ammetto e confesso la mia ignoranza sul fatto che in Belgio sapessero divertirsi! gli artefatti provenienti da quelle lande mi avevano sempre lasciato quel sentore greve di umido e pioggia, una malinconia grigia da spalmare su fette di pane nero. inoltre ho spesso sentito i francesi sfottere un poco i loro vicini facendo leva su quella vaga tristezza che impregna quelle terre e l’umore dei loro abitanti. e invece ecco giungere da quel Regno del Belgio 15 paladini armati di strumenti musicali ed una notevole dose di sarcasmo e autoironia: a capitanarli è il clarinettista Peter Vermeersch che li ha voluti riuniti, da quasi tre lustri, sotto la divertente ragione sociale di Flat Earth Society. non vi è dubbio che i nostri abbiamo volutamente mutuato questa denominazione dalla assai più nota ed omonima associazione che difende e sostiene l’idea che la terra sia piatta!!! è tutto vero ed è pure surrealistico e divertente: la Flat Earth Society esiste eccome in una sorta di cocciuto e ottuso atteggiamento miscredente a difendere una teoria vecchia come il mondo! ma non è di fantageofisica che vorrei parlare. piuttosto di questa big band sorprendente che ha appena pubblicato il suo tredicesimo disco intitolandolo (a scanso di equivoci) 13 (Iglectic, 2013): 13 come i brani, 13 come il titolo e 13 come l’anno in accordo con la teoria della società (quella geofisica) che lo considera un numero “tondo” (non chiedetemi altro presumo si tratti di ciò che chiamiamo numero primo): e dunque è valsa la pena di farne un giubileo e di pubblicare un disco!
dal 1999 la più inattendibile delle musiche, così recita il sottotitolo del disco a tentare di identificare l’imprevidibilità e l’eccentricità di queste musiche e di questi musicisti. e allora varrà la pena di citarli tutti in rigoroso ordine alfabetico: Stefaan Blancke (trombone), Benjamin Boutreur (sax), Berlinde Deman (tuba), Bart Maris (tromba), Michel Mast (sax), Marc Meeuwissen (trombone), Kristof Roseeuw (contrabbasso), Peter Vandenberghe (tastiere), Luc Van Lieshout (tromba), Bruno Vansina (sax), Teun Verbruggen (percussioni), Peter Vermeersch (clarinetto), Pierre Vervloesem (chitarra), Wim Willaert (accordéon) e Tom Wouters (clarinetto e percussioni). nel corso degli anni le collaborazioni dei Flath Earth Society hanno annoverato personaggi assai cari a chi scrive (Ernst Reijseger, Jimi Tenor e Uri Caine) ed in alcuni episodi su disco e dal vivo si fanno aiutare dalle voci preziose di Esther Lybeert e di John Watts.
ma che musica c’è dentro questo 13? innanzitutto ci sono 11 composizioni originali e due brani presi a prestito da Tom Dissevelt e da Scott Joplin: tutte interpretate ed affrontate con quel piglio che già Paolo Conte ha definito da orchestra eccitata e ninfomane. dinamicità spasmodica, divertimento, atmosfere notturne e cinematografiche da noir anni ’40; insomma la vasta gamma offerta da una tavolozza di colori ampia (15 ottimi e curiosi musicisti che sanno divertirsi e vogliono suonare assieme possono condurre davvero in ogni luogo), occhieggiamenti all’elettricità, spruzzate etniche, echi balcanici e tentazioni latine, un poco di jungle ellingtoniana fino ad alcuni lieti connubi con il croonin’ in stile jazz (Patsy è una delizia fra cinema e letteratura).
se ne udiranno delle belle potrebbe strillare l’imbonitore da fiera invitando gli increduli ad entrare nel tendone per verificare di persona che se proprio non è piatta, di certo un poco tonda la terra lo è!
buon ascolto
Flat Earth Society 13 (The Most Unreliable Music Since 1999)
Il teaser (si dice così?) è qualcosa di fulminante: sé todo el disco è situato su questa pantagruelica linea d’onda ci sarà da farsi crescere i mustacchi per poi subitaneamente leccarseli. Mersì bocù.