Paolo Conte Psiche

ho atteso un venerdì 19 settembre facendo finta che non me ne importasse.
sapendolo e fingendo di no.
da più di 20 anni i dischi di Paolo Conte segnano imprecisamente il mio tempo. le sue uscite discografiche, i concerti, le apparizioni e i titoli si appiccicano ai miei anni e li significano, mi aiutano a ricordare, come orecchie alle pagine di un libro. anni e luoghi riordinati dietro l’indice di questa sua carriera gigantesca e irripetibile.
questa mattina sono sgattaiolato via dal lavoro per correre ad acquistare il disco e ora è qui fra le mie mani. quest’uomo continua a scombussolarmi.
avevo deciso di parlarne in questo luogo (dove se non qui?) senza aver bene deciso la maniera. e premendo il tasto play del lettore ho avuto quest’idea balzana di scriverne contemporaneamente all’ascolto. sulla pelle della prima impressione, nell’errabonda erroneità di un subito.

Psiche (Universal, 2008)
Psiche adagio, si direbbe quasi largo fra synth e pianoforte. quelle suite amate e volute. poche parole. un haiku da settimana enigmistica e niente di più. si divertirà ad eseguirla dal vivo.
Il Quadro e Il Cerchio chitarra nuova. ancora synth. sentieri melodici familiari e cori muti da apache. nuovi ricchi arrivati ieri… sprazzi di autobiografico incomprensibile. ah, fatemi asciugare, fatemi svanire!
Intimità le canzoni d’amore di Conte che te ne accorgi dopo che dice sul serio. sembrerebbero di una banalità ovvia. prima mi sbaglio io e poi chi ci crede.
Big Bill mi vieto di citare similitudini (ma credo questo sia ovvia). un altro di quei personaggi improbabili. siderale e coraggiosa. insistente e immaginifica. sintetica, ermetica e bellissima!
L’amore che eccolo di nuovo nelle sue tasche e nei suoi cassetti. quartetto standard, violoncello e innata vocazione. pare venire da ciascuno dei suoi album e da nessuno. un artigiano che esegue a perfezione e memoria.
Silvery Fox inglese, vecchia mania. Hoagy Carmichael in una foto sul comò. musical Off Broadway corale e da sorrisi. kazoo e divertimento. credo che dovrò riascoltarla….
Bella di Giorno valzer iconoclasta e impuro. l’uomo Conte capace di irretire le donne. timido e sonnolento. serenata diurna per sax. non so neanche chi sei splendida dichiarazione d’intenti e di parola.
Velocità Silenziosa era la sigla commissionata per il Giro dell’anno scorso (se non sbaglio). la conoscevo. come chiedere ad un grimpeur di ricominciare la salita appena conclusa dopo che hai già scritto una canzone come Bartali. ma lui è capace di riscrivere alcune sentenze che si piantano nel cervelletto e ci sorprenderemo a ripeterle come scimmie ammaestrate. Bella.
Omicron arrangiamento obsoleto e poco ardito. erba e gaggia? ecco la sciarada. canzone ostile, insinuante. ancora synth in primo piano. si capirà. oppure no.
Ludmilla Conte che spiega Capossela al popolo. sensazionale. circense. se io faccio un fischio chi si volta è la cavalla è la prima frase che si appiccica alla lingua. amo questo Conte, immaginifico e salgariano. bevono tocaia è altro verso di cultura infinita. amo questo Conte che mi fa tornare bambino di 40 anni.
Leggenda e Popolo giochi di parole per orientarsi dentro melodie che si schiuderanno solo oltre. conosco questa sensazione. un giorno la capirò questa canzone. una improvvisa illumunazione mi farà capire proprio mentre ero distratto a vivere. appassionata.
Danza della Vanità eccola. c’è sempre il divertissement da vaudeville. c’è sempre nei dischi di Conte. un po’ da clarinetto e un po’ da scimmione. forse vorrebbe solamente vederci ballare mentre lui, sornione, si accarezza i baffi.
Coup De Théatre ai francesi piace ‘sta sbobba. strani i francesi. Emma Shapplin che duetta pare una Jane Birkin uscita da Famiglia Cristiana. io lo chiamo passo falso. ma ai francesi piacerà, oh sì!
Così o Non Così cigola popolare un suono sinistro. ancora synth (troppo forse?), ma poi si schiude la canzone e ondeggia vaga. suoni inadatti come una cravatta fuori tono. perplesso (io).
Berlino pioggia, certo. come qua fuori, come là fuori. la BMW utilizzerà l’intro per un suo spot (forse). ma Conte sa scrivere queste canzoni. c’è rimasto solo lui a saperle scrivere (purtroppo). bella chiosa e giusto finale.

