Taraf de Haïdouks live@Verucchio Music Festival

e così dopo una lunga attesa perdurante, incontri mancati e lontananze nostalgiche, finalmente il mio cammino ha incontrato le traiettorie imprevedibili dei Taraf de Haïdouks. più di tre anni or sono confessai la mia devozione incantata per questa musica e questi volti legati fra loro inscindibilmente: così dopo i dischi, le foto, i film ed i video mancava solo di poter incrociare i loro sguardi ed offrirgli i miei applausi.
Verucchio non è Clejani, è evidente, ma al tramonto non è difficile riconoscere alcuni figuri foresti che si aggirano per la piazza. hanno custodie di strumenti inequivocabili, la lentezza digestiva del dopo ristorante e la bonarietà di chi ha un villaggio nel cuore e il mondo come confine. la piazzetta di fronte alla Chiesa della Collegiata è un piccolo balcone sulla Valmarecchia: alberi frondosi, gradoni e acciottolato. comincia pure ad alzarsi la brezza del vespro e se non fosse che ci sono troppe sedie e pochi cavalli, niente fango e neppure l’ombra di bevande alcoliche, ci si potrebbe far trasportare dall’immaginazione fino alla Muntenia.
quando salgono sul palco provo a contarli: 11, tutti rigorosamente uomini e fieri di ventri prosperosi camuffati sotto camicie da poco prezzo. alcune facce note e altre giovanilmente sconosciute. almeno 4 generazioni sul palco, una parentela che in qualche modo ne lega fra loro parecchi ed altri che si aggiungono a sostituire indisponibili per impegni seri o definitivi.
4 violini, 2 fisarmoniche, clarinetto, cymbalon, piffero, contrabasso e un cantante dall’eleganza balcanica del tempo che fugge.

quando battono il tempo del primo brano ci si accorge di essere immediatamente trasportati lontani: l’indiavolato esercizio di violini all’unisono sembra più un saggio per scaldare legni e muscoli e fiato. il cymbalon, da qui in avanti, non smetterà di dondolare saltellante come fa la catena della bicicletta quando canta nelle discese della vita, e il basso a punteggiare bofonchiando i ritmi danzanti sottesi alla funzionalità delle musiche. loro si scambiano gli strumenti, salgono e scendeno dal palco senza fretta e si guardano prima di ogni brano come se divinassero quale brano dell’immenso repertorio gli possa saltare in mente.
tempi dispari a volontà e spifferi orientali che incendiano inseguimenti immobili di violini. sorridono fra loro e lentamente scaldano pubblico e strumenti per preparare l’entrata in scena del decano violinista e cantore. lui ha una camicia e una cravatta inavvicinabili e il sorriso contagioso di chi ne ha viste assai. lo presenta il violinista più adulto dicendo due semplici parole: Dada, Familia! le canzoni (ahimè incomprensibili) sono delle lunghe evocazioni porte al pubblico con la mano sul cuore e la voce sdentata, quel botta e risposta fra singulti e traiettorie melodiche fascinose. di certo nascondo improvvisazioni da cantastorie, dediche e suggestioni momentanee: ballate del tempo, di tutto il tempo.
vanno avanti per due ore e mi accorgo che mi dolgono le mascelle per il sorriso ebete che mi si è stampato in faccia dall’inizio del concerto. la gioia infantile nel vedere la musica incarnata nella sua forma più semplice, e per questo, definitivamente complessa. da nonno a padre, da padre a figlio a celebrare i tempi e i riti della comunità e della vita che la riguarda. la funzione fisiologica della musica conservata e trasportata nel sangue e nelle scarpe in giro per il mondo, senza fronzoli e senza scuse.
incamminandomi verso l’uscita incrocio il passo lento del decano che porta a dormire il suo violino. gli stringo la mano:
buonanoçe
buonanotte

Questa voce è stata pubblicata in 2010, Ao Vivo. Contrassegna il permalink.

Una risposta a Taraf de Haïdouks live@Verucchio Music Festival

  1. Markjhon scrive:

    Bobo scrive:Mamma mia Jules ma come fai ad eessre sempre osec immediata????Strepitosa!!!!!!Bracciate di applausi al cloro per la tua celerita e bracciate di saluti al cloro tutti per te!!!

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