsi quando affrontano arte e letteratura. poi il tempo affondò un poco oltre la memoria del loup chantant e me ne dimenticai fino all’altro ieri quando volli avere nuove notizie di lui certo di non trovarle sulle sponde italiote.
ed ecco dunque Vigiles de l’Aube (Cristal Records, 2011) che sto ascoltando da qualche giorno. le prime impressioni sono di disincanto perduto: la chanson si mescola è vira verso una blues ballad elettrica e caotica, una batteria ingombrante frastuona oltremodo dietro la voce di Kanche che richiederebbe piuttosto silenzi di pietra. la voce femminile di Isabelle Lemaître-Kanche addolcisce in un controcanto lo scuro timbro del nostro col fare sapiente che Cohen ha insegnato al mondo. in un paio di brani si ritrovano violoncello e pianoforte e la declamazione ritorna a quel non canto che veste degnamente la poesia sottesa. mi chiedo se averlo incontrato oggi avrebbe sortito lo stesso effetto di un lustro fa e per fortuna non so darmi risposta.
ma questo spazio è doverosamente per lui e, rubandolo in realtà a me stesso, ne approfitto per riproporre questa involontaria trilogia sperando che qualcuno possa incappare nell’epifania di un incontro. buon ascolto.
Marcel Kanche Vertiges des Lenteurs (2006)
Marcel Kanche Dog Songe (2008)
Marcel Kanche Vigiles de l’Aube (2011)
Finalmente mi sono preso un po’ di tempo per ascoltarmi per bene quest’ultimo ”Vigiles de l’Aube”: SUBLIME! Grazie infinite, anche perchè per il momento non si trova facilmente.
Un gioiellino di equilibrio formale, in cui le ”sporcizie” elettriche e la voce ”scorticata” di Kanche sono colmate (senza esagerare e con grande raffinatezza) dalle aperture leggiadre degli archi e, quando spunta, dal magnifico canto di Isabelle Lemaître (splendidi i duetti trai due che un po’ mi hanno ricoradano quelli tra Nick Cave e le sue muse).
Di Kanche conservo un po’ casualmente (pensa un po’) i files di una cassetta del 1983 (questa: http://www.discogs.com/Marcel-Kanche-Aimer-LEunuque-Avant-De-Glauquer/release/840080): decisamente più dalle parti dei Throbbing Gristle che dei vari Gainsbourg/Cohen ecc. Fai un fischio qualora ne fossi interessato.
Buona giornata
interessa di certo, interessa tutto da queste parti. se malattia è (la mia), che malattia sia.
sono lieto che ti piaccia quest’ultimo anche se, per questioni biografiche (mie) resto legato a quel Vertiges Des Lenteurs appiccicato oramai a giorni che si allontanano sempre più.
comunque sia un personaggio necessario.
http://www.discogs.com/Marcel-Kanche-Aimer-LEunuque-Avant-De-Glauquer/release/840080
Ecco quanto ti dovevo Borguez (anche se non sarà mai abbastanza):
http://www.megaupload.com/?d=U2RZRPI3
sentite grazie, mi metto all’ascolto.
piacevoli scambi reciproci (e non sarà certo una questione di quantità o di abbastanza)
ehi, grazie! uno dei pochi siti italiani che ha parlato di musica francese. Adoro Marcel Kanche!
Marcel Kanche mi pare pressoché sconosciuto nel nostro paese, ma ciò non inficia di un grammo il suo valore. saper guardare al di là delle Alpi ha sempre dato ottimi benefici. e non da ora.
grazie della visita,
a presto
Marcel Kanche interpreta Leo Ferré
http://www.youtube.com/watch?v=j8bWr22ngKw
meraviglioso. grazie. a presto