eccolo. questo è il disco. chiedo perdono per aver tentato di descriverlo, ma tanto ciascuno lo farà a tempo e modo debito. io so che mi fregherà, come ha fatto Elegia. si insinuerà infingardo nei miei pensieri e mai più se ne andrà. e segnerà questo mio tempo e questi miei giorni.
io ringrazio. gli stringerei la mano. questo sì.

post scriptum (30 settembre)
ho atteso un poco che venisse resa disponibile in podcast l’intervista rilasciata da Paolo Conte a Silvia Boschero per RadioUno Village. intervista eloquente ed esaustiva sul passato e sul presente di questo Psiche. parole che spazzano via d’un soffio molti dubbi e incertezze e che mette in ombra alcune mie prime impressioni azzardate e (forse) coraggiose. la propongo: eccola!

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Brightblack Morning Light Motion to Rejoin

un paio d’anni d’attesa, ma alla fine eccolo qui!
Nathan “Nabob” Shineywater e Rachael “Rabob” Hughes escono fuori nuovamente dal loro buen retiro desertico del New Mexico e attrezzati di 4 pannelli solari registrano in completa autonomia il seguito a quel (semi) esordio del 2006 dal titolo omonimo.


Brightblack Morning Light
: la stessa ragione sociale. Motion to Rejoin: il titolo e Matador l’etichetta. 23 settembre la data ufficiale, ma la rete non attende. non credo neppure di aver finito di assimilare per osmosi il precedente ed eccoci ad un nuovo sovradosaggio. disco pensato fuori dal tempo e per questo sfuggente a qualsivoglia definizione. ne ho lette di ogni risma in rete e ciascuna è esatta ed il suo contrario. anch’io potrei sbrodolare una sequela di aggettivi evocativi o di ardimenti sintattici, ma non lo farò, promesso! mi fido della mia capacità uditiva di discernimento, dovrebbe essere così per chiunque, e a quella vi lascio.
del resto sono gli stessi Nabob & Rabob a irridere il ridicolo e a farsi ritrarre in discutibili agghindamenti o a pensare video promozionale (Hologram Buffalo) come quello che segue. forse davvero ci sono voluti 40 anni perché il flower power fiorisse splendido e iridescente mentre il mondo marcisce altrove, ignaro e perduto!
Freak Out! gli amici di semiscrivi non esiterebbero a chiosare: Disco dell’Anno!!!!

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=6HNrFp5sRNw&eurl=http://www.thebrightblackmorninglight.com/intro.html]

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John Cage and Rahsaan Roland Kirk Sound?? (1966)

mentre tutto apparentemente deraglia veloce in avanti, verso una china discoscesa piegata al futuro, il tempo pare il vero lusso e chi più ne ha più ne tenga stretto. è per questo che timidamente oso chiedere 24 minuti e 42 secondi del prezioso tempo altrui. tempo fuori tempo per il tempo corrente. tempo palindromo e bifronte.
ma sono 24 minuti e 42 secondi preziosi. tempo di visione e di musica, di idee e di incanto fotografico. Dick Fontaine realizzò questo breve documentario a Londra nel 1966. scelse due purissimi iconoclasti della musica e montò ad hoc immagini provenienti da due differenti situazioni. John Cage era al Saville Theatre assieme a David Tudor e Merce Cunningham mentre Rahsaan Roland Kirk viene catturato dal vivo al Ronnie Scott’s Club. più noto il primo (se lo si può dire e pensare) rispetto al sassofonista dell’Ohio, ma entrambi posseduti dall’idea comune dell’infinitezza del pensiero musicale. non aggiungo altro e lascio alla visione di chi vorrà…

