si potrebbe partire da una condivisibile definizione spuntata sul New York Magazine e, non a caso, messa ad esergo sul sito dell’etichetta Yellowbird: “Roy Nathanson is an extraordinary composer that leads this perky, irreverent group that somehow manages to orbit both the Marx Brothers and Sun Ra.” non male, non c’è che dire!
si potrebbe partire da qui per tentare di raccontare da dove diavolo scappi fuori questa musica; sì, perché la domanda che viene spontanea ascoltando l’ultimo disco del collettivo Sotto Voce di Roy Nathanson è proprio questa: da dove proviene cotanta bellezza?
allora è forse bene partire proprio da quelle due orbite irriverenti (i Fratelli Marx e Sun Ra) e provare ad atterrare da qualche parte su questo pianeta: New York è certo il luogo ideale! è in quell’habitat che si muovono i nostri, con l’understatement necessario e l’irriverenza indispensabile per non rischiare di prendersi troppo sul serio.
e la musica? beh, quella si focalizza sulla forma canzone, almeno per questo Complicated Day (Yellowbird/Enja, 2014), esplorando il grande canzoniere americano e concedendosi otto originali corredati da due cover (una di Johnny Cash e l’altra Isaac Hayes: per non perdere un filo di incoerenza). i cantanti si alternano dietro al microfono e fanno un poco a turno come nelle democrazie più evolute: Roy Nathanson (sax alto e soprano), Curtis Fowlkes (trombone), Tim Kiah (basso), Sam Bardfeld (violino), Napoleon Maddox (beatbox umano), Jerome Harris (chitarra) e il figlioccio Gabriel Nathanson (tromba). tutti a cantarne almeno un paio a testa, a rifarsi i cori a vicenda, lasciando al poeta Gerald Stern la narrazione di The Nettle Tree.
è di certo il jazz a costituire l’ossatura di questo disco, lo stesso che abbiamo già ascoltato dai Jazz Passengers (di cui questi Sotto Voce costituiscono la costola divertita) ma con in aggiunta un gigioneggiare sornione di leggerissima fattura: non a discapito della perizia tecnica e delle favolose soluzioni ritmico-armoniche (il vaudeville rumoristico di Napoleon Maddox garantisce vibranti andature swinganti) e neppure a danno della fischiettabilità (neologizzo, mi sia concesso il neologismo) di questi brani.
stile, divertimento, ironia, understatement, swing, funk, groove latino e improvvisazione collettiva: il tutto di notte, a New York e proprio in questo 2014: più o meno a metà strada fra Jerry Lewis e Ornette Coleman.
imperdibile davvero
Roy Nathanson’s Sotto Voce Complicated Day
che ti devo dire borguez? grazie a te so che cosa fanno alcuni dei miei preferiti, e dei quali magari ho perso le tracce!
ho amato il primo dei sottovoce, che oggi scopro datare ormai sette anni fa, in modo assoluto, è stato uno dei dischi più solcati dal laser del mio lettore (quando ancora la musica si sentiva digitale, ma materiale…).
per cui, se poco poco ci sta la metà di quello che c’era nel primo in questo nuovo, allora oggi sono contento.
aspetto di sentire. ma intanto ti ringrazio, as usual, per il tuo filantropico ufficio.
lorenzo.
caro Lorenzo,
se Subway Moon è uno dei tuoi dischi (senza altri aggettivi da aggiungere) puoi andare sul sicuro anche con questo. condivido con te la stessa passione per quel disco di allora e trovo che i nostri eroi non abbiamo perso un filo di smalto, anzi sono sempre più ironici e divertiti, e tu sai quanto ci sia bisogno di una bella risata divertita ad addolcire questi tempi “marroni”.
grazie dell’attenzione e buon ascolto
a presto
p.s. a me Roy ricorda tremendamente Groucho Marx, in tutto e per tutto!
ps. non sapevo che nathanson fosse il gemello, separato in culla, di alessandro haber
ottimo, non solo scopro che c’è un nuovo disco, ma pure che me ne sono perso un altro… confesso il mio peccato mi ero perso pure subway moon, mo’ rimedio (sperando che il link funzioni ancora…).
l’ho sentito comunque, ed è bello. ci sono tutti gli ingredienti, anche se quell’impalpabile equilibrio tra ironia e tragico che c’è nell’esordio AUM forse un po’ manca.
non funge….