“mi ero sempre detto che avrei voluto vedere Cohen e Waits dal vivo, a qualsiasi cifra e in qualsiasi luogo umanamente raggiungibile.”
mi si conceda di autocitarmi. esattamente così come sbottai nei commenti al mio post precedente scritto sull’onda dell’entusiasmo per la notizia di Leonard Cohen in Italia.
e se da brav’uomo di mezza età voglio tenere fede a promesse fattemi e a buoni propositi sospinti da altrettanto spirito, bene, credo sia il caso di tenere le orecchie aperte e la carta di credito in mano perché lo stesso Waits pare annunciare quanto non osavo neppure immaginare…
[youtube=http://it.youtube.com/watch?v=EOrG1r3S6ZA]
4 minuti scarsi di esilarante bellezza per annunciare il “Glitter And Doom” Tour. per ora solo date americane ma una gita autunnale nel vecchio continente pare probabile. al momento non intuisco o comprendo un probabile (o possibile) nuovo disco, ma, vedendomi impossibilitato a volare negli states, non mancherò di tenere d’occhio questi siti.
www.tomwaits.com
www.anti.com
www.tomwaitslibrary.com (sito imprescindibile per completezza e devozione)
stay tuned!
attendo fiducioso!
lui canta a me:
“But you must wait for me
Somewhere across the sea”
e io aspetto da anni
e aspetto
e aspetto
che venga
io lo aspetto
Se suonerà in un piccolo teatrino a chissàddove, non sarà solo questione di mettere mano a portafoglio… ci vorranno canali giusti per accaparrarsi un biglietto!
D’altro canto non ci si può neanche augurare che suoni al Benelli (anzi, questo proprio lo scongiuro!)
La speranza è in un numero considerevole di date a teatro…
we’ll stay tuned!
Azzardo un pronostico: auditorium Santa Cecilia a Roma, a 1.00000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000 euro a biglietto (dovrà pur rifarsi la dentiera, e che cazzo). Io ci sarò.
aspetta fiduciosa anche te…il lieto evento…..alle bocche di bonifacio.
dunque….
hrudi a quanto mi risulta è l’unico che assistette a suo tempo a mirabile visione. si parla di Firenze sul finire del secolo scorso (o l’inizio?) a suon di 180 (0 190?) mila lire. e aggiungo pure che potrebbe raccontare qualcosa…
alice dice “che venga. io lo aspetto” fra la minaccia e il rimbrotto!
vedrai che se ti ascolta non potrà esimersi!
diego ti faccio una breve cronistoria del Benelli: verso la fine dei 70′ ci suonarono i Weather Report e ti assicuro che in pochi nel quartiere sapevano chi fossero. sfido ancora molti a ricordarli. c’erano nomi come Pastorious, Zawinul e Wayne Shorter. ma è tempo che fu. dopo di loro suonarono in quello stadio Miguel Bosè, Renato Zero e Claudio Baglioni. tanto per far capire che non c’è fine al peggio!
Hank, a quella cifra ci sarò anch’io. e temo anche ci sarà “chi sai tu!” la “comare secca” mi ha già annunciato di possedere i biglietti di Cohen. e alfine giunse l’anno delle messi!
mi sia concessa una digressione fuori contesto.
l’anno scorso Punck pubblicò questo in occasione dell’anniversario del ritrovamento dell’onorevole Aldo Moro.
anche quest’anno è tornato il 9 maggio. e sono passati 30 anni. tanti.
ma quel documento sonoro resta impressionante.
fine della digressione fuori contesto
p.s. grazie Punck
memorabile!
..non aggiungo altro perchè potrei anche diventare antipatico
a forza di ripetermi.
in realtà però era il 1999 il biglietto costava 150.000 lire (175.000 con la prevendita) e le date a Firenze erano ben 3.
“dovrebbe per forza”, minchia. è agghiacciante.
la frase di alice detta in dialetto risulterebbe ancor più minacciosa!
o addirittura un “(dì) che venga (oltre), (che) io lo aspetto!” che tradotto in dialetto romagnolo non mi azzardo a scrivere perchè troppo magnificente.
che venga
oh si, che venga!
i conti in sospeso possono anche essere di meraviglia
a me manca quest’uomo,
allora che venga.
minaccio di incantarmi in ammirazione.
va bene diego???
Con l’appalesamento della comare, urge porgere l’estremo saluto a entrambi. Nina Simone era di tutt’altra scorza rispetto ai due anziani catarrosi e avidi, ma piegò il capo dinanzi alla falce (e cazzo che perdita, si avrà modo, carissimo, di dolersene, ad anni dalla dipartita, davanti a un bicchiere: ma cos’è “Nina Simone And Piano!”?).