John Cage and Rahsaan Roland Kirk Sound?? (1966)

le domande di Cage e il funambolismo di Kirk, non vedente e posseduto dal fuoco perpetuo della ricerca, direi visionario (se non sembrasse irriverente). lo zoo, la bicicletta preparata e la raccomandazione Panic! Panic! Londra e il blues in W(?) key, le questioni sull’inesistenza del silenzio e la camera anecoica. immagini inquietanti e rassicuranti al medesimo tempo. e poi la celebre risposta che Cage assestò al giornalista irriverente…
But seriously, if this is what music is, I could write it as well as you?
Have I said anything that would lead you to think that I thought you were stupid?
motto che l’amico Punck ha posto in esergo al suo blog. Punck con il quale voglio qui congratularmi per il riconoscimento attribuito al suo ultimo lavoro Piallassa (red desert chronicles).

buon week-end a tutti!

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E@Muli

ricordo con piacere il succo di una lunga e amabile conversazione con Giovanni Succi dei bachi da pietra. scoprimmo di avere una comune folgorazione per un avvocato astigiano che risponde al nome di Paolo Conte. Giovanni, astigiano anch’esso, mi illustrò curiosi aneddoti e memorie da concittadino e i nostri lunghi ragionamenti terminarono (o si esaurirono) sopra una concetto lapidario che lo stesso Conte confessò a Giovanni…io non credo di avere degli eredi!
mi è restata a lungo impressa questa “sentenza” e ancora ci penso se è vero che ne scrivo. Paolo Conte non ha eredi! in fondo qualcosa del genere avevo sempre pensato, ma a formularlo così categoricamente pare il ragionamento assuma tutti i toni dell’assolutezza.
e a ben pensarci i motivi ci sono. fuga solitaria quella di Conte, da cane sciolto, da grimpeur di razza. scolaro autodidatta formatosi nella notte di una lunga disciplina, in lenta maturazione come un vino di langa, in attesa. difficilmente apparentabile ad una scuola (vuoi genovese o francese) e con un vocabolario e un pentagramma di un tempo che fu. tempo che oramai pochi hanno vissuto o ancor meno ricordano. viaggiatore solitario e immobile e per questo imprendibile. praticamente nulle le collaborazioni (l’aborto spontaneo con gli Avion Travel nuocerà assai più a questi ultimi che a lui), inesistenti e recalcitranti le partecipazioni.
un viaggio così lungo e oscuro che ripercorrerlo oggi parrebbe improbabile, eppure segni ed impronte restano. rimangono 50 anni di musica che silenziosamente hanno formato l’immaginario della canzonetta italiana e l’hanno nobilitata (e salvata… sia ben detto) e poi inevitabili e lunghi ascolti, tentativi di volo e approcci. tutte quelle parole e quelle suggestioni ingoiate in qualche modo debbono essere digerite e qualcuno, timidamente (e inconsapevolmente) prova a volare gli stessi cieli.
in lungo tempo ho annotato una serie di nomi di cantautori italiani (giovani e sconosciuti perlopiù) ai quali il nome dell’avvocato è stato associato. loro negherebbero tre volte prima che canti il gallo, ma schiere di speakers e recensori non hanno trovato niente di meglio che riproporre il nome di Conte per inquadrare le loro proposte e in effetti qualcosa potrebbe pure essere.
io provo ad elencarli confusamente e senz’ordine così come li ho scoperti.
il più spudorato di tutti è Enrico Giaretta che addirittura qualche discografico ardito non ha esitato a dichiarare senza timore essere il vero erede (appunto).
Giuseppe Righini, riminese con un bel disco d’esordio. forse uno dei più interessanti e di certo dei più attenti. direi ben metabolizzata la lezione del maestro che è nell’anima.
Francesco Camattini parmense e con un’attitudine un poco più classica e folk. ma un paio di brani dal suo myspace sembrano esercizi in carta copiativa sulla torah contiana.
Flavio Pirini ha una gran bella voce, milanese e gaberiano. chi lo ha visto live assicura piacevolezze. forse più Silvestri che Conte, ma giuro di averlo annotato solamente perché un buon recensore non esitò ad ardire il paragone.
Bobo Rondelli è il più “anziano” del gruppo. livornese e cultore del maestro Piero Ciampi. grande attore (la sua imitazione di Mastroianni merita davvero) e ottimo interprete. carriera mai realmente esplosa (purtroppo e forse a causa di figure assai più imponenti) eppure meritevole di attenzione. Conte è nei paraggi o nel cuore.
Daniele Maggioli è anch’esso riminese, felliniano direi. Capossela è metabolizzato alla perfezione e ripensato senza maledizione. ma in fondo quando comparve Capossela chi si ricorda a chi venne immediatamente apparentato?
e poi Folco Orselli, milanese. voce alla Buscaglione e swing alla Carosone. guazzabuglio di storie e immaginario contiano da sciorinare con maestria. bravo e coraggioso. non tutta farina del suo sacco ma ottimo mugnaio.

