Marcel Kanche Dog Songe

di Marcel Kanche so davvero poco. inseguo sue notizie biografiche ed ho l’impressione che come un ricercato braccato si preoccupi maniacalmente di cancellare le orme del suo cammino. è francese. questo so. ha superato la cinquantina e si nasconde da qualche parte nella grassa campagna, lontano dalla ville lumière e dai suoi riflettori. e poi qualcos’altro che so per certo è che scrive e compone canzoni. non molto di più e forse neppure è importante conoscere oltre. ma sono curioso e sbotto e scalpito per sapere.
mi imbattei nel suo nome due – quasi tre – anni fa. non ricordo come, ma fu la rete per certo, fu un disco dal titolo formidabile: Vertiges Des Lenteurs. disco notturno e oscuro di canzoni di caliggine. acustico e dilatato come quelle lentezze che procurano vertigine. una voce poetica e profonda che se ne fotte e sa prendersi sul serio come spesso i francesi sanno fare. imperfetta, distonica e volutamente artefatta, ma così nuda da farsi credere vera. poesia minima e scarnificata appoggiata su scheletri di canzone. il mio francese claudicante intuì e si sforzò di assaggiarne la vena amara.

torno ora e qui a parlare di Marcel Kanche in occasione del suo nuovo disco che ascolto da qualche giorno e che fatico ad appiccicare sopra questi giorni assolati. in anticipo sulla stagione incombente assaggio tinte d’autunno di canzoni che timidamente si fanno un poco più liriche e meno ruvide e spigolose. pur sempre acustiche, pur sempre dilatate eppure per loro natura riconoscibili e diverse.
Dog Songe ritorna sui percorsi del disco precedente e li riconduce per qualche istante sul lato assolato del cammino. forse è smarrito l’incanto della sorpresa che fu quel primo ascolto, ma le canzoni paiono erette e fiere, orgogliose di uscire dall’oscuro verso la luminosità che potrebbe farle splendere.
sarebbe assai più semplice citare una sfilza di nomi per delimitare i contorni della prospettiva di Kanche. ci capiremmo immediatamente, ma preferisco tacere o lasciarli intuire e scoprire. il disco attende di essere colto, ma solo per chi vorrà anticipare anche solo di poco il torpore e la bruma autunnale, oppure resterà a decantare ancora un poco, per quando sarà giusto il tempo e consono l’umore.

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7 risposte a Marcel Kanche Dog Songe

  1. borguez scrive:

    post scriptum
    avrei voluto aggiungere l’ascolto di una canzone o anche solo delle immagini. ma credo che chi vorrà giungerà, malgrado questo, a scoprire questo piccolo segreto che la chanson francese conserva. c’era questo video ma ho creduto che non riproponesse esattamente le atmosfere di questi due dischi. oppure quest’altro, ma il discorso si sarebbe portato assai fuori sentiero, verso un poeta canadese che sta invadendo i miei giorni.
    ho dimenticato di additare la strada per Vertiges Des Lenteurs. questa la mappa dei pirati e questa (MOODSWINGSmusic) la parola da sussurrare alla sentinella di guardia.
    è tutto.

  2. alice scrive:

    adesso ti racconto che di lui non sapevo e continuo a non sapere nulla.
    unica stramba inutile certezza è che abita a Niort, una città verso l’oceano ma non ancora sull’oceano, a sud di parigi ma non ancora nel sud della francia.
    un amico da lì veniva e continuava a dirmi comme marcel kanche, non? comme marcel kanche. mi spiegava che la casa l’aveva voluta di pietra, di pietre. mi raccontava che il primo mestiere di kanche, prima di scegliere chitarra e piano, era “tailleur de pierre” (che scopro tradursi in italiano in “scalpellino”.
    e mi diceva, divertendosi a osservare la mia faccia incuriosita, che delle parole ne faceva “pierres”, indelebili nel loro esserci e nel loro invecchiare.
    chissà perché lo ricordo.
    ora le ascolterò, queste pietre che suonano.

  3. hrudi v. bakshi scrive:

    ho colto la mela del peccato…..
    perchè è iniziata la vendemmia,
    cadono le nocciole e i fichi colano zuccherosi
    in campagna è già autunno

  4. borguez scrive:

    detto così non c’è dubbio che autunno già sia. eccome…
    dunque sia e questo paio di dischi lo faranno sembrare assai più verosimile!

    …i fichi colano zuccherosi era per caso Pascoli?

  5. borguez scrive:

    Pietre! certo, pietre!
    questo possono essere, a questo assomigliano di certo le sculture di Kanche!
    senza vegetazione, inorganiche, fredde e pesanti.
    per certi versi inamovibili.

    grazie dell’illuminazione di comprensione!

  6. hrudi v. bakshi scrive:

    ..non saprei,
    ai tempi in cui si studiava Pascoli
    dovresti saperlo, io temporeggiavo
    al quanto sui libri.
    rivendico la paternità dei…..i fichi colano zuccherosi

  7. Pingback: Marcel Kanche Vigiles de l’Aube | borguez

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