…well now, it’s story time again!
così Tom Waits introduce il brano scritto da Tommy Faile e portato al successo da Red Sovine nel 1967. sto parlando di Nighthawks At The Diner, sto parlando di quel disco, e sto parlando in particolare di quella canzone che da troppi anni mi accompagna. da così tanti da non poter fare a meno di parlarne qui.
eviterò di parlare di Waits. materia troppo immensa (si dice: troppo immensa?) per questo spazio e per la mia capacità affabulatoria. piuttosto sarà bastante parlare di un solo disco, o meglio di una sola canzone. nulla più…
il disco intanto è di quelli obbligatori, come la licenzia media, come il battesimo per chi ci crede.
Nighthawks At The Diner, 1975, Elektra/Asylum. citazione doverosa al più noto capolavoro di Edward Hopper, registrazione live seppur in studio previa sistemazione di ogni minuzia tecnica e di qualche fortunato astante (che partecipa commosso). e la qualità tecnica e sonora sta lì a confermare. tutte composizioni originali, tranne una, appunto quella. ballata struggente, archetipo dello storytelling, road song e abbastanza ghost-dark folk da assurgere al ruolo di classico. interpretazione eccelsa, manco a dirlo…
tralasciamo bolse chiacchiere e cediamo parola e suono a chi di dovere…
inevitabile coronare il tutto con il testo, necessario per comprendere l’immaginifico, l’onirico della storia e il meraviglioso biascicare del Waits, quel prendersi il testo sotto braccio e stropicciarlo come un giornale o una camicia sgualcita…
I was out on the West Coast, tryin' to make a buck And things didn't work out, I was down on my luck Got tired a-roamin' and bummin' around So I started thumbin' back East, toward my home town. Made a lot of miles, the first two days And I figured I'd be home in week, if my luck held out this way But, the third night I got stranded, way out of town At a cold, lonely crossroads, rain was pourin' down. I was hungry and freezin', done caught a chill When the lights of a big semi topped the hill Lord, I sure was glad to hear them air brakes come on And I climbed in that cab, where I knew it'd be warm. At the wheel sit a big man, he weighed about two-ten He stuck out his hand and said with a grin "Big Joe's the name", I told him mine And he said: "The name of my rig is Phantom 309." I asked him why he called his rig such a name He said: "Son, this old Mack can put 'em all to shame There ain't a driver, or a rig, a-runnin' any line Ain't seen nothin' but taillights from Phantom 309." Well, we rode and talked the better part of the night When the lights of a truck stop came in sight He said: "I'm sorry son, this is as far as you go 'Cause, I gotta make a turn, just on up the road." Well, he tossed me a dime as he pulled her in low And said: "Have yourself a cup on old Big Joe." When Joe and his rig roared out in the night In nothin' flat, he was clean out of sight. Well, I went inside and ordered me a cup Told the waiter Big Joe was settin' me up Aw!, you coulda heard a pin drop, it got deathly quiet And the waiter's face turned kinda white. Well, did I say something wrong? I said with a halfway grin He said: "Naw, this happens every now and then Ever' driver in here knows Big Joe But son, let me tell you what happened about ten years ago. At the crossroads tonight, where you flagged him down There was a bus load of kids, comin' from town And they were right in the middle, when Big Joe topped the hill It could have been slaughter, but he turned his wheel. Well, Joe lost control, went into a skid And gave his life to save that bunch-a kids And there at that crossroads, was the end of the line For Big Joe and phantom 309 But, every now and then, some hiker'll come by And like you, Big Joe'll give 'em a ride Here, have another cup and forget about the dime Keep it as a souvenir, from Big Joe and Phantom 309!
non debbo aggiungere molto altro. ho solamente fornito tutti i presupposti per un ascolto e un’alta storia da narrare. a quella canzone debbo molto, portarla qui era quantomeno doveroso. ma per chi amasse o volesse saperne di più consiglerei di perdere altri 4 minuti e ascoltare la versione originale del 1967. evocativa, quasi perfetta, esattamente come l’immaginavo fino a qualche ora fa. annotazione in agenda: Red Sovine!
[youtube=http://it.youtube.com/watch?v=gtxU1tddH3Q&feature=related]
storytelling, road song, ghost-dark folk!!!
..lasciamole libere.
..lasciamole libere, d’accordo!
Fantastica, da appaiare a “Camouflage” di Stan Ridgway.
Nighthawks At The Diner è il primo album di Tom Waits che ho comprato, recuperato in un mercatino newyorkese per un paio di dollari… mi piace avere per le mani quella custodia tutta graffiata come la sua voce.
Nighthawks At The Diner è uno degli album di Waits che preferisco, ma non avevo mai sospettato che “Big Joe and Phantom 309” fosse una cover. Anche il testo è nelle sue corde e, in fondo, avrebbe potuto tranquillamente scriverlo lui. Bé, non si finisce mai di imparare, per fortuna. Red Sovine, un nome da tenere a mente. ciao!
Tredici anni di internet e ancora mi sorprendo della sua potenza quieta e smisurata: grazie a Google ed al tuo post in cinque secondi ho scoperto la vera storia di uno dei miei pezzi preferiti. Chi l’avrebbe detto che era una cover…
Bello anche l’originale, cavolo!
Ciao!
ciao Roberto,
grazie della visita e delle tue parole: potenza quieta e smisurata! belle definizione di questo immenso calderone dove è bello sguazzare, conoscere e capire! credo che la rete sia fatta dalle persone, e finchè ce ne saranno di curiose e riconoscenti come te, credo che il nostro orizzonte potrà allargarsi ed espandersi!
e grazie a Tom Waits: sempre!
a presto,
borguez