ecco più o meno questo è l’elenco raccolto in un lungo arco di tempo e debbo dire che questa stessa lista poteva pure rimanere fra le bozze perché non voglio bacchettare o additare nessuno e tantomeno giudicare. ma quelle parole di Giovanni rimbalzano rumorose nella memoria.
ma la notizia di oggi (e per questo ho rispolverato quella fila di nomi) è che un altro capitolo della saga contiana è alle porte. il 19 settembre esce (atteso e insperato) il nuovo disco di Paolo Conte. Psiche, questo il titolo (qui qualche notizia in più, ma io attendo ignaro nell’ombra). gli eredi testamentari possono attendere…

Gratis, le nuove novità,
Gratis, le nuove nudità…
C’è ancora da ridere
Nell’intimità,
C’è ancora da fingere,
Ah, che delirio, che scomodità…
Gratis, con che facilità,
Prima, durante, dopo… Ma?
C’è ancora da leggere
Due passi più in là
A gratis, nessuno lo sa…

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Josephine Foster This Coming Gladness

penso davvero sia il caso che a principiare ogni mio discorso o qualsivoglia disquisizione sia la stessa voce di Josephine Foster. quella voce a dare il suo personale benvenuto nel giardino delle delizie terrene, per accompagnare la lettura e per fugare ogni dubbio sul fatto che io possa vaneggiare riguardo all’epifania di questo nuovo disco…
Josephine FosterThe Garden Of Earthly Delights
This Coming Gladness per l’etichetta inglese Bo’ Weavil è (forse) il suo terzo lavoro. diverse quantità di cd-r confondono le acque e sinceramente poco importa una nomenclatura cronologica. credo sia bastante attenersi a quest’oggi e a questo disco. Josephine Foster lo ha inciso in Spagna e si è fatta accompagnare da amici e sodali: Victor Herrero, Alex Nielson, Alasdair Roberts, Jandek (Jandek???) e Richard Youngs. tutti al fedele servizio della visionarietà di una cantautrice di cui vorrei il mondo non si accorgesse mai. è un malsano sentimento di esclusività che mi prende e mi attanaglia quasi come volessi immaginare che questa decina di canzoni fosse privilegio esclusivo di chi ascolta, o di me solo che resto incantato di fronte a tanto.
leggo su carta stampata e in rete tentativi di imbrigliare in qualche modo l’arte di questa fanciulla del Colorado, similitudini, affinità e rocambolesche sintassi. apprezzo lo sforzo e mi complimento (e a quelli rimando), io non mi sento in grado di descrivere e mi limito a suggerire (assolutamente) di approssimarsi lesti all’ascolto.
forse proprio oggi che il grande gregge degli ascoltatori alternativi sta abbandonando le dolci colline del folk (alt/revival/weird) per approdare ad un altrove attualmente ignoto, sul lato meno assolato dell’altura resta solamente chi questi sentieri ha sempre percorso, chi vi è nato e probabilmente vi resterà a lungo. in quel luogo e in quel tempo può nascere un disco come questo.
la bella giuseppina credo sieda isolata e soddisfatta sul trono delle principesse del folk alternativo. è una mia personale opinione. saltuariamente cede lo scranno a Joanna Newsom, ma è un gioco a due, come fra sorelle. con la benedizione di Joni Mitchell (ma davvero quella copertina non ha niente a che fare con lei?).
ora, se non fosse bastato a convincere, dovrei tirare fuori eclatanti affermazioni come “disco dell’anno” o “pietra miliare”. non lo farò e forse l’ho già fatto! poco importa, il disco è dove volete oppure a portata di mano e l’unico consiglio che mi sento di dare e di innamorarsene…io l’ho già fatto!

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Cibelle White Hair (Ep)

Cibelle, ma belle!
per oggi mi concedo un bella notizia, piccola e buona! esce in questi giorni il nuovo singolo di Cibelle che, logiche di mercato insegnano, preannuncia un imminente nuovo album e un tour. White Hair per l’etichetta belga Crammed (chapeau… sia ben detto) è l’ennesima e splendida ibridazione alle quali l’artista brasiliana ci ha abituato. coesistono (e felicemente) nel suo universo differenti e molteplici attitudini, difficili da elencare qui e in qualche modo imprendibili. volutamente sfuggente come le quattro tracce dell’ep, la versione originale (auscultabile nel suo maispeis) e tre remix ad opera di No Kids, Lykkemosen e Kwes.
credo sia eloquente questo video in cui presenta la canzone spogliandola e rivestendola di folk e bossa…

[youtube=http://it.youtube.com/watch?v=8HO-m80Yd8M]

oppure questa nuova impersonificazione elettrica e glitch del medesimo brano in una esibizione live alla radio spagnola…

[youtube=http://it.youtube.com/watch?v=pNDoobCbK5Q]

questo e molto altro è Cibelle. lo è per chi colpevolmente distratto si fosse perduto un gioiello come The Shine Of Dried Electric Leaves (ma si può porre rimedio) o per chi non si fosse accorto di come questa giovine paulista sia in grado di far abitare Tom Waits e João Gilberto, Devendra Banhart e Caetano Veloso nello medesimo spazio elettrico e immaginifico di una canzone. con un sorriso ed un sacco di talento.
e adesso aspettiamo il disco….

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Marcel Kanche Dog Songe

di Marcel Kanche so davvero poco. inseguo sue notizie biografiche ed ho l’impressione che come un ricercato braccato si preoccupi maniacalmente di cancellare le orme del suo cammino. è francese. questo so. ha superato la cinquantina e si nasconde da qualche parte nella grassa campagna, lontano dalla ville lumière e dai suoi riflettori. e poi qualcos’altro che so per certo è che scrive e compone canzoni. non molto di più e forse neppure è importante conoscere oltre. ma sono curioso e sbotto e scalpito per sapere.
mi imbattei nel suo nome due – quasi tre – anni fa. non ricordo come, ma fu la rete per certo, fu un disco dal titolo formidabile: Vertiges Des Lenteurs. disco notturno e oscuro di canzoni di caliggine. acustico e dilatato come quelle lentezze che procurano vertigine. una voce poetica e profonda che se ne fotte e sa prendersi sul serio come spesso i francesi sanno fare. imperfetta, distonica e volutamente artefatta, ma così nuda da farsi credere vera. poesia minima e scarnificata appoggiata su scheletri di canzone. il mio francese claudicante intuì e si sforzò di assaggiarne la vena amara.

torno ora e qui a parlare di Marcel Kanche in occasione del suo nuovo disco che ascolto da qualche giorno e che fatico ad appiccicare sopra questi giorni assolati. in anticipo sulla stagione incombente assaggio tinte d’autunno di canzoni che timidamente si fanno un poco più liriche e meno ruvide e spigolose. pur sempre acustiche, pur sempre dilatate eppure per loro natura riconoscibili e diverse.
Dog Songe ritorna sui percorsi del disco precedente e li riconduce per qualche istante sul lato assolato del cammino. forse è smarrito l’incanto della sorpresa che fu quel primo ascolto, ma le canzoni paiono erette e fiere, orgogliose di uscire dall’oscuro verso la luminosità che potrebbe farle splendere.
sarebbe assai più semplice citare una sfilza di nomi per delimitare i contorni della prospettiva di Kanche. ci capiremmo immediatamente, ma preferisco tacere o lasciarli intuire e scoprire. il disco attende di essere colto, ma solo per chi vorrà anticipare anche solo di poco il torpore e la bruma autunnale, oppure resterà a decantare ancora un poco, per quando sarà giusto il tempo e consono l’umore.