Oso l’inosabile (premettendo che, istintivamente, mi abbandonerei non già ai toni elegiaci di Alice e Diego, ma a un deliquio puerile e scomposto: cazzo, è Tom Waits!!!): non è che per il vecchio Tom puote dirsi quel che si dice del vecchio Nick (Cave)? Che comincia a essere bollito? Se ” Real Gone” è disco radicale, sperimentale e coraggioso io sono Lawrence d’Arabia. Mancano le canzoni, ahinoi, e radicale, sperimentale e coraggioso lo era Captain Beefheart nel 1968. Convincetemi che sbaglio, please!
Ehm, ero io.
..può essere che la parabola sia discendente!
ma dal vivo che sia solo al piano con vecchi brani
o in sperimentazione confusionaria da orso in
compagnia, ti assicuro che merita……
sempre che negli ultimi 8 o 9 anni non gli abbia
ceduto il fisico, la testa, l’intelletto o la moglie
non si messa troppo a cazzeggiare
con fogli, foglietti etc etc
esistono discesa e salita per i grandi della storia? per i grandi della musica?
o piuttosto percorsi con tentativi meno riusciti?
insieme ai pezzi di strada illuminati di bellezza…
sono vite anche le loro, non solo note perfette sugli spartiti… non azzardo filosofate… però però, io rischio dicendo che mi sposterei chilometri e pagherei anche per sentire tom waits raccontare della sua infanzia con voce rauca e 90 anni sul groppone canticchiando magari qualche verso di tutto il suo trascorso.
“… sentire tom waits raccontare della sua infanzia con voce rauca e 90 anni sul groppone canticchiando magari qualche verso di tutto il suo trascorso…”. Questa bella frase mi fa pensare che tu già sappia del buon Tom a VH1 Storytellers; in caso contrario, sono a disposizione tua e di chiunque. Verissimo, la schiatta umana è fallibile (Del Piero, persino, anche se molto raramente), e che dal vivo, caro Hrudi, ci sia di che bagnare il pannolone non dubito affatto.
Gli è che ultimamente mi trovo spesso a provare irritazione per l’idolatria (e non mi riferisco a nessuno di voi, ovviamente; in effetti, più che altro, a me stesso) di cui certuni nel rock sono fatti oggetto: l’apparato iconografico del Sommo Cantautore ammantato dal Mito, del Poeta iconoclasta verso tutto e tutti, va da sé, tranne che se stesso. “Real Gone”, che ho riascoltato ieri, è un disco poco ispirato e molto sopra le righe (a tratti addirittura caricaturale: vedi le scatarrate al posto della batteria); l’auspicio è che sia una svolta sbagliata, e non un vicolo cieco.
Ciò detto, già so che pagherò un miliardo per vederlo dal vivo (del resto Mingus è morto, Monk pure e nemmeno Lee Perry si sente tanto bene), gli tirerò sul palco i mutandoni di mia nonna come una groupie isterica e cambierò idea su “Real Gone”, negando vigorosamente di averne mai parlato male.
..be allora nel caso abbia voglia di fare un saluto al suo amico
Benigni in quel di Firenze, ci troveremo tutti sotto il palco a
verificare il reale stato delle codizioni artistiche dell’esimio!
Ciao,
non conoscevo il tuo spazio,
arrivo da TP Africa di Giulio Mario.
Mi è piaciuto il post su Nina, con quella versione in italiano,
il tuo ricordo di Jimmy Giuffre,
amo la voce sbilenca di Tom Waits,
per cui che dire…
ti linko!
a presto.
stavo per mettermi sulla difensiva di Hank, che da solo le mette in piedi e le disfa, ma non si è reso necessario, a ben vedere, il mio intervento.
controfirmo ogni scatarrata di Hank. as usual!
benvenuto jazzfromitaly.
mi prendo il tempo di approfondire la conoscenza del tuo blog. ma Chet Baker ad accogliermi è il più gradito dei benvenuti. ti leggerò. grazie. a presto.
p.s. sto cercando di mettere insieme memoria ed emozione per tornare a parlare del grande Jimmy Giuffre. appena riuscirò ti informo.
hank, è stato diego a portare nel mio salotto un filmato bene accetto… e lì ho fatto conoscenza con Storytellers, un piano, un cappello appoggiato a un attaccapanni e una voce rauca che raccontava…
ci sono tantissimi pezzi di waits che non mi si appiccicano addosso
ma altri che scoccano e vanno a segno e valgono tutta la mia adorazione
Eh, sì! “A tinker, a tailor, a soldier’s things…”
O la più bella di tutte, la perentoria “I know a place where the royal flush never beat a pair” (con quella vocetta, poi)… Si potrebbe continuare all’infinito, a ben pensarci. Ecco perché “Real Gone” (nomen omen) mi fa venire l’orticaria, perdonaste lo sfogo…
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