ho atteso un venerdì 19 settembre facendo finta che non me ne importasse.
sapendolo e fingendo di no.
da più di 20 anni i dischi di Paolo Conte segnano imprecisamente il mio tempo. le sue uscite discografiche, i concerti, le apparizioni e i titoli si appiccicano ai miei anni e li significano, mi aiutano a ricordare, come orecchie alle pagine di un libro. anni e luoghi riordinati dietro l’indice di questa sua carriera gigantesca e irripetibile.
questa mattina sono sgattaiolato via dal lavoro per correre ad acquistare il disco e ora è qui fra le mie mani. quest’uomo continua a scombussolarmi.
avevo deciso di parlarne in questo luogo (dove se non qui?) senza aver bene deciso la maniera. e premendo il tasto play del lettore ho avuto quest’idea balzana di scriverne contemporaneamente all’ascolto. sulla pelle della prima impressione, nell’errabonda erroneità di un subito.
Psiche (Universal, 2008)
Psiche adagio, si direbbe quasi largo fra synth e pianoforte. quelle suite amate e volute. poche parole. un haiku da settimana enigmistica e niente di più. si divertirà ad eseguirla dal vivo.
Il Quadro e Il Cerchio chitarra nuova. ancora synth. sentieri melodici familiari e cori muti da apache. nuovi ricchi arrivati ieri… sprazzi di autobiografico incomprensibile. ah, fatemi asciugare, fatemi svanire!
Intimità le canzoni d’amore di Conte che te ne accorgi dopo che dice sul serio. sembrerebbero di una banalità ovvia. prima mi sbaglio io e poi chi ci crede.
Big Bill mi vieto di citare similitudini (ma credo questo sia ovvia). un altro di quei personaggi improbabili. siderale e coraggiosa. insistente e immaginifica. sintetica, ermetica e bellissima!
L’amore che eccolo di nuovo nelle sue tasche e nei suoi cassetti. quartetto standard, violoncello e innata vocazione. pare venire da ciascuno dei suoi album e da nessuno. un artigiano che esegue a perfezione e memoria.
Silvery Fox inglese, vecchia mania. Hoagy Carmichael in una foto sul comò. musical Off Broadway corale e da sorrisi. kazoo e divertimento. credo che dovrò riascoltarla….
Bella di Giorno valzer iconoclasta e impuro. l’uomo Conte capace di irretire le donne. timido e sonnolento. serenata diurna per sax. non so neanche chi sei splendida dichiarazione d’intenti e di parola.
Velocità Silenziosa era la sigla commissionata per il Giro dell’anno scorso (se non sbaglio). la conoscevo. come chiedere ad un grimpeur di ricominciare la salita appena conclusa dopo che hai già scritto una canzone come Bartali. ma lui è capace di riscrivere alcune sentenze che si piantano nel cervelletto e ci sorprenderemo a ripeterle come scimmie ammaestrate. Bella.
Omicron arrangiamento obsoleto e poco ardito. erba e gaggia? ecco la sciarada. canzone ostile, insinuante. ancora synth in primo piano. si capirà. oppure no.
Ludmilla Conte che spiega Capossela al popolo. sensazionale. circense. se io faccio un fischio chi si volta è la cavalla è la prima frase che si appiccica alla lingua. amo questo Conte, immaginifico e salgariano. bevono tocaia è altro verso di cultura infinita. amo questo Conte che mi fa tornare bambino di 40 anni.
Leggenda e Popolo giochi di parole per orientarsi dentro melodie che si schiuderanno solo oltre. conosco questa sensazione. un giorno la capirò questa canzone. una improvvisa illumunazione mi farà capire proprio mentre ero distratto a vivere. appassionata.
Danza della Vanità eccola. c’è sempre il divertissement da vaudeville. c’è sempre nei dischi di Conte. un po’ da clarinetto e un po’ da scimmione. forse vorrebbe solamente vederci ballare mentre lui, sornione, si accarezza i baffi.
Coup De Théatre ai francesi piace ‘sta sbobba. strani i francesi. Emma Shapplin che duetta pare una Jane Birkin uscita da Famiglia Cristiana. io lo chiamo passo falso. ma ai francesi piacerà, oh sì!
Così o Non Così cigola popolare un suono sinistro. ancora synth (troppo forse?), ma poi si schiude la canzone e ondeggia vaga. suoni inadatti come una cravatta fuori tono. perplesso (io).
Berlino pioggia, certo. come qua fuori, come là fuori. la BMW utilizzerà l’intro per un suo spot (forse). ma Conte sa scrivere queste canzoni. c’è rimasto solo lui a saperle scrivere (purtroppo). bella chiosa e giusto finale.
eccolo. questo è il disco. chiedo perdono per aver tentato di descriverlo, ma tanto ciascuno lo farà a tempo e modo debito. io so che mi fregherà, come ha fatto Elegia. si insinuerà infingardo nei miei pensieri e mai più se ne andrà. e segnerà questo mio tempo e questi miei giorni.
io ringrazio. gli stringerei la mano. questo sì.
post scriptum (30 settembre)
ho atteso un poco che venisse resa disponibile in podcast l’intervista rilasciata da Paolo Conte a Silvia Boschero per RadioUno Village. intervista eloquente ed esaustiva sul passato e sul presente di questo Psiche. parole che spazzano via d’un soffio molti dubbi e incertezze e che mette in ombra alcune mie prime impressioni azzardate e (forse) coraggiose. la propongo: eccola!