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Dorival Caymmi

…Dorival è dispari, Dorival è pari
Dorival è terra, Dorival è mare
Dorival è Eva, Dorival è Adamo
Dorival è limatura perfetta, Dorival è limone
Dorival è la madre, Dorival è il padre
Dorival è il bracciante, che ondeggia ma non cade…

(Gilberto Gil Buda Nagô, 1991)

Dorival è musica, aggiungo io. il Brasile piange sorridendo, lieto e conscio che mai più perderà Dorival. Bahia e Rio si fermano in omaggio al grande cantore dell’anima di una nazione. potenza della musica popolare brasiliana così penetrata e permeante dentro l’esistenza di ciascun cittadino di quella nazione. Dorival Caymmi dalla voce roca e dalla chitarra di seta, Dorival di fronte al mare, Dorival amico di Jorge Amado, Dorival alla radio, Dorival che fa dondolare Carmen Miranda con quella immensa O Que É Que A Baiana Tem?

Dorival nel 1954 nella sua spiaggia di Itapoã ad annusare il mare e ad ascoltare storie di pescatori nell’incanto di luce, sabbia e sale. nascono qui otto canzoni immense per sola chitarra e voce. storie di lavoro, quotidiane, immerse nei profumi e nei colori di quella terra, e di quel mare. Canções Praieiras nasce destinato ad un sempre che non esaurisce. una modernità che continua ad esplodere nell’essenziale di queste canzoni. paiono trastulli intimi, passatempi per riempire le ore di pausa o di crepuscolo, e quasi pare di sentire il mare sciabordare in lontananza. tutta la cultura musicale antecedente rimpicciolita e lasciata essicare, adoperata per farne futuro, in lieto anticipo sulla bossa di lì a venire e seme inesauribile del patrimonio popolare che sarà.

assicuro essere questo un disco davvero imperdibile, nel gotha del mio piccolo tempio di ascolti. la rete lo fornisce qui come un pescatore generoso. lo penso piccolo eppur ostinato e costante a ritornare a farsi ascoltare, elastico come onda di mare e per sempre dondolante come una marea.
ciao Dorival!

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Isaac Hayes

oramai la mia fitta e intricata serie di agganci e sonagli appiccicati alla rete ha messo solide radici. gli innumerevoli collegamenti, i link e gli aggregatori funzionano alla perfezione e se scuote una foglia sull’albero posso star certo che sto per avvertirne la brezza. e se la notizia è assai più grande, come la scomparsa della bollente anima imburrata di Isaac Hayes, da più parti arrivano – ahimè – le medesime e ripetitive notizie, omaggi o tributi. così questo mio blog, per oggi, metterà le vesti di diario personale su cui annoto tristemente un poco della mia amarezza.
non tedierò alcuno con bio o discografie, non è mia intenzione, si può trovare ogni cosa sul suo sito, su wiki o su un blog che quasi tutto deve a lui. perché diverrebbe difficile racchiudere il soul in poche righe. praticamente impossibile. dico solo Blaxploitation, Soul Man e Shaft: non sarebbero esistite senza quest’uomo! e credo che tanto basti.
per cui mi limiterò ad appiccicare qui le copertine di quattro dischi assoluti, fondamentali e imprescindibili per chiunque di musica voglia cominciare a blaterare. e poi ributtarmi ad ascoltarli come unico sollievo a tristi notizie di questa portata…

Hot Buttered Soul (Stax, 1969) …qui, per chi malaugaratamente non lo possedesse!
The Isaac Hayes Movement (Stax, 1970) …qui!
Shaft (Stax, 1971) …qui!
Black Moses (Stax, 1971) …qui e qui!

