quando sarà definitivamente passata la sbornia folk (a questa parola ciascuno può aggiungere il prefisso/suffisso preferito, aggettivando a piacimento) di questo primo decennio del millennio, sarà interessante andare a controllare cosa e quanto resterà. trattasi di una speculazione puntuta e doverosa per separare la pula dal grano: sfido infatti chiunque a ricordare la miriade di gruppi e dischi che si sono susseguiti in questi anni. arduo compito.
è facile immaginare che ci si ricorderà solamente di coloro che hanno abbracciato il movimento per naturale inclinazione artistica, benedetti da una qualche ascendenza talentuosa e sinceramente devoti ad una causa che (fortunatamente o meno) si sono ritrovati proprio sotto l’occhio dell’hype. niente trucchi e niente inganni insomma.
di certo io mi ricorderò di Matt Valentine e Erika Elder oramai uniti (artisticamente e biblicamente) dall’acronimo MV & EE. forse perché sono sempre rimasti in quel margine, a lato, dove le trombe della celebrità non giungono e, anche per questo, è possibile costruire un possibile. isolamento agreste del Vermont, connubio boschivo, congiunzioni astrali ed artistiche e autodeterminazione cocciuta ai confini di un’allegra anarchia. lì uno studio di registrazione casalingo, qualche cane e una collezione vinilica da fare arrossire l’invidia.
la loro discografia è incerta, zoppa e fricchettona e per questo difficilmente ripercorribile a ritroso. se a questo ci si aggiunge la nascita di varie etichette e, a loro volta, di diversi cd-r per le rispettive, il compito si fa arduo e quasi rebus da completisti.
quello che è invece certo è il caparbio mantenimento di una coerenza nel percorrere il proprio cammino artistico al punto che il suono del duo diviene evidente e riconoscibile. è stato definito da loro stessi lunar ragas, e l’esplicazione non è neppure male. un frullato di psych-folk mescolato alla grande tradizione americana con un piede sui sentieri d’India e l’altro a schiacciare pedali d’effetistica sperimentale.
non fa eccezione un cd-r uscito in sordina a gennaio per la loro Child Of Microtones. la mancanza di una seppur minima promozione, la tiratura alquanto limitata (99 copie) e la distribuzione incerta non fanno altro che rimpascire il paradigma testé esposto.
e davvero bastano le prime note di questo Liberty Rose per riconoscere immediatamente il folk concreto e organico messo in piedi dal duo. sei brani spargoli fra improvvisazione lisergica e canzone con la collaborazione, negli ultimi due brani, dell’amico Matt Doc Dunn.
chitarre, armoniche, lap steel e cori saturi di riverberi lontani conducono i suoni per dilatazioni e volute sempre più prossime alla psichedelia che fu. Flow My Ray sembra una out-take del lato b di On the Beach. Right To Dry e Crow Jane Environs vere e proprio peregrinazioni desertiche. Out In The Space mischia roccia a sabbia lunare mentre Death Is My Friend è la più classica delle black ballad appalachiane. si chiude con Streams che conduce lontano coscienze e sponde oniriche, e più che un addio pare un arrivederci.
non mi resta altro da dire se non ciò che in realtà fatico ad esprimere: ossia l’assoluta concretezza organica e coerente dei due, che non fingono, non si atteggiano e non abbisognano di riscontri commerciali per pensarsi folkster. ci sono più che ci fanno insomma, e in realtà non potrebbero fare altrimenti. anche per questo il tempo passerà e loro, almeno da queste parti, comunque resteranno.
MV&EE Liberty Rose
E di Barn Nova dello scorso anno cosa ne pensi? 🙂
ti confesso un segreto: crescendo (diventando adulto? invecchiando?) ho sviluppato un’idiosincrasia per la batteria. preciso meglio: per la batteria nel defunto rock (e dintorni) in genere. faccio salve tutte le percussioni del mondo, sia chiaro.
per questo preferisco questo cd-r da 6 brani acustici a quel Barn Nova dove spesso si cavalcavano rullanti e rutilanti batterie. ma quello resta un bel disco: non è forse l’apice del duo, ma ce ne fossero di lavori del genere. naturalmente lì dentro ci sono episodi “acustici” che sono puro sollucchero per le mie orecchie.
ecco confessato il segreto e, spero, risposto alla domanda.
Risposto eccome 🙂
Io sono ancora in fase di scoperta con loro….vi farò sapere 😉
Ah, che bel. Squarci sulla realtà segreta, questo dobbiamo aprire. Un abbraccio.
sì, un abbraccio è quel che ci vuole!
Thanks for the Hamid Drake . Joe McPhee, great album
yes it is!
stay tuned
borguez
Concordo: Matt Valentine & Erika Elder ed i loro ‘lunar/rural’ ragas resteranno a lungo una volta che l’effetto dell’intossicazione folk sarà svanito. MV & EE hanno saputo creare qualcosa di unico e di diverso partendo da schemi e suoni conosciuti (e amati).
Consiglio – se capita – di assistere ad un loro concerto e di comperare direttamente dal loro banco di merchandising, dove la dolce Erica dispensa sorrisi, strette di mano, autografi e rarità varie.
il mio benvenuto in queste lande a The Music Is Inside che si presenta con la migliore delle “raccomandazioni”: quella di Fabio.
e gradito è pure il consiglio di scovarli dal vivo. peccato che il suolo italiota gradisca assai meglio (e di più) nomi baciati da quell’hype di cui parlavo nel post.
sapremo attendere, come hanno saputo attendere loro.
a presto
L’amico Marco del fantastico blog themusicisinside mi ha anticipato. Stavo per scrivere lo stesso commento (non a caso Marco e io abbiamo assistito allo stesso concerto e conosciuto Erica e Matt nella stessa occasione (qui a Londra, al minuscolo scantinato Borderline di Soho).
Anche il termine raga mi sembra alquanto appropriato.
E si’, le loro cassette e i loro strampalati vinili stampati in 90 copie rimarranno, laddove nomi oggi assai piu’ noti scompariranno.
Bello anche il servizio fotografico su di loro comparso su Wire, direi un paio di anni fa: i loro vinili, il loro cane, la loro moto, la loro casa nei boschi del Vermont…
Ci sono, non vi e’ dubbio.
ricordo quell’articolo fascinoso ed evocativo. il tempo ha confermato quell’impressione avuta sfogliando quelle pagine e guardando quelle foto.
ci sono non v’è dubbio, e aggiungo che ci sarebbe bisogno che ce ne fossero di più.
se mi confermate poi che sono “veri” proprio così come spuntano fuori dai loro dischi, mi sento assai più a mio agio e mi accingo a riascoltarli nuovamente.
buon fine settimana