poi forse qualcuno lo vorrà ricordare come The Duke of New York in 1997: Escape from New York oppure come Chef in South Park, io preferisco ricordarlo così… e non scordarlo più!
[youtube=http://it.youtube.com/watch?v=U5tqAbrZeX0]

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Randy Newman Harps and Angels

mi stavo decisamente per accingere ad aggiungere un altro post di appunti a questo blog. lo faccio ogniqualvolta mi si accumulano idee e pensieri, scartoffie e scontrini nelle tasche, e per paura di perderne qualcuno li si elenca confusamente, raggruppandoli e impropriamente mischiandoli.
stavo per farlo, ma poi ho deciso di rinunciare ed eventualmente rimandare. e ciò che mi ha fatto cambiare idea è l’aver scoperto che dopo 9 anni (alquanto lunghi) giunge una nuova raccolta di canzoni di Randy Newman.

Harps and Angels (Nonesuch) è appena arrivato sul mio iTunes e sta frullando ininterrottamente da qualche ora ed è molto più di un balsamo vitale. sono canzoni, nient’altro che canzoni o canzonette si sarebbe detto un tempo. e non cambiano il mondo e neppure il meteo, ma rendono lieta la vita, che come al solito è la mia. e tanto basta!
vorrei, dovrei e potrei aggiungere qualcosa di più a proposito di Randy Newman. ma credo che stavolta non lo farò. rimando ad un dopo incerto, o al suo sito o a qualsivoglia ricerca in rete del caso.
faccio ciò sbrigatamente e in modo poco educato perché vorrei fermare la mia attenzione su una canzone in particolare di questo disco. una canzone che mi ha preso per il naso e costretto a ridere e ascoltare. si intitola A Few Words In Defense Of Our Country. eccola…

ed ecco pure il testo necessario a comprendere il genio e la carica ironica e dissacratoria di quest’uomo (che è americano, sia ben detto)…

I’d like to say a few words
In defense of our country
Whose people aren’t bad nor are they mean
Now the leaders we have
While they’re the worst that we’ve had
Are hardly the worst this poor world has seen
Take the Caesars for example
Why within the first few of them
They were sleeping with their sister
Stashing little boys in swimming pools
And burning down the City
And one of ‘em, one of ‘em
Appointed his own horse Consul of the Empire
That’s like vice president or something
That’s not a very good example, is it?
But wait, here’s one, the Spanish Inquisition
They put people in a terrible position
I don’t even like to think about it
Well, sometimes I like to think about it

Just a few words in defense of our country
Whose time at the top
Could be coming to an end
Now we don’t want your love
And respect at this point is pretty much out of the question
But in times like these
We sure could use a friend
Hitler. Stalin.
Men who need no introduction
King Leopold of Belgium. That’s right.
Everyone thinks he’s so great
Well he owned The Congo
He tore it up too
He took the diamonds, he took the silver
He took the gold
Know what he left them with?
Malaria
A President once said,
“The only thing we have to fear is fear itself”
Now it seems like we’re supposed to be afraid
It’s patriotic in fact and color coded
And what are we supposed to be afraid of?
Why, of being afraid
That’s what terror means, doesn’t it?
That’s what it used to mea

You know it pisses me off a little
That this Supreme Court is gonna outlive me
A couple of young Italian fellas and a brother on the Court now too
But I defy you, anywhere in the world
To find me two Italians as tightass as the two Italians we got
And as for the brother
Well, Pluto’s not a planet anymore either
The end of an empire is messy at best
And this empire is ending
Like all the rest
Like the Spanish Armada adrift on the sea
We’re adrift in the land of the brave
And the home of the free
Goodbye. Goodbye. Goodbye.

in questi giorni, in questo anno, in questo mondo credo che un disco di Randy Newman sia da salutare come altri salutarebbero l’avvento. mi fermo qui. non dico altro. anzi aggiungo questo video raccattato in rete che mostra il bel faccione di Randy e mette un po’ in pace con il mondo. almeno per questa sera…

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=OldToIF5ZGs&eurl